Fideiussioni e termine di decadenza ex art. 1957 c.c.

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


Il presente contributo affronta il tema della qualifica della clausola di pagamento “a prima richiesta” del contratto di fideiussione nel contesto del regime di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c..


Quando parliamo di deroga al termine di cui all’art. 1957 c.c. la mente corre subito alla sentenza delle Sezioni Unite n. 41994/2021, intervenuta in tema di nullità parziale delle fideiussioni omnibus per violazione della normativa antitrust.

Il collegamento è quasi inevitabile, vuoi perché tale clausola è proprio una di quelle tacciate di nullità dalla decisone delle Sezioni Unite, vuoi perché il suo effetto è quello di mantenere integri i diritti della banca fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che questa sia tenuta ad escutere preliminarmente l’obbligato principale, il garante o qualsiasi altro coobbligato entro il termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c., secondo cui “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Come prevedibile, il tema era quindi destinato ad innescare un vivace dibattitto in ordine alle conseguenze della sentenza e alle eventuali soluzioni percorribili per evitare gli effetti indesiderati del principio sancito dalla Sezioni Unite, in forza del quale “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’ intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti” (Cass., SS. UU., sentenza del 30/12/2021, n. 41994).

Inevitabile, pertanto, che in seno alla giurisprudenza di merito fiorissero due nuovi indirizzi: il primo, che muoveva le premesse da una acritica adesione al principio sancito dalle Sezioni Unite; il secondo, invece, che faceva leva sulla possibilità di qualificare le fideiussioni omnibus contenenti una clausola di pagamento “a prima richiesta” e “senza eccezioni” come contratto autonomo di garanzia, totalmente svincolato dall’obbligazione principale.

Dei due orientamenti, tuttavia, proprio quest’ultimo era quello da cui iniziò a muovere le premesse un’ulteriore dicotomia.

Da un lato, infatti, parte della giurisprudenza ammetteva la possibilità di qualificare una fideiussione omnibus come contratto autonomo di garanzia in “presenza di entrambe le clausole cd. “a prima richiesta” e “senza eccezioni” (e non dunque, solo della prima)[1], mentre altra parte riteneva più che sufficiente la sola clausola di pagamento “a prima richiesta”, atteso che “l’inserimento nel contratto dell’espressione “a prima richiesta” (anche in assenza di quella “senza eccezioni”) dovrebbe orientare l’interprete verso la stipulazione di un contratto autonomo di garanzia, il quale comporta di regola la non applicabilità dell’art. 1957 c.c., e si caratterizza per l’assenza dell’elemento dell’accessorietà[2].

Il tutto, senza trascurare neppure l’orientamento che faceva leva sulla considerazione che, per quanto l’inserimento in un contratto di una clausola di pagamento a prima richiesta” o “a semplice richiesta” non sia elemento decisivo per la qualificazione del negozio come autonomo di garanzia, tale espressione può comunque astrattamente essere intesa quale indice della volontà delle parti di elidere il nesso di accessorietà tipico della fideiussione, fermo restando che, per operare una più corretta qualificazione giuridica dell’impegno assunto dal garante, è pur sempre necessario esaminare l’intro contenuto della garanzia [3].

Questa, dunque, era la situazione che si era venuta a creare nella giurisprudenza delle Corti di merito nel periodo successivo alle Sezioni Unite n. 41994/2021, e che ci aspettavamo avrebbe dominato le scene ancora a lungo.

Sennonché, il 2024 è stato protagonista di diverse sentenze intervenute sul tema della deroga del termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c. che, aderendo (inaspettatamente) ad un orientamento dottrinale risalente, hanno qualificato la clausola di pagamento “a prima richiesta” contenuta nelle fideiussioni omnibus come solve et repete [4].

Ora, come noto, la clausola “solve et repete” affonda le sue radici nell’art. 1462 c.c., secondo cui “La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto”.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Dunque, il tema, parlando di fideiussioni omnibus, oggi non è più tanto quello di qualificarle (o meno) come contratti autonomi di garanzia, ma semmai quello di capire se, a prescindere da ciò e qualificando la clausola di pagamento “a prima richiesta” come una “solve et repete”, questa possa consentire di bypassare gli effetti indesiderati di un’eventuale dichiarazione di nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust.

E com’era prevedibile, alle Corti di merito questo aspetto non poteva certo passare inosservato.

In questa direzione si menzionano, tra le tante e senza pretesa di esaustività, quattro recenti decisioni di gravame, intervenute tutte nell’arco del 2024: le prime due della Corte d’Appello di Firenze e le altre della Corte d’Appello di Venezia.

