Pfas: decontaminare l’Europa costerebbe 100 miliardi all’anno. Lo studio

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Il Forever Pollution Project ha calcolato il costo della decontaminazione dell’Europa se non si interviene per contrastare le emissioni di PFAS: la cifra è di oltre 100 miliardi di euro all’anno e di ben 2.000 miliardi di euro in vent’anni.

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Il Forever Pollution Project ha calcolato il costo della decontaminazione dell’Europa se non si interviene per contrastare le emissioni di PFAS: la cifra è di oltre 100 miliardi di euro all’anno e di ben 2.000 miliardi di euro in vent’anni.

Il FPP è una collaborazione transfrontaliera e interdisciplinare che nel 2023 ha riunito giornalisti ed esperti per rivelare e mappare, per la prima volta, la portata della contaminazione da PFAS in tutta Europa.

Ha diffuso dati e informazioni che attestano «la campagna di lobbying e disinformazione orchestrata dalle lobby della chimica e della plastica per impedire il divieto di queste “sostanze chimiche per sempre” nell’Unione Europea» scrivono sul loro sito dove si può vedere anche la mappa. «Lottando per mantenere il loro “business chimico” con argomenti fuorvianti e allarmistici, le industrie inquinanti stanno scaricando il peso della contaminazione ambientale sulla società, minacciando la stabilità economica delle nazioni europee» scrive la coalizione.

All’inizio del 2023, il Forever Pollution Project ha dimostrato che quasi 23.000 siti in tutta Europa sono contaminati dai PFAS, le “sostanze chimiche per sempre”. Questa indagine, condotta da 16 redazioni giornalistiche europee, ha rivelato altri 21.500 siti di contaminazione presunta dovuti ad attività industriali attuali o passate. La contaminazione da PFAS è diffusa in tutta Europa.

La Mappa dell’inquinamento è stata progettata da Raphaëlle Aubert (Le Monde). 

Nel luglio 2024, il Centro nazionale per la ricerca scientifica (Centre national pour la recherche scientifique, CNRS) in Francia ha condiviso una versione aggiornata e migliorata del dataset, sviluppata dal giornalista Luc Martinon. Include le coordinate di geolocalizzazione per ogni sito e informazioni aggiuntive, come tutti i valori di campionamento dei PFAS disponibili oltre ai sei PFAS visualizzati sulla mappa. Nell’aprile 2024 è stato pubblicato un articolo sulla rivista scientifica peer-reviewed “Environmental Science & Technology”. 

La mappa evidenzia quattro tipi di siti:

  • 20 produttori di PFAS: impianti di aziende chimiche che producono PFAS.
  • 22.934 siti in cui è nota la contaminazione da PFAS: siti in cui sono stati rilevati PFAS in campioni di acqua, suolo o organismi viventi a livelli pari o superiori a 10 nanogrammi per litro (ng/L).
  • 231 Utilizzatori noti di PFAS: Siti industriali per i quali esistono prove dell’uso di PFAS, ma non dati di analisi, e che possono essere considerati probabili fonti di contaminazione.
  • 21.426 siti di contaminazione presunta: siti in cui i test non hanno confermato la presenza di PFAS, ma che si può presumere siano contaminati sulla base di indagini scientifiche e pareri di esperti, come basi militari o cartiere.

«In totale, circa 2.300 siti in Europa possono essere considerati “hotspot”, cioè luoghi in cui le concentrazioni di PFAS raggiungono un livello che gli esperti considerano pericoloso per la salute (100 ng/L)».

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Incrociando l’elenco risultante con quello, non esaustivo, del Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) dell’AEA, il gruppo è riuscito a individuare quasi 3.000 impianti industriali. I più grandi sono circa 1.000 cartiere, che da sole rilasciano nell’ambiente tra le 31 e le 76 tonnellate di PFAS al giorno, secondo la Commissione europea. Seguono la produzione e la lavorazione dei metalli (812 siti), la produzione di materie plastiche in forme primarie (221), la fabbricazione di prodotti petroliferi raffinati (213), il finissaggio di tessuti (126) e gli impianti di lavorazione di prodotti chimici e cuoio. Inoltre, abbiamo identificato circa 240 fabbriche di utilizzatori di PFAS, scoperte per lo più casuali.

Scienziati e ong hanno scritto alla Commissione europea per chiedere restrizioni severe per i PFAS.

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