Sono passati appena 2 mesi dall’inizio dell’anno, con poche gare internazionali, ma comunque di ottimo livello, e già diversi record nel trail sono stati abbattuti. Se poi teniamo conto degli ultimi 2 anni, i tempi nel trail e nell’ultra trail sono migliorati costantemente, seguendo il trend in tutti gli sport di resistenza, o forse ancora meglio, vista la relativa giovane età della disciplina.
Quest’anno sono già stati abbassati i tempi di Hong Kong 100 Ultra, Black Canyon 100K, Tarawera Ultra-Trail e Transgrancanaria. Lo scorso anno i nuovi record su percorsi storici sono stati tanti, tra cui quelli di Katie Schide all’UTMB, Ludovic Pommeret all’Hardrock, David Roche alla Leadville, David Sinclair e Rachel Drake alla JFK 50 mile, Finlay Wild al Trofeo Kima, e tanti altri ancora, spesso battendo tempi che si pensava fossero quasi imbattibili.
Troppo facile pensare a pratiche illegali, che, purtroppo, sì ci sono state e potranno esserci ancora in futuro, ma è un pensiero un po’ pigro e che non tiene in considerazione tantissimi altri fattori importanti e che possono spiegare con efficacia i miglioramenti che stanno avvenendo non solo tra i migliori al mondo, ma anche nella media dei partecipanti. A cosa sono dovuti quindi questi miglioramenti nel trail running? Proviamo a capirlo.
Professionismo e livello competitivo
Fino all’arrivo di Kilian Jornet, il mondo dell’ultratrail era considerato uno sport per amatori, magari di una certa età. Se nel mountain running e nello skyrunning il livello atletico era già alto, dopo la prima vittoria del catalano all’UTMB nel 2008, anche nelle gare ultra la competizione si è progressivamente alzata.
Negli anni più recenti, infine, sempre più atleti giovani, spesso provenienti da distanze più brevi, come appunto short trail e skyrace, e con ottimi tempi su strada e pista, si sono cimentati con successo nell’ultratrail, trasformando quelle che erano gare di sola resistenza fisica e mentale in eventi dove la velocità è fondamentale.
In parallelo a questo, è costantemente avvenuta anche una sempre maggiore professionalità nello sport. Anche se, attenzione, non tutti i migliori trail runners del mondo sono professionisti a tempo pieno (e comunque è sempre bene ricordare che chi è forte non lo è in quanto professionista, ma chi diventa professionista lo fa perché forte).
Allenamenti e materiali
Il professionismo nel mondo del trail ha portato anche ad una maggiore attenzione nell’allenamento e in tutto quello che ruota attorno alla prestazione. La conoscenza più approfondita delle metodiche di allenamento è alla base dei miglioramenti anche in tutti gli altri sport di resistenza. Una migliore distribuzione delle intensità e il costante controllo della forma fisica e del recupero hanno portato a continui miglioramenti, sebbene non ci sia un solo fattore determinante.
Ci sono infatti atleti che performano grazie a grandi volumi, altri grazie ad allenamenti ad alta intensità, chi fa molto strength training e chi nulla, chi fa molta intensità in pista e chi con molto dislivello, chi preferisce soltanto correre e chi pratica molto cross training, chi è seguito metodicamente con costanti test all’avanguardia e chi usa metodi artigianali… Insomma, un miglioramento generale delle conoscenze e nella pratica, ma niente di condiviso da tutti e che spieghi ogni progresso.
Hanno forse una minor rilevanza, ma sono comunque importanti i miglioramenti nei materiali. Scarpe più performanti, ma soprattutto più comode, più sicure, più adatte a percorsi con caratteristiche diverse, sono fondamentali nel trail running. Stessa cosa per zainetti più comodi e leggeri, con l’utilizzo di bastoni sempre più necessario in ultra alpine, tutte cose che sommate aiutano di certo le prestazioni.
Conoscenza dei limiti
Soprattutto nel mondo dell’ultra trail, anche a causa di pochi studi scientifici e scarse conoscenze, per anni non si è saputo quanto fosse realmente possibile spingersi negli allenamenti e in competizione.
Accumulare ore di dislivelli sembrava pericoloso per le ginocchia, osare su certi ritmi sembrava impossibile e un sicuro metodo per “esplodere”, la paura di farsi male e di non sapere in che condizioni si sarebbe potuta finire una gara di svariate ore ha spesso (giustamente) frenato le ambizioni.
Alimentazione e integrazione
Questo è forse il fattore più importante e probabilmente da molti ancora il più sottovaluto in assoluto, soprattutto in gara, e probabilmente l’unico elemento in comune tra tutti i miglioramenti delle prestazioni, nel trail running, ma anche nel ciclismo e nel triathlon, per esempio.
Ecco perché competizioni che una volta sembravano solo una gara di resistenza ora stanno diventando sempre più gare di velocità. Sebbene ci siano ancora atleti che affrontano con buoni risultati competizioni con diete restrittive come quella chetogenica, è quasi uniformemente provato da studi e dall’esperienza degli atleti di ogni livello quanto l’integrazione di carboidrati durante lo sforzo permetta di sostenere ritmi più alti e più a lungo, e con migliore recupero.
Queste migliori conoscenze dell’alimentazione sportiva permettono anche di allenarsi in modo più efficace, ottimizzando così ogni singola seduta e portando a un circolo virtuoso che aiuta a continuare la progressione delle prestazioni, incentivando atleti a spingersi ancora oltre, e così via…
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