In particolare, la prima sentenza della Corte d’Appello di Firenze, Sez. II, è la n. 1163 del 26 giugno 2024: “Occorre, quindi, verificare se l’iniziativa assunta da [omississ] nei confronti della debitrice principale sia avvenuta nel rispetto del termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. e con le corrette modalità correlate al tipo di garanzia prestata dai FIDEIUSSORI, ove si consideri che la clausola n. 7 della fideiussione costituisce una clausola c.d. solve et repete, che – pur non conferendo alla fideiussione il carattere di garanzia autonoma, non essendo stati i garanti privati del potere di sollevare eccezioni relative alla validità ed efficacia del rapporto principale – consente comunque alla BANCA di esigere immediatamente il pagamento del dovuto da parte dei medesimi. Essendo, come detto, la fideiussione del 19.03.2014 del tipo “a prima richiesta” è, pertanto, sufficiente, per non incorrere nella decadenza sancita dall’art. 1957 c.c., una richiesta stragiudiziale di pagamento, posto che l’inserimento di tale clausola nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16825 del 09/08/2016 e Ordinanza n. 5598 del 28/02/2020). Pertanto, la previsione in merito all’obbligo per il fideiussore di pagare “immediatamente al banco a semplice richiesta scritta” (art. 7 della fideiussione) deve ragionevolmente essere interpretata quale legittima deroga (non totale ma) parziale all’art. 1957 c.c., con la conseguente possibilità di ritenere “sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale” (Cass., 26/09/2017, n. 22346)” (Corte d’Appello di Firenze, Sez. II, sentenza del 26 giugno 2024, n. 1163).

La seconda decisione, invece, è quella pubblicata dalla Corte d’Appello di Firenze, Sez. II, il giorno immediatamente successivo, ossia il 27 giugno 2024, che si inserisce nel solco già tracciato dalla prima pronuncia con la seguente motivazione: “Occorre, quindi, verificare se l’iniziativa assunta nei confronti della debitrice principale sia avvenuta nel rispetto del termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. e con le corrette modalità correlate al tipo di garanzia prestata, ove si consideri che la clausola n. 7 della fideiussione costituisce una clausola c.d. solve et repete (già ritenuta legittima dalla Banca di Italia – allora quale Autorità Garante concorrenza – nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005), che – pur non conferendo alla fideiussione il carattere di garanzia autonoma, non essendo stati i garanti privati del potere di sollevare eccezioni relative alla validità ed efficacia del rapporto principale – consente comunque alla BANCA di esigere immediatamente il pagamento del dovuto da parte dei medesimi. Essendo, come detto, la fideiussione del tipo “a prima richiesta” è, pertanto, sufficiente, per non incorrere nella decadenza sancita dall’art. 1957 c.c., una richiesta stragiudiziale di pagamento, posto che l’inserimento di tale clausola nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, ad una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16825 del 09/08/2016 e Ordinanza n. 5598 del 28/02/2020). Pertanto, la previsione in merito all’obbligo per il fideiussore di pagare “immediatamente al banco a semplice richiesta scritta” (art. 7 della fideiussione) deve ragionevolmente essere interpretata quale legittima deroga (non totale ma) parziale all’art. 1957 c.c., con la conseguente possibilità di ritenere “sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale” (Cass., 26/09/2017, n. 22346)”.

La terza decisione citata è della Corte d’Appello di Venezia la quale, con sentenza del 17 settembre 2024, ha riconosciuto, seppur in via incidentale, come astrattamente possibile qualificare la clausola di pagamento “a prima richiesta” come solve et repete: “E’ pur vero che una “limitazione della facoltà di opporre eccezioni” può atteggiarsi in forme diverse, essendo astrattamente configurabile non solo quando il contratto contiene la rinuncia preventiva del consumatore al potere di proporre un’eccezione riconosciutagli dalla legge o subordina a una o più condizioni volontarie o all’esecuzione di una prestazione (solve et repete) il potere del consumatore di sollevare un’eccezione che, a termini di legge, può essere esercitata senza sottostare a quelle condizioni, ma anche quando il contratto regola il contenuto del rapporto tra professionista e consumatore in modo differente da quello previsto dalla legge ed esclude per incompatibilità una o più eccezioni che astrattamente il consumatore avrebbe facoltà di proporre, ipotesi quest’ultima alla quale appare riconducibile la clausola di pagamento “a semplice richiesta scritta” (Corte d’Appello di Venezia, Sez. II, sentenza pubblicata in data 03 ottobre 2024 n. 1726/2024).

