Lavoro, l’IA spinge Pil. Ma 6 milioni di lavoratori sono a rischio

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La rivoluzione dell’intelligenza artificiale porterà benefici in termini di crescita economica. Ma attenzione ai rischi legati al mondo del lavoro. Secondo il Focus Censis Confcooperative Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi? l’IA porterà una crescita del Pil da qui al 20235 fino a 38 miliardi, pari al +1,8%. Ma 6 milioni di lavoratori sono a rischio sostituzione, mentre 9 milioni potrebbero vedere l’IA integrarsi con le loro mansioni. Per un totale di circa 15 milioni di lavoratori sul totale esposti agli effetti dell’IA.

IA, le professioni più a rischio

Le professioni più esposte alla sostituzione sono quelle intellettuali automatizzabili (contabili, tecnici bancari). Le professioni ad alta complementarità: includono avvocati, magistrati e dirigenti. Nella Tabella qui sotto le prime 10 professioni esposte alla complementarità o al rischio di sostituzione.

Le prime 10 professioni esposte alla complementarità o al rischio di sostituzione (Fonte: elaborazione Censis su dati Banca d’Italia).

Il grado di esposizione alla sostituzione o complementarità aumenta con l’aumentare del livello di istruzione, come dimostra il dato secondo cui nella classe dei lavoratori a basso rischio il 64% non raggiunge il grado superiore di istruzione e solo il 3% possiede una laurea. Per quanto riguarda le professioni ad alta esposizione di sostituzione, la maggior parte dei lavoratori (54%) hanno un’istruzione superiore e il 33% un diploma di laurea. Inversamente, i lavoratori che più vedranno l’ingresso complementare delle IA nei processi produttivi posseggono una laurea (59%) mentre sono il 29% quelli con un diploma superiore.

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Donne più esposte degli uomini e il gap con l’Europa

Il livello di esposizione all’IA aumenta con il grado di istruzione e anche in questo caso si verificherebbe un acuirsi del gender gap dal momento che le donne risultano più esposte rispetto agli uomini: rappresentano, infatti, il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità.

Il gap non è solo di genere ma anche nel confronto tra i sistemi imprenditoriali dei paesi europei. Nel 2024, solo l’8,2% delle imprese italiane utilizza l’IA, contro il 19,7% della Germania e la media UE del 13,5%. Il divario è particolarmente evidente nei settori del commercio e della manifattura, dove l’Italia registra tassi di adozione inferiori alla media europea. Per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle imprese italiane prevede di investire in beni e servizi legati all’IA, con percentuali più alte nel settore informatico (55%) e più basse nella ristorazione (1,4%). Le grandi imprese mostrano una maggiore propensione all’investimento rispetto alle PMI.

Pil in ricerca sviluppo

I dati dimostrano impietosamente come sia necessario investire di più e meglio in ricerca e sviluppo. L’Italia investe l’1,33% del Pil rispetto alla media europea del 2,33%. L’obiettivo Ue è arrivare a una media del 3% per il 2030, soglia già superata dalla Germania che investe il 3,15%, mentre la Francia investe il 2,18%, più di noi ma lontana dall’obiettivo fissato per il 2030. Secondo una recente rilevazione Censis, il 20/25% dei lavoratori utilizza strumenti IA sul luogo di lavoro.

Più nel dettaglio il 23,3% utilizza IA per la scrittura di mail, il 24,6% per messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum. I numeri salgono al diminuire dell’età, come dimostra il 35,8% tra i 18-34 anni che utilizza IA per la stesura di rapporti contro il 23,5% tra chi ha più di 45 anni o il 28,8% dei più giovani che utilizzano per la scrittura di mail, a fronte di un 21,9% della fascia di popolazione che ha più di 45 anni. Non emergono, invece, vistose differenze tra i vari livelli di istruzione.

Previsioni al 2030

Sul fronte occupazionale, si stima che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato. I settori più esposti sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre quelli meno impattati sono la sanità e il management. L’Italia mostra un ritardo significativo nell’adozione dell’intelligenza artificiale rispetto ad altri paesi europei. Secondo il Government AI Readiness Index 2024, l’Italia si posiziona al 25° posto, dietro a 13 paesi europei.

“Un conto economico in chiaro scuro quello che l’intelligenza artificiale si appresta a presentare al nostro Paese”, ha commentato Maurizio Gardini, presidente di Confcoperative. “Questi dati dimostrano come il paradigma vada subito corretto: la persona va messa al centro del modello di sviluppo con l’intelligenza artificiale al servizio dei lavoratori e non viceversa”.

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