A sinistra Schlein si dissocia dal “Rearm Europe”, ma nel partito ci sono anche i favorevoli. Tajani applaude, Salvini contro. Centristi in festa
Ci vogliono ore prima che il Pd si esprima sulla proposta avanzata dalla presidente Ursula von der Leyen con missiva inviata a tutti i capi di governo europei: un piano di riarmo che, sulla carta, dovrebbe valere 800 miliardi. Ma quando a metà pomeriggio Elly Schlein rompe il silenzio diventa chiaro a tutti che se mai il ReArm Europe, come Ursula ha battezzato la sua creatura, dovesse arrivare nelle aule parlamentari rischierebbe di brutto. Il pollice di Elly è all’ingiù: “Quella di von der Leyen non è la strada che serve all’Europa. Serve la difesa comune, non il riarmo nazionale”. Il Pd è però spaccato in due come mai prima, con metà partito schierato con la segretaria e l’altra metà con von der Leyen. Stavolta la divisione nel Campo Largo travolge insomma lo stesso Pd.
Sia pure con toni molto meno bellicosi la segretaria del Pd ha deciso alla fine di allinearsi alla posizione assunta a botta caldissima dai suoi per ora unici due veri alleati, Avs e il M5s. Per i 5S quella di von der Leyen è “follia bellicista” con la quale la presidente “ha superato ogni limite”. Bonelli e Fratoianni duettano: “Quel piano è follia pura”, intona il primo. “Quella presidente è inadeguata e pericolosa”, controcanta l’altro. In sé la cosa non sarebbe preoccupante per il governo, tanto più che la babele centrista, da Calenda, rumorosissimo a Renzi, è invece entusiasta. Però una parte non proprio trascurabile della maggioranza della Lega, sta con i nemici del ReArm. C’è una “preoccupante deriva bellicista”, si allarmano gli eurodeputati del Carroccio. Il senatore Borghi, come al solito, è più ruvido: “Ci opporremo all’esercito di Ursula. Racchiude il progetto pericolosissimo di esercito comune europeo”. Per Elly non c’è abbastanza esercito comune, per la Lega ce n’è troppo.
Forza Italia invece non esita e mette in campo direttamente Tajani: “Finalmente passi avanti verso la difesa europea, il sogno di Berlusconi”. FdI è più prudente. Parla solo il capogruppo a Strasburgo Fidanza e si felicita soprattutto perché nella sua lettera la presidente europea accoglie in pieno una delle richieste del governo italiano, scorporare le spese per la difesa dal Patto di Stabilità. Il governo però non si esprime e non è il solo. In realtà nessun capo di governo ha commentato la lettera. Tutti sanno che quella di von der Leyen è una proposta ma la partita vera, con eventuali modifiche forse profonde, sarà al Consiglio europeo straordinario di domani. Il Piano, così come lo delinea Ursula, punta a “mobilitare” 800 miliardi. Tra questi 650, grazie all’attivazione della clausola di salvaguardia, verrebbero sottratti dal conto del Patto di Stabilità. Altri 150 sarebbero eurobond, quasi debito comune, più o meno come nel Recovery adoperato contro la crisi Covid. La differenza è che quella crisi era una parentesi, il ReArm, invece, ha almeno in parte valenza strategica e modifica dalle fondamenta il dna stesso della Ue.
In parte quegli 800 miliardi, sempre che si riesca a “mobilitarli” davvero, devono servire a rifornire di armi l’Ucraina. La proposta è stata ideata prima che Trump annunciasse, nella notte tra lunedì e martedì, la sospensione degli aiuti militari all’Ucraina. Ma quel rischio era già ben chiaro a tutti e il ReArm è stato ideato in tutta fretta proprio per supplire alla defezione di Washington. Ma non c’è solo questa che sarebbe in fondo, come lo stesso Covid, solo una contingenza. Von der Leyen parla invece di un orizzonte molto diverso dalla “parentesi” del coronavirus: “Il contesto sta cambiando drasticamente e drammaticamente. Le fondamenta su cui era costruito l’ordine politico ed economico europeo sono scosse nel profondo”.
Il ReArm Europe allude a una nuova Europa in grado di fronteggiare una situazione inimmaginata e forse inimmaginabile, nella quale l’antico complesso militare-industriale avrebbe la funzione non solo di difesa contro eventuali aggressioni senza più l’ombrello americano ma anche di leva per la ripresa economica e il lancio di un nuovo modello di sviluppo. Sulle possibilità di successo di una simile strategia approntata di corsa è inevitabile dubitare. Le lacerazioni bipartisan nella politica italiana indicano quanto sarà difficile anche il primo passo: cioè trovare domani a Bruxelles un accordo sia sulla proposta von der Leyen che sulle modalità di sostegno all’Ucraina ora che sia quella guerra che l’Europa sono orfane di mamma America.
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