Chi e come mira alle risorse minerarie dell’Ucraina

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


Da diversi anni ormai l’Europa è obiettivo di Stati predatori che attraverso forme di guerra ibrida cercano di ottenere l’autonomia strategica, la supremazia economica e tecnologica ed il dominio geopolitico. Oggi, questa predazione si sta manifestando in particolare nell’ottenimento di risorse minerarie strategiche, l’acquisizione di infrastrutture critiche e di realtà industriali e tecnologiche all’avanguardia.

Gli Stati Uniti, con il ritorno alla Casa Bianca del presidente Trump, sono prepotentemente balzati al vertice della classifica degli Stati che intendono predare economicamente l’Europa, adottando una politica estera, economica e geopolitica aggressiva e senza precedenti nella storia, che sta terremotando le alleanze occidentali, la Nato e gli assetti del potere globale, allo scopo di ottenere vantaggi economici ed il controllo delle risorse minerarie strategiche del continente europeo.

Gli interessi sulle risorse minerarie ucraine nelle negoziazioni di pace

La ricchezza mineraria non sfruttata dell’Ucraina – che si stima comprenda il 5% delle risorse minerarie totali del mondo, presenti in circa 20.000 giacimenti – è diventata una risorsa fondamentale nelle strategie delle potenze che cercano di diversificare le loro catene di approvvigionamento in un contesto di crescente domanda globale di elementi di terre rare, titanio, litio e uranio. Questi minerali, indispensabili per l’industria manifatturiera ad alta tecnologia, per i sistemi di difesa avanzati e per le tecnologie di energia rinnovabile, sono alla base di un complesso intreccio di ambizioni economiche, politiche di difesa e strategie diplomatiche. Da qualche anno gli Stati Uniti stanno tentando di ridurre la propria dipendenza di materie prime strategiche dal fornitore dominante mondiale: la Cina, che controlla l’85-90% della capacità globale di raffinazione delle terre rare.

Prestito personale

Delibera veloce

 

Le miniere ucraine, che comprendono 22 dei 34 minerali classificati critici dall’Unione Europea, riserve di titanio che costituiscono il 7% del totale mondiale, insieme a significativi depositi di litio, uranio e grafite (20% delle riserve globali), rappresentano una potenza latente nella catena di approvvigionamento mondiale, ma con l’invasione russa hanno subito la predazione di circa il 40% dei depositi metallici ucraini, compresi i siti di litio a Donetsk e Zaporizhzhya, dislocati nei territori attualmente sotto il controllo di Mosca.

La posta in gioco nella guerra in Ucraina è immensa, non soltanto dal punto di vista politico e militare ma anche economico, con il settore minerario ucraino che potrebbe crescere in maniera esponenziale nel momento in cui si raggiungesse una pace giusta e duratura. I dati anteguerra del Ministero dell’Economia ucraino indicano che le sole esportazioni di titanio generavano 500 milioni di dollari all’anno, una cifra che potrebbe triplicare con tecniche di estrazione moderne e un accesso stabile al mercato. Il litio, fondamentale per la transizione energetica verde, rappresenta un’opportunità ancora più grande; secondo le proiezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), la domanda globale dovrebbe raggiungere i 2,4 milioni di tonnellate entro il 2030, rispetto agli 1,2 milioni del 2024, e le riserve ucraine potrebbero raggiungere una quota del 5-10% con adeguati investimenti. L’uranio, essenziale per l’energia ed i sistemi d’arma nucleari di nuova generazione, con l’1,8% delle riserve globali dell’Ucraina (circa 200.000 tonnellate) offrirebbe un contrappeso strategico alla quota dell’8% della Russia. Gli sviluppi prospettati da questi scenari su terre rare e minerali critici dipendono dalla stabilità postbellica e dalla risoluzione delle dispute territoriali, poiché l’occupazione russa dei giacimenti orientali minaccia di bloccare quasi la metà del potenziale ucraino di terre rare.

