Sospesa in Sudan distribuzione di cibo nei campi degli sfollati: migliaia a rischio morte per fame

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
1° marzo 2025

Dopo quasi due anni dall’inizio della guerra, in Sudan la popolazione è costretta a affrontare giornalmente nuove sofferenze. Oltre alle bombe, violenze di ogni genere, anche la fame è una vera e propria arma da guerra. Mentre continuano a arrivare i rifornimenti di armi, è nuovamente stata sospesa la distribuzione di cibo in alcune zone del Paese.

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Stop di PAM e MSF

Anche per lo stop degli aiuti umanitari di USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale), imposto dall’amministrazione Trump, l’80 per cento delle cucine d’emergenza ha dovuto chiudere i battenti.

MSF chiude per il momento operazioni nel campo per sfollati di Zamzam per continue violenze

E non solo. Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha momentaneamente sospeso l’attività nel campo per sfollati Zamzam, nel Darfur settentrionale, per l’intensificarsi dei combattimenti nell’area. “Senza gli aiuti alimentari salvavita, migliaia di famiglie potrebbero morire di fame nelle prossime settimane”, ha evidenziato Laurent Bukera, Direttore regionale per l’Africa orientale e Direttore nazionale ad interim di PAM per il Sudan.

Già nell’agosto dello scorso anno era stata dichiarata un’emergenza carestia nel sito per gli evacuati.

Come PAM, pure l’ONG Medici senza Frontiere è stata costretta a ritirarsi da Zamzam, vicino a Al-Fashir, capoluogo del Nord-Darfur, accerchiata da oltre 10 mesi dai paramilitari RFS.

Anche nel campo di Abu Shouk, situato a circa quattro chilometri da Al-Fashir, la situazione è drammatica. Gli 800.000 sfollati sono intrappolati tra i militari e i paramilitari.

Guerra senza sosta

Gran parte del Paese è teatro di continui combattimenti tra le due fazioni: le Rapid Support Forces (RFS), capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, da un lato e le Forze armate sudanesi (SAF) capitanate da Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo del Consiglio sovrano e de facto presidente del Sudan.

Sia Hemetti, un ex capo janjaweed, sia il capo dello Stato sudanese sono stati sanzionati dal Tesoro dell’amministrazione Biden, poco prima di cedere il testimone a quella di Donald Trump. Le due fazioni sono accusate di aver commessi crimini contro i civili in questa assurda guerra di lotta per il potere.

Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha denunciato le inimmaginabili sofferenze del popolo sudanese. Ha poi sottolineato che le violazioni del diritto internazionale continuano nella più totale impunità.

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Convoglio armi

Pochi giorni fa, secondo quanto riportato da Reuters, alcuni combattenti che sostengono i governativi hanno affermato di aver intercettato un convoglio carico di armi destinato alle RFS nei pressi di Al-Fashir. Gli alleati di al-Bashir sostengono di aver neutralizzato anche alcuni mercenari stranieri, senza però precisare la loro nazionalità. Alcuni mesi fa i gruppi armati a sostegno di SAF avevano scovato paramilitari colombiani al soldo delle RFS.

Gli irregolari di Hemetti hanno smentito l’attacco a un convoglio di armi destinato a rinforzare i loro arsenali. “Si tratta di pure menzogne”, hanno commentato.

Rapporto HRW

Intanto Human Rights Watch ha accusato i combattenti alleati dei governativi di aver attaccato intenzionalmente gli abitanti di un villaggio nel Sudan centrale.

Nel rapporto, pubblicato martedì scorso, HRW non esclude che gruppi allineati a SAF, tra questi Sudan Shield Forces, il battaglione al-Baraa Ibn Malik e milizie locali, potrebbero aver commesso crimini di guerra nello Stato di Al-Gezira, riconquistato dai governativi il mese scorso.

Ventisei civili sarebbero stati uccisi durante l’attacco del 10 gennaio contro una delle numerose aggressioni contro alcune comunità, accusate di aver sostenuto i paramilitari di RFS mentre la regione era sotto il loro controllo.

Alleati di SAF attaccano villaggio a Al-Gezira (Sudan)

SAF ha fatto sapere che in questo casi si tratterebbe di aggressioni personali e si sta indagando su quanto accaduto nel villaggio di Tayba. Nel frattempo ha inviato truppe per proteggere gli abitanti.

Governo parallelo RFS

Colpo di scena la scorsa settimana a Nairobi, dove le RSF e una coalizione di gruppi armati e politici hanno siglato un documento volto alla formazione di un governo parallelo (“Political Charter for the Government of Peace and Unity”) nelle aree sotto il loro controllo. Il fatto che il Kenya abbia concesso ospitalità ai ribelli e associati ha irritato non poco il governo di Khartoum e ha creato frizioni a livello diplomatico tra le due Paesi.

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Nairobi: RFS e alleati firmano documento per creazione di un governo parallelo a Nairobi

Secondo l’AFP, tra i firmatari risulta anche una fazione del Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese del Nord (SPLM-N) guidata da Abdelaziz Al-Hilu. Il gruppo controlla parti degli Stati del Kordofan e del Nilo Blu.

Mohammed Hamdan Dagalo, capo dell’RSF, non era presente al vertice di Nairobi. Il documento è stato siglato da Abdel Rahim Dagalo, fratello di Hemetti e numero due dei paramilitari.

I firmatari intendono creare un governo che abbia come obiettivo di porre fine alla guerra e di garantire l’accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari. AFP, che ha potuto consultare il testo, riporta che nel documento i vari componenti si impegnano a “costruire uno Stato laico, democratico e decentrato, basato sulla libertà, l’uguaglianza e la giustizia, senza pregiudizi culturali, etnici, religiosi o regionali”.

Prevede inoltre la creazione di un “nuovo esercito nazionale unificato e professionale”, che rifletta la “diversità e la pluralità” dello Stato del Sudan.

Rischio divisione Paese

L’intenzione di voler creare un governo parallelo ha suscitato non poche perplessità nella comunità internazionale. Il portavoce del segretario generale dell’ONU ha evidenziato che si rischia di dividere ulteriormente il Paese e potrebbe portare addirittura a un peggioramento della crisi in atto.

La Lega Araba ha condannato atti volti a mettere a rischio l’unità del Sudan o di esporre il Paese a una possibile divisione o frammentazione.

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E durante una conferenza stampa al Cairo, Ali Youssef, ministro degli Esteri sudanese, ha dichiarato che il suo governo non potrà mai accettare che un altro Paese riconosca un governo parallelo.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Mercenari colombiani combattono in Sudan con gli ex janjaweed



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