E ciò in un contesto in cui, già a marzo 2024, sempre la Corte d’Appello di Venezia aveva precisato che: “la clausola di cui all’art. 7 consente al creditore, per evitare la liberazione del fideiussore, di rivolgere le proprie istanze nei confronti di quest’ultimo e non anche nei confronti del debitore principale e, derogando alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di azione giudiziaria), di farlo “a semplice richiesta scritta”. Detta clausola non attribuisce al negozio la qualifica di contratto autonomo di garanzia, incompatibile con lo schema della fideiussione, ma costituisce valida manifestazione di autonomia negoziale, esprimendo la volontà delle parti di rendere superflua, al fine di evitare che maturi la decadenza di cui all’art. 1957 c.c., l’iniziativa giudiziaria che, invece, è ordinariamente necessaria, a norma della citata disposizione, per escludere l’estinzione della garanzia (v. Cass. n. 7345 del 01/07/1995 e Cass. n. 22346 del 26/09/2017)” (Corte d’Appello di Venezia, Sez. II, sentenza del 01 marzo 2024, n. 438).

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Dunque, un segnale molto chiaro su come, in un contesto giurisprudenziale quale quello che ci occupa, governato da un forte contrasto in ordine ai presupposti per la qualificazione delle fideiussioni omnibus come contratti autonomi di garanzia, la giurisprudenza sia stata in grado, con il tempo, di offrire una rilettura conservatrice degli effetti della clausola di deroga del termine di decadenza di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c.

Ed è proprio questa la vera novità.

Se, infatti, riteniamo che una mera clausola di pagamento “a prima richiesta” sia, in realtà, una solve et repete, questa, pur non conferendo alla fideiussione il carattere di garanzia autonoma, non essendo stati i garanti privati del potere di sollevare eccezioni relative alla validità ed efficacia del rapporto principale, dovrà comunque essere intesa quale valida clausola di deroga del termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c.

Per concludere, anche laddove tale clausola (di deroga) venisse dichiarata nulla perché contraria alla normativa antitrust, e anche non potendo qualificarsi la fideiussione dedotta in giudizio quale contratto autonomo di garanzia, il creditore potrà pur sempre pretendere dal fideiussore il pagamento dell’importo garantito.

Il che, peraltro, è la conclusione condivisa da una parte dei Tribunali intervenuti in materia sempre nel corso del 2024.

Solo per citarne alcuni, questo è quanto deciso:

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

  • dal Tribunale di Bergamo, Sez. III, con le sentenze del 26 e del 29 febbraio 2024, rispettivamente nn. 488 e 570: “Cionondimeno, la garanzia oggetto di causa – pur mantenendo il nomen iuris di “fideiussione” – opera a semplice richiesta, vale a dire secondo il meccanismo solve et repete di cui all’art. 1462 c.c., e ciò in ragione del fatto che – per quel che qui rileva – il fideiussore si è impegnato al pagamento “immediatamente” e “a semplice richiesta scritta”, così come espressamente indicato all’art. 8 della fideiussione dallo stesso sottoscritta (v. doc. 8, fasc. monit.). In altre parole, l’opponente non si è precluso, in termini assoluti, qualsiasi resistenza alle pretese della Banca creditrice, bensì si è impegnato a pagare “immediatamente” e “a semplice richiesta scritta”, rinunciando a resistere al momento della richiesta del pagamento dell’obbligazione garantita, mantenendo ferma la facoltà di agire per la ripetizione di quanto pagato in modo (asseritamente) indebito. Non appare possibile una diversa interpretazione delle espressioni da ultimo citate, le quali letteralmente delineano un’obbligazione di pagamento che segue direttamente, senza interposizioni di tempo o di altri fatti, a una richiesta (semplice) del creditore”;
  • dal Tribunale di Ancona, Sez. II, con la sentenza del 06 maggio 2024, n. 933: “Si osserva, infatti, che la clausola di cui all’art. 6 del contratto in questione non prevede affatto l’obbligo per il garante di pagare a semplice richiesta scritta “e senza eccezioni” -locuzione invero del tutto assente- ma solo di pagare “a semplice richiesta scritta”. Il tenore della clausola in esame conduce dunque alla qualificazione del contratto in esame, non già in termini di contratto autonomo di garanzia, bensì come fideiussione con clausola “solve et repete”, ove il fideiussore può sempre, anche se solo dopo aver pagato, opporre al creditore le eccezioni attinenti all’esistenza e alla validità del credito. La clausola “a prima richiesta” o “a semplice richiesta scritta” comporta, infatti, l’impegno del garante a pagare non appena il creditore gliene faccia richiesta a seguito dell’inadempimento del debitore principale, con la facoltà di ripetere, successivamente, quanto indebitamente corrisposto. Tale tipologia di pattuizione, disciplinata dall’art. 1462 c.c., non comporta ipso iure la riqualificazione di un’obbligazione accessoria in obbligazione astratta, dal momento che in seguito al pagamento si possono far valere le eccezioni relative al rapporto principale, ma senz’altro ha come effetto dirimente quello di attenuare l’accessorietà dell’obbligazione secondaria. Può quindi osservarsi come si delineino tre figure negoziali che possono essere disposte secondo un ordine di progressiva attenuazione delle eccezioni che il garante può opporre al creditore in caso di richiesta di adempimento da parte di quest’ultimo”;
  • dal Tribunale di Latina, Sez. II, con la sentenza del 27 giugno 2024, n. 1411: “Diverso è il meccanismo della clausola solve et repete in quanto in forza di essa il garante, a seguito della richiesta del beneficiario, paga una somma equivalente al debito originario e può far valere le eccezioni radicate nel rapporto principale esercitando l’azione di ripetizione contro il creditore dopo aver corrisposto la somma promessa. La fideiussione con clausola solve et repete realizza solo la causa cavendi, seppure rafforzata dal meccanismo del differimento delle contestazioni ad un momento successivo al pagamento, mentre la causa cauzionale è ascrivibile al solo contratto autonomo di garanzia (così Cass., n. 8324/2001). Le considerazioni che precedono conducono alla conclusione per la quale la clausola a prima richiesta, ove sia impiegata da sola, ossia non congiuntamente alla clausola “senza eccezioni”, non può essere considerata un indice della recisione della garanzia dal rapporto fondamentale e, quindi, un elemento sintomatico che consente la sussunzione del negozio nel contratto autonomo di garanzia, ma, in assenza di elementi che denotino l’autonomia dell’obbligazione del garante, vale a connotare la garanzia in termini di fideiussione con clausola solve et repete”.

