Il Clean Industrial Deal europeo e la lunga strada per la decarbonizzazione

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Il piano per salvaguardare il futuro della competitività europea presentato da Mario Draghi a settembre dell’anno scorso si imperniava attorno a tre pilastri: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza. Le istituzioni europee erano chiamate a rispondere e lo scorso 26 febbraio la Commissione ha presentato il Clean Industrial Deal, la proposta di riforme con cui intende proseguire lungo la strada tracciata dal primo mandato di Ursula von der Leyen, che dal 2019 al 2024 è stato fortemente incentrato sul Green Deal.

“Il Clean Industrial Deal tiene insieme l’azione climatica e la competitività sotto un’unica strategia di crescita”, si legge nella comunicazione della Commissione. Ma se questa seconda legislatura manterrà le promesse ambientali e climatiche annunciate è ancora tutto da dimostrare.

Lo stesso giorno infatti la Commissione, anche alla luce dell’esito delle elezioni dello scorso giugno che hanno spostato a destra la chiave di volta dell’arco parlamentare, ha presentato una proposta di semplificazione burocratica che consentirà a oltre l’80% delle aziende europee, escludendo quelle di grandi dimensioni, di essere meno vincolate alla rendicontazione dell’impatto ambientale delle proprie attività. In nome della competitività si sceglie un po’ di deregolamentazione, come del resto avviene (ancor di più) dall’altra parte dell’Atlantico.

Un’altra indicazione del fatto che l’aria che tira è quella che ha iniziato a soffiare prepotentemente da Washington è il fatto che la Commissione chiede di “comprare europeo”, più made in EU, per sostenere l’economia interna e parare i colpi che verranno dagli altri blocchi economici, soprattutto dai dazi degli Stati Uniti, che a propria volta chiedono di “comprare americano”.

Per supportare la produzione europea green, la Commissione pianifica di mettere a disposizione 100 miliardi di euro nei prossimi 10 anni, tramite una banca per la decarbonizzazione industriale (Industrial Decarbonisation Bank) che assisterà soprattutto i settori cosiddetti hard-to–abate, come l’acciaio o la chimica, che devono competere con industrie che in altre parti del mondo non devono far fronte né a costi dell’energia alti come quelli europei né attenersi vincoli ambientali stringenti. Secondo il delegato europeo per il clima Woepke Hoekstra i cento miliardi pubblici favoriranno l’investimento privato fino a un totale di 400 miliardi di euro.

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Ridurre il costo dell’energia

Prioritario per la competitività europea è riuscire ad abbassare i prezzi dell’energia, sia per le industrie sia per la cittadinanza: 46 milioni di europei sono in condizioni di povertà energetica e dopo l’impennata del 2022 i prezzi del gas non sono ancora tornati ai livelli precedenti alla guerra in Ucraina. Per affrontare questa situazione, la Commissione ha predisposto l’Affordable Energy Action Plan, una serie di misure che intendono agire sia sul breve sia sul medio-lungo termine.

Tra queste c’è la nascita di una Energy Union task force che lavorerà per appianare le differenze del costo dell’energia tra diversi Paesi dell’Unione. L’obiettivo è quello di creare un’Unione Europa dell’energia, un mercato energetico interconnesso, dotato di regole comuni e capace di acquistare l’energia da importare (soprattutto il gas, che influenza anche i prezzi dell’elettricità) come unico soggetto europeo.

Per mettersi al riparo dalla volatilità dei prezzi, la progressiva riduzione della dipendenza dai combustibili fossili resta il faro da seguire: servono investimenti in infrastrutture fisiche che consentano lo scambio di energia elettrica da un Paese all’altro, specialmente in vista dell’aumento della quota di fonti di generazione a basse emissioni. Sul breve termine, una gestione più efficiente dei consumi e l’abbassamento delle tasse nazionali sull’elettricità sono la strada indicata per alleggerire la pressione, assieme alla stipula da parte delle imprese di contratti energetici con costi fissi per lungo tempo (Power Purchase Agreements), particolarmente adatti all’energia a basso costo e a basse emissioni prodotta da fonti rinnovabili.

Supporto al made in EU

La Commissione propone inoltre di supportare la domanda di prodotti e tecnologie green “made in Europe”, aggiornando in questa direzione i criteri degli appalti pubblici (public procurement) e le regole sugli aiuti di Stato per facilitare la diffusione delle energie rinnovabili, di cui si intende accelerare gli iter autorizzativi tramite l’Industrial Decarboniation Accelerator Act. Tutto questo servirà ad assicurare una capacità produttiva adatta alle esigenze di decarbonizzazione del continente, che dipende dalle importazioni non solo per quanto riguarda il vecchio paradigma dei combustibili fossili, ma anche per quello nuovo incentrato sui minerali critici alla transizione energetica.

Circolarità e minerali critici

La questione dell’accesso alle risorse e quella dell’uso circolare delle stesse sono una complementare dell’altra. Oltre all’acquisto congiunto dell’energia, l’Unione Europa intende andare nella direzione dell’acquisto comune, per negoziare prezzi più vantaggiosi, anche delle materie prime che servono alla transizione e a una produzione europea che voglia essere competitiva a livello globale: se ne occuperà un nuovo EU critical raw material centre.

Il Vecchio Continente non gode di abbondanza di risorse minerarie, per cui quelle importate dovranno venire utilizzate e soprattutto riutilizzate con saggezza. La proposta della Commissione è quella di un Circular Economy Act da adottare nel 2026 per creare una filiera circolare che ricicli almeno il 24% dei materiali entro il 2030.

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Competenze e Innovazione

Il piano per la decarbonizzazione industriale necessita anche di competenze di alto livello, che verranno coordinate da una nuova Union of Skills. In questa cornice verranno individuati i settori bisognosi di maggior apporto di competenze e verrà potenziato con 90 milioni di euro il programma Erasmus+, che favorisce la mobilità degli studenti europei dalla scuola primaria fino a dopo l’università.

Verrà inoltre rafforzato il fondo Invest EU e quello per l’innovazione Innovation Fund, che erogherà i 100 miliardi gestiti dalla Industrial Decarbonisation Bank, con il coinvolgimento della European Investment Bank. Verranno poi lanciati bandi dedicati a progetti di ricerca sulla decarbonizzazione all’interno del quadro di finanziamento Horizon Europe.

 





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