Infatti, la guerra in corso in Ucraina ha annullato le capacità estrattive e determinato la chiusura delle industrie di settore del Paese, danneggiato le infrastrutture, costretto ad arruolarsi e dislocato la manodopera qualificata, interrompendo le catene di approvvigionamento. L’interesse per le ricchezze minerarie dell’Ucraina non è solo una questione economica, ma è profondamente legato a strategie geopolitiche di impatto globale. Dato che la Cina attualmente controlla la quasi totalità del mercato e soprattutto dei processi di raffinazione globale delle terre rare, mentre la Russia domina le forniture di metalli chiave come il palladio e il titanio, assicurarsi fonti alternative è una priorità assoluta per le economie degli Stati tecnologicamente avanzati. L’Ucraina rappresenta una potenziale soluzione per l’Occidente, ma lo sfruttamento delle sue ricchezze minerarie richiedono la fine della guerra, il superamento di sfide logistiche, finanziarie e di sicurezza. Sfruttamento sul quale l’Amministrazione Trump ha deciso di mettere una onerosissima ipoteca sulle trattative di pace, obbligando il presidente Zelensky a sottoscrivere un “deal” sulle risorse minerarie ucraine, prima di qualsiasi trattativa di pace con la Russia, pena il blocco di ogni sostegno economico e militare.

L’accordo che la Casa Bianca vuole imporre all’Ucraina, valutato potenzialmente fino a 1.000 miliardi di dollari secondo le dichiarazioni fatte nello Studio Ovale il 25 febbraio 2025 dal presidente Trump, riflette un approccio transazionale emblematico della politica estera dell’Amministrazione Usa. I negoziati intrapresi in queste settimane e caratterizzati da fortissimi attriti, culminati con lo scontro in diretta TV mondiale il 28 febbraio, hanno visto Kiev rifiutare due bozze iniziali che omettevano esplicite garanzie di sicurezza, una priorità non negoziabile per una nazione che deve affrontare minacce esistenziali da parte della Russia. L’accordo finale proposto dagli Usa, dettagliato dal Kyiv Independent, assegnerebbe il 50% dei proventi delle risorse statali – tra cui terre rare, petrolio, gas e infrastrutture logistiche – a un fondo comune, eludendo la cifra di 500 miliardi di dollari per il rimborso inizialmente ventilata dal Segretario del Tesoro americano Scott Bessent durante la sua visita a Kyiv nel febbraio 2025. Il presidente Zelensky, intervenendo a un forum a Kiev il 23 febbraio 2025, ha respinto con enfasi tali condizioni basate sul debito come un “vaso di Pandora” che graverebbe sulle generazioni ucraine future, una posizione che gli alleati europei hanno considerato come uno sfruttamento coloniale. Un “deal” privo di qualsiasi impegno in materia di sicurezza e di informazioni sulle condizioni imposte all’aggressore russo, al di là di una vaga promessa di sostegno al perseguimento di una “pace duratura”, che si allinea con gli obiettivi del presidente Putin ed ai più ampi interessi degli Stati Uniti di diminuire la propria dipendenza dalla Cina, che fornisce il 92% dei magneti di terre rare a livello mondiale. I magneti di terre rare sono una tecnologia dual use critica e sensibile, perché oltre ad essere utilizzati in molteplici tipologie industriali e device civili, sono indispensabili in ambito difesa e sicurezza in settori strategici come aerospazio, nei moderni jet F-35 ed in molti sistemi d’arma avanzati.