In definitiva, nonostante l’intervento delle Sezioni Unite n. 41994/2021 in punto di nullità per violazione della normativa antitrust di alcune clausole delle fideiussioni omnibus, tra cui, per l’appunto, quella di deroga del termine di cui all’art. 1957 c.c., oggi possiamo senz’altro affermare che, al ricorrere di determinate condizioni, la possibilità che tale clausola sia tacciata di nullità e, conseguentemente, dichiarata nulla, spaventa meno di un tempo.

In ogni caso, sarà necessario osservare la giurisprudenza che interverrà in argomento nel corso del nuovo anno per verificare se tale orientamento riuscirà ad affermarsi.

 

[1] Tra la giurisprudenza di Legittimità si vedano: Cass. civ., Sez. III, 31 maggio 2021, n. 15091; Cass. civ., Sez. I, 29 febbraio 2024, n. 5478. Tra la giurisprudenza di merito, invece, si segnalano le seguenti pronunce: Corte d’Appello di Caltanissetta, Sez. I, 23 maggio 2023, n. 179; Tribunale di Bergamo, Sez. III, 12 aprile 2023, n. 771; Tribunale di Roma, Sez. II, 27 febbraio 2023, n. 3228; Tribunale di Milano, Sez. Specializzata Imprese, 02 gennaio 2023, n. 17; Corte d’Appello di Napoli, Sez. IX, 14 settembre 2022, n. 3779; Corte d’Appello di Napoli, Sez. III, 27 luglio 2022, n. 3542; Tribunale di Forlì, Sez. II, 28 aprile 2022, n. 395; Corte d’Appello di Venezia, Sez. II, 01 febbraio 2022, n. 222; Tribunale di Arezzo, 01 aprile 2020, n. 254.

[2] In questa direzione, tra le tante, si vedano: Tribunale di Trani n. 1354/2024; Tribunale di Salerno, Sez. I, sentenza 15 luglio 2022, n. 2610; Tribunale di Salerno, Sez. I, 26 aprile 2022, n. 1434; Tribunale di Latina, Sez. I, sentenza 21 agosto 2020, n. 1583; Tribunale di Milano, sentenza 24 gennaio 2020.

[3] Cfr., ex multis: Tribunale Napoli, Sez. Specializzata Imprese, sentenza 27 gennaio 2024, n. 979; Corte d’Appello di Napoli, Sez. III, 17 gennaio 2023, n. 184; Tribunale di Vicenza, Sez. I, 07 dicembre 2022, n. 2105; Corte d’Appello di Torino, Sez. I, 19 maggio 2022 n. 549.

[4] Cfr., tra i tanti, MIRAGLIA, voce. Solve ed Repete, in Enc. dir. Milano, 1990, XLII, 1255 p. ss., secondo cui: “un’applicazione notevole del principio del solve et repete si trova nella fideiussione con clausola di pagamento a prima richiesta, per effetto della quale il fideiussore, in deroga all’art. 2945 c.c., non può opporre le eccezioni del debitore principale al creditore che esiga il pagamento immediato. In tale fattispecie si ritiene che l’azione di rivalsa spetti al fideiussore, sicché il patto integra strettamente l’ipotesi prevista dalla norma dell’art. 1462 c.c.”.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link