La Grande Contraddizione: Quando l’Umanità sceglie le armi Invece della sopravvivenza. Articolo a cura di Roberta Lombardi
In un momento storico in cui il nostro pianeta sta letteralmente “andando a fuoco”, assistiamo a una delle più grandi contraddizioni della storia umana: invece di unire le nostre forze per affrontare la sfida esistenziale del cambiamento climatico, stiamo investendo massicciamente in armi e conflitti.
È come se fossimo tutti intrappolati in un grattacielo in fiamme. Invece di collaborare per spegnere gli incendi e trovare vie di fuga sicure, ci stiamo combattendo l’un l’altro, bloccando le uscite di emergenza e sottraendoci reciprocamente gli estintori. Una metafora che riflette perfettamente la situazione attuale del mercato finanziario, dove persino i fondi ESG – teoricamente dedicati alla sostenibilità – stanno aprendo le porte agli investimenti bellici.
Platone, nel suo La Repubblica, ci ha lasciato un insegnamento prezioso: la città ideale prospera quando ogni suo elemento lavora per il bene comune invece di perseguire interessi individuali. Un principio che trova eco nella storia: il Piano Marshall e la nascita dell’Unione Europea dimostrano come la cooperazione internazionale possa trasformare nemici storici in alleati per la ricostruzione e lo sviluppo comune. Oggi, la minaccia non viene da macerie da ricostruire, ma dal nostro stesso comportamento autodistruttivo.
Come rivelano i recenti dati di Bloomberg, i fondi d’investimento nel settore bellico sono raddoppiati nel 2024, raggiungendo quota 47. La Rheinmetall, azienda tedesca produttrice di armi, è presente in 650 fondi ESG. Mentre l’indice delle energie rinnovabili perdeva il 27%, quello della difesa guadagnava il 17%. Questi numeri raccontano una storia di opportunismo finanziario che mette in secondo piano la sopravvivenza stessa del pianeta.
Ma c’è speranza. La trasparenza dell’informazione e la consapevolezza crescente dei risparmiatori possono guidare scelte più etiche e lungimiranti. La Sustainable Finance Disclosure Directive (SFDR) e il Regolamento ESG, recentemente approvati, rappresentano passi fondamentali in questa direzione: mirano a garantire maggiore chiarezza sulle attività finanziarie, a prevenire il greenwashing e ad assicurare che i fondi ESG siano realmente allineati agli obiettivi di sostenibilità.
L’importanza di queste normative non può essere sottovalutata. Per troppo tempo, la finanza sostenibile ha operato in un’area grigia, con criteri vaghi che permettevano alle aziende di autodefinirsi “sostenibili” senza un reale impegno concreto. La SFDR impone agli operatori finanziari obblighi di trasparenza sugli impatti ambientali e sociali dei loro investimenti, mentre il Regolamento ESG stabilisce criteri più rigidi per i prodotti finanziari che vogliono essere realmente sostenibili.
Ma c’è un rischio che non possiamo ignorare: si deve lavorare in Europa perché non ci siano arretramenti su questi capisaldi e che venga lasciata la libertà di decidere come investire i propri soldi, se per rubarsi gli estintori o per trovare soluzioni che ci salvino tutti.
Si deve anche lavorare perché nessuna “manina” pensi di permettere che i fondi ESG vengano ampliati alle armi. Un conto è che un emittente di un fondo decida consapevolmente di includere investimenti nel settore bellico, assumendosene la responsabilità e il conseguente rischio di perdere credibilità sul mercato. Un altro conto, invece, è se nel paniere ESG si rischiasse di mischiare le ciliegie – gli investimenti dedicati alle tecnologie per l’adattamento e la mitigazione del cambiamento climatico – con i frutti bacati della stupidità umana.
Come sosteneva Hannah Arendt nel suo concetto della “banalità del male”, è la capacità di pensare e giudicare autonomamente che ci permette di resistere a scelte dannose che vengono normalizzate e banalizzate, anche quando si presentano sotto forma di attraenti rendimenti finanziari.
È tempo di chiederci: vogliamo essere complici di un sistema che privilegia il profitto immediato sulla sopravvivenza a lungo termine? O vogliamo essere parte della soluzione?
La scelta di investire in fondi ESG autentici, che mantengono fede al loro impegno per la sostenibilità anche a costo di rinunciare a qualche punto percentuale di rendimento, non è solo una questione etica: è una questione di sopravvivenza. Perché, come ci ricorda un antico proverbio Native American: “Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.” La vera ricchezza, quindi, non si misura in uno sterile profitto, ma nella capacità di garantire un futuro abitabile per le prossime generazioni.
Nel “grattacielo in fiamme” che è diventato il nostro pianeta, abbiamo due scelte: continuare a combatterci per gli ultimi estintori, o unire le forze per spegnere l’incendio. La storia ci insegna che solo la seconda opzione ci darà una possibilità di sopravvivenza.
Roberta Lombardi, Sustainability Manager & ESG Strategy Advisor, Sustainable Events Advisor
Roberta Lombardi Studio: Alta Consulenza per la Sostenibilità
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