Le anomale negoziazioni in corso, portate avanti esclusivamente dal team della Casa Bianca e dai negoziatori russi, senza alcun coinvolgimento dell’Ucraina e dell’Ue, piuttosto che il futuro dell’Ucraina sembrano avere come fulcro le sue ricchezze minerarie. Un approccio alle trattative dell’Amministrazione Trump che va ben oltre la diplomazia, la pace ed il ripristino della sovranità dell’Ucraina, che ha scioccato il mondo con le sue dichiarazioni, i suoi metodi ricattatori e per una negoziazione focalizzata sulla forza e sull’opportunismo economico per la supremazia delle risorse minerarie. Un confronto che invece di rivelarsi durissimo nei confronti dell’aggressore russo, sta rivolgendo tutte le negatività contro il presidente Zelensky e le nazioni europee che lo sostengono. La legittimazione del presidente Putin, che fino ad un mese fa veniva definito da tutte le Istituzioni e Agenzie statunitensi “la maggiore minaccia alle democrazie liberali”, unitamente al coinvolgimento di tecno-oligarchi e delle loro enormi disponibilità finanziarie, di entità aziendali e interessi industriali che hanno sostenuto la campagna presidenziale del tycoon, daranno forma ad un assetto geostrategico che determinerà la sovranità dell’Ucraina, la direzione delle catene di approvvigionamento globali e degli sviluppi tecnologici per i decenni a venire. Una trattativa oscura nella sua strategia, che sta svelando le dimensioni intricate e spesso non rivelate dell’economia mineraria ucraina, illuminando le forze invisibili che si contendono il dominio su questo settore cruciale e sull’Europa.

L’importanza geopolitica della ricchezza mineraria dell’Ucraina va ben oltre le semplici considerazioni economiche. Queste risorse sono parte integrante di tutte le industrie ad alta tecnologia, civili e militari, tra cui l’aerospaziale, la difesa, l’energia, l’ambiente e l’elettronica. La capacità di stabilire una catena di approvvigionamento affidabile e indipendente per questi materiali fornirebbe agli Stati Uniti, ed alla Russia se le si concederanno i territori occupati durante questi tre anni di invasione, un vantaggio strategico significativo, che stravolgerebbe l’attuale il panorama estrattivo di terre rare.

Tuttavia, dato l’attuale stato delle infrastrutture ucraine (distrutte da 3 anni di bombardamenti russi), le difficoltà pratiche dell’estrazione, della lavorazione, del trasporto e della raffinazione dei minerali, unitamente alla presenza di società di investimento cinesi in Ucraina sin da prima della guerra del 2022, rappresentano dei formidabili ostacoli a questi progetti di stabilizzazione delle capacità estrattive a breve termine delle risorse minerarie dell’Ucraina.

Inoltre, Il dominio della Cina nella produzione di terre rare, sostenuto da decenni di investimenti strategici e da standard normativi poco rigorosi, avevano permesso a Pechino di accreditarsi come un interlocutore silenzioso nell’economia delle risorse ucraine prima dell’invasione russa, ed il recente intervento occidentale a difesa dell’Ucraina ha completamente cancellato queste ambizioni. La Cina, alleato strategico della Federazione Russa, accetterà il riallineamento minerario guidato dagli Stati Uniti e dalla Russia in Ucraina, o metterà in atto ritorsioni economiche, tattiche ibride e contromisure alternative per contrastarlo?

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

La predazione geostrategica della Cina e il ruolo dei fondi sovrani

La predazione geostrategica cinese dell’Europa si rivolge in particolare alle infrastrutture critiche. Tra queste vi sono i 14 porti europei passati sotto il controllo di Pechino, che rappresentano investimenti non solo finanziari ma anche di influenza strategica. Un altro esempio sono le reti europee di elettricità e gas, alcune delle quali sono passate sotto il controllo cinese, in particolare in Italia, Portogallo, Grecia e Regno Unito.

I fondi sovrani sono gli strumenti classici dei Paesi che beneficiano delle rendite energetiche, in particolare in Medio Oriente. Sono lo strumento attraverso il quale creare risparmi intergenerazionali o per appianare le fluttuazioni dei fatturati quando i prezzi delle materie prime aumentano. Per fare un esempio, la Cina – probabilmente lo Stato predatore per eccellenza – ha messo in atto una strategia di investimenti massicci nei semiconduttori sin dal 2010. Nel 2014, Pechino ha creato un fondo sovrano dedicato, e negli anni successivi ha continuato ad acquistare importanti aziende negli Stati Uniti, fino a quando il Committee on Foreign Investment del US Department of Treasury – CFIUS ha iniziato ad allarmarsi e a mettere in atto azioni di contenimento nei confronti delle scalate portate avanti da società cinesi.

