Il mondo dei trasporti in Italia è un intreccio di visioni ambiziose e ostacoli strutturali, tra innovazione e resistenza al cambiamento. Nel suo Diario di un viaggio nei trasporti e non solo (Rubbettino), Ennio Cascetta scatta una fotografia delle sfide, contraddizioni e opportunità di un settore cruciale per la qualità della vita e per lo sviluppo economico del paese. Docente universitario, progettista, amministratore pubblico e dirigente d’azienda, Cascetta è una delle voci più autorevoli nel campo della mobilità.
Come è nata l’idea di raccontare il libro sotto forma di dialogo con le muse Praxis e Theoresys?
«Ho cercato di scrivere un libro per tutti, tecnici e non. L’obiettivo era quello di raccontare delle esperienze personali e delle stagioni tecniche, politiche e amministrative di cui sono stato partecipe. L’intervista mi è sembrata un modo originale per alleggerire la lettura, e le due muse sono il retaggio dei miei studi classici».
Come è cambiata la sua visione dei trasporti in Italia dopo aver ricoperto ruoli accademici e amministrativi?
«Luci e ombre. Grandi obiettivi raggiunti, come il rilancio delle metropolitane e dei tram in tutte le città italiane, e a Napoli in particolare, la realizzazione di un progetto paese come l’Alta Velocità e addirittura la concorrenza tra due operatori sulle stesse linee, caso unico al mondo. A livello nazionale c’è stato un continuo fare e disfare, programmare e ricominciare daccapo. L’ho chiamata la sindrome di Penelope. La concorrenza in questo settore è prevista da una legge del 1997, ma non è mai decollata per le resistenze corporative del settore e per gli interessi politici degli Enti locali di gestire aziende pubbliche. Sono anche stato testimone di un impoverimento delle competenze della classe dirigente, tecnica e politica, di questo settore».
Anche l’occhio vuole la sua parte: è importante valorizzare la bellezza nei trasporti pubblici. Perché investire in estetica è stato così importante per Napoli?
«Le stazioni ferroviarie sono da sempre considerate sgradevoli, dei “non luoghi”, come le definiva Augé. Abbiamo progettato e realizzato stazioni belle con una personalità individuale. Architettura, arte contemporanea e archeologia hanno consentito un mix ancora oggi unico al mondo. Ma non è stato solo un successo estetico. Abbiamo dimostrato che i cittadini e i turisti usano di più il trasporto pubblico e che la qualità resiste all’usura e alle vandalizzazioni per decenni, anche in aree molto difficili della città».
La «cura del ferro» è stata un successo o ci sono ancora criticità da risolvere?
«Penso proprio di sì. Certamente si poteva fare più rapidamente, ma dopo quasi 30 anni funziona, sono aumentati esponenzialmente gli utenti della metropolitana. Lo stesso è avvenuto in tutte le grandi città italiane. Basta salire su un treno a Roma, Milano o Torino. Su un tram a Firenze, e così via».
Il concetto di eco-razionalità è stato applicato concretamente in qualche progetto recente?
«Direi di no. Anzi. Sul tema ambientale ancora oggi si procede in modo spesso ideologico, senza fare i conti con la realtà e con le tecnologie disponibili. Basti pensare alla transizione verso l’auto elettrica, certamente necessaria ma immaginata con tempi e modalità “irrazionali”».
Proviamo ad andare oltre il solito «sì» o «no» al Ponte sullo Stretto di Messina e veniamo ai fatti: si riuscirà mai a completare l’opera? Anzi, inizierà mai il cantiere?
«Questa è veramente una domanda da un milione di dollari! Mi auguro di sì, ma temo di no».
Lei sostiene che è in corso la «settima rivoluzione dei trasporti»: quale cambiamento ritiene più imminente?
«Non sono imminenti, sono già in atto. Avremo veicoli con diversi vettori energetici; elettrico, idrogeno, biocarburanti sostituiranno il petrolio. I veicoli saranno sempre più autonomi grazie all’Intelligenza Artificiale. Già oggi negli Stati Uniti ci sono città come San Francisco e Phoenix con servizi di robotaxi. In Svizzera dall’anno prossimo potranno circolare auto che guidano da sole in autostrada. Sarà sempre più diffuso il modello di mobility-as-a-service, uso e sharing invece del possesso. Avremo meno auto di proprietà e utilizzeremo veicoli a guida autonoma che verranno a prenderci a casa. Città con meno auto parcheggiate, più spazi per le persone».
Come vede il futuro della mobilità in Italia? Digitalizzazione e Intelligenza Artificiale saranno sempre più protagoniste…
«La rivoluzione è globale. Ovviamente anche le infrastrutture saranno più digitali, per ottimizzare il traffico, migliorare la sicurezza e dialogare con le auto autonome. Il tema non è se, ma quando e come. L’Italia saprà farsi trovare pronta per cavalcare la rivoluzione o sarà follower di altri paesi?».
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