Quarticciolo, migliaia in piazza contro il «modello Caivano»

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«Quarticciolo alza la voce». Con questo slogan ieri migliaia di persone sono scese in piazza nel quartiere, periferia est di Roma, per protestare contro l’implementazione nell’area del «modello Caivano» decisa dal governo Meloni. Ieri, infatti, scadevano i 60 giorni entro cui il commissario straordinario nominato dall’esecutivo, Fabio Ciciliano, avrebbe dovuto presentare i piani di intervento per le sette aree interessate dal decreto Caivano bis, varato prima di Natale in consiglio dei ministri. Il provvedimento ha stanziato 180 milioni per interventi infrastrutturali nei sette territori: Rozzano (Milano), Scampia (Napoli), Orta Nova a Foggia, Rosarno a Reggio Calabria, San Cristoforo a Catania e Borgonuovo a Palermo. Oltre al Quarticciolo. È qui che il disegno progettato dall’esecutivo ha incontrato le resistenze maggiori, dovute sia alla mobilitazione degli abitanti sia al matrimonio forzato che il governo si è trovato a dover stringere con l’amministrazione capitolina. Il comune, infatti, aveva già stilato un piano di intervento in collaborazione con le realtà sociali del quartiere e il dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale (Dicea) dell’università La Sapienza. Un dossier ora sul tavolo, mentre il sindaco di Roma Gualtieri si è proposto come subcommissario per il territorio. Meloni per ora ha preso tempo, prorogando di 30 giorni la presentazione dei piani di intervento e le nomine dei subcommissari, ora attesi per il primo aprile.

OLTRE CINQUEMILA PERSONE si sono mosse ieri da piazza del Quarticciolo, davanti ai locali dell’ex questura che ospita il Doposcuola popolare, già oggetto di notifica di sgombero. In testa lo striscione recitava «Cambiamo davvero Quarticciolo», mentre il corteo si è snodato lungo le vie del quartiere fino a incrociare via Palmiro Togliatti: la strada, sei corsie, separa il Quarticciolo dal resto della città e per questo viene ironicamente chiamata «lo Stige» dai residenti. «Chiediamo interventi reali, non passerelle spot, abbiamo le idee chiare e sappiamo quali sono gli interventi necessari» dice Pietro Vicari, di Quarticciolo ribelle. Presenti anche il segretario del Pd romano Enzo Foschi, con la deputata Michela Di Biase e il presidente del Municipio V Mauro Caliste.

LE ADESIONI sono arrivate da tutta Italia, tra realtà sociali e politiche, ma l’organizzazione ha chiesto che si sfilasse tutti insieme, senza spezzoni né sigle. Tra i manifestanti anche Sembrette, madre di una delle due famiglie sfrattate martedì scorso; entrambi i nuclei vivevano in occupazione abitativa all’interno di un edificio popolare, che al momento dell’ingresso avevano trovato abbandonato. «Io e la mia famiglia, composta da mio marito e le mie due figlie, 17 e 14 anni, siamo in lista per una casa popolare da 17 anni – spiega -. La prima domanda l’abbiamo mandata nel 2008, la seconda nel 2010, ci hanno detto che la lista è lunga, ma dopo tutto questo tempo non ci hanno assegnato una casa». Al momento dello sfratto, operato da circa trecento agenti per due famiglie, hanno lasciato pochissimo tempo per recuperare le loro cose: «Due ore per raccogliere nove anni di vita», conclude. La famiglia rimane avente diritto alla casa popolare, ma allo sfratto non è stata accompagnata una ricollocazione.

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A SCANDIRE GLI SLOGAN i tamburi del collettivo di fabbrica toscano Gkn, venuti per l’occasione da Campi Bisenzio: «A Quarticciolo c’è un piano, così come noi operai abbiamo un piano senza avere una fabbrica». Irene è venuta da Caivano, il territorio che per primo ha visto l’arrivo delle misure emergenziali del governo: «Dall’inizio degli interventi l’insicurezza sociale non è diminuita, la droga si è solo spostata nei comuni limitrofi ma i problemi sono rimasti. Vorremmo prendere esempio dal Quarticciolo e creare una comunità che si sostenga». Il cortocircuito tutto repressivo del modello Caivano è già nel suo nome, dice Vanessa Bilancetti di Non una di meno Roma: «Questo decreto nasce dallo stupro di due ragazzine, vigileremo che nelle misure programmate ci siano centri antiviolenza o iniziative contro la violenza di genere. E non è detto che siano in cantiere nei sette territori».



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