I settori strategici sono ovviamente i più bersagliati, e l’elenco di questi settori si sta allungando: robotica, tecnologia digitale, informatica, aerospazio, subacquea, biotecnologie. Paradossalmente, dopo la pandemia da Covid-19, invece di proteggere questi settori strategici, molti investimenti sono continuati a essere effettuati nelle biotecnologie da aziende cinesi, sudcoreane, taiwanesi e giapponesi. Nonostante l’importanza di questo settore, le aziende biotecnologiche europee hanno enormi difficoltà ad accedere ai finanziamenti dei fondi di capitale nazionali ed europei, perché il nostro ecosistema finanziario non si è sufficientemente sviluppato per offrire alternative di investimento in grado di contrastare la forza dei fondi sovrani.

Gli Stati più aggressivi

Nel 2025, troviamo soprattutto gli Stati Uniti, la Russia e la Cina utilizzare queste politiche di predazione delle risorse geostrategiche europee, operate attraverso il capitalismo di Stato. Tuttavia il modello cinese, caratterizzato da un approccio soft power si sta diffondendo in tutto il mondo e anche altri Stati lo stanno praticando. Singapore, considerato uno degli Stati più liberali del mondo, sta replicando la strategia di Pechino attraverso i suoi due principali fondi sovrani, GIC e Temasek, che investono in modo tradizionale assumendo partecipazioni di minoranza in un gran numero di aziende, ma allo stesso tempo stanno iniziando a moltiplicare i loro investimenti strategici nei settori più importanti per l’economia di Singapore: navigazione, logistica e sistemi energetici innovativi. Strategie predatorie che si stanno diffondendo anche in Corea del Sud e nei Paesi del Golfo Persico. La difficile fase politica ed economica che sta attraversando l’Ue rende più aggredibili i Paesi europei, perché le loro industrie sono indebolite dalla crisi e dalla mancanza di una visione strategica comune. La Germania è un obiettivo primario per molti investitori stranieri che desiderano acquisirne mercati e forza industriale e negli ultimi anni ha perso la maggior parte delle tecnologie all’avanguardia nel campo delle energie rinnovabili e di robotica, quasi tutte andate a finire nelle mani di concorrenti cinesi. Ciò è avvenuto anche in Francia, in Italia, Regno Unito ed altre nazioni europee, dove attività mascherate da operazioni di natura economica rappresentano delle predazioni di natura geostrategica che dimostrano come la Cina abbia programmato e costruito il proprio dominio globale nel settore dei semiconduttori, della logistica, delle comunicazioni, dell’intelligenza artificiale e di tutte le tecnologie innovative che trasformano i nostri device in sistemi dual use di raccolta dati e spionaggio.

L’Europa è consapevole di questo pericolo?

Su pressione di alcuni Stati membri, nel 2019 la Commissione europea ha commissionato un interessante rapporto sull’influenza degli investitori stranieri sulle economie europee. Rapporto che è stato ignorato a causa delle sue preoccupanti conclusioni ed implicazioni politiche. In particolare, l’analisi mostra che una percentuale significativa di settori strategici europei è ormai detenuta da investitori stranieri. Il rapporto rivela che i settori strategici sono stati presi di mira molto di più rispetto ai settori tradizionali e traccia una traiettoria preoccupante che mostra come tra il 2013 e il 2017 il numero di aziende di proprietà straniera, in particolare nei settori strategici, fosse in continua e forte crescita. Il rapporto si conclude chiedendosi se questa tendenza predatoria sarebbe continuata o se attraverso un rafforzamento dei nostri meccanismi di protezione si sarebbe potuta frenarla. La Commissione non ha mai dato risposte, né tantomeno adottato provvedimenti protettivi, il che rappresenta un’ammissione di debolezza.

L’Unione europea ne è in parte consapevole ed ora, di fronte alle minacce poste anche dalla Casa Bianca, dovrà attuare strumenti di cooperazione tra gli Stati membri e di condivisione delle informazioni per permettere ai governi europei di reagire in maniera unitaria, sebbene i problemi di sovranità ed i rapporti con queste nazioni predatorie non siano vissuti allo stesso modo da uno Stato all’altro, e se dobbiamo accettare che ci troviamo in un contesto di guerra economica permanente, anche all’interno dell’Europa stessa.

Istintivamente, vorremmo che i sistemi di protezione delle nostre risorse geostrategiche si concentrassero sui Paesi che consideriamo più minacciosi, come la Cina, la Russia. Ma in realtà molte minacce in questo periodo di sconvolgimenti provocati dal ritorno alla Casa Bianca del presidente Trump, provengono proprio dal nostro (ex?) principale alleato: gli Stati Uniti. Dobbiamo quindi fare una vera scelta politica. Dobbiamo spingere il l’Ue ad un federalismo più avanzato, per consentire il trasferimento della capacità di difesa e sicurezza al livello comunitario. Ma se riteniamo che gli interessi continuino a divergere, come avviene nella pratica, dovremmo forse trarre qualche lezione pragmatica da questo e saperci proteggere allo stesso modo dagli investimenti di Stati competitor e avversari. Soprattutto, dobbiamo essere pragmatici su questo tema e renderci conto che finché i nostri partner si pongono come concorrenti aggressivi – allora dovremo trattarli sia come partner che come minacce.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

L’interazione di questi fattori – ricchezza di risorse, rivalità geopolitica e imperativi di sicurezza – fanno dell’Ucraina un perno del riordino delle dinamiche di potere globale. Russia, Cina e Stati Uniti, pur essendo simili nelle loro politiche nel perseguire la diversificazione mineraria, incarnano visioni diverse di predazione delle risorse geostrategiche ucraine ed europee. Gli Stati Uniti, con il loro accordo immediato e ad alto rischio con la Russia, cercano guadagni rapidi in un panorama strategico volatile, sfruttando le risorse dell’Ucraina per contrastare la Cina e rafforzare la propria base industriale di difesa. L’Ue, adottando una posizione misurata e lungimirante, mira a inserire l’Ucraina in un quadro europeo più ampio, privilegiando la pace, la democrazia, le regole e la resilienza rispetto alla convenienza. Entrambi gli approcci, tuttavia, dipendono dalla capacità dell’Ucraina di riuscire a difendersi dall’invasione russa e a districarsi dai vincoli della guerra, dallo spettro dell’interferenza russa e dalle minacce di abbandono degli Stati Uniti. Un compito arduo e dipendente dal contributo dei suoi alleati.

Mentre Zelensky si è giustamente rifiutato di firmare l’accordo con gli Stati Uniti lo scorso 28 febbraio e i principali governi europei portano avanti i colloqui per reagire ai ricatti russi e statunitensi, il mondo assiste attonito allo svolgersi di un esperimento ad alto rischio di diplomazia delle risorse strategiche. Le potenzialità di un accordo di pace giusta e duratura, che coinvolga Ucraina ed Ue sono sbalorditive: un’iniezione di oltre 1.000 miliardi di dollari nell’economia ucraina, un mercato minerario globale riequilibrato e un’alleanza occidentale rafforzata contro rivali autocratici. Tuttavia, i rischi posti dalle politiche del presidente Trump sono altrettanto profondi: una umiliazione della sovranità dell’Ucraina, il mancato coinvolgimento della Ue nella competizione tra grandi potenze e la possibilità che infrastrutture distrutte dalla guerra e territori contesi possano far deragliare anche i piani più ambiziosi. Ciò che emergerà da questo crogiolo non solo darà forma alla traiettoria dell’Ucraina, ma ridefinirà anche i contorni della geopolitica del XXI secolo, dove i minerali, così come le capacità militari di difesa e deterrenza, dettano l’equilibrio del potere.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Source link