Risparmio, sui conti correnti degli italiani quasi 20 miliardi di euro in più nel 2024

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Torna a salire la liquidità sui conti correnti degli italiani: quasi 20 miliardi di euro in più in un anno. Lo dice un rapporto della Fabi, la federazione autonoma bancari italiani, pubblicato oggi 1° marzo.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Dopo due anni consecutivi di contrazione, nel 2024 il saldo complessivo dei salvadanai di famiglie e imprese ha registrato un incremento, attestandosi a 1.363,6 miliardi, in aumento di 19,8 miliardi rispetto ai 1.343,8 miliardi del 2023, pari a una crescita dell’1,5%. Un dato che segna un’inversione di tendenza rispetto al biennio precedente, durante il quale l’erosione dei risparmi liquidi era stata determinata dal forte rialzo dell’inflazione e dal conseguente aumento del costo della vita. Tra il 2021 e il 2023, infatti, le famiglie e le imprese hanno progressivamente attinto alle proprie riserve per far fronte al caro-prezzi, con una riduzione della liquidità disponibile sui depositi bancari di 136,3 miliardi (-9,2%) rispetto al picco di 1.480,1 miliardi registrato nel 2021. Nonostante la ripresa degli ultimi dodici mesi, i livelli attuali restano inferiori a quelli del 2021, con un divario ancora pari a 116,5 miliardi (-7,9%). L’andamento segnala, dunque, una fase di ricostituzione del risparmio, in un contesto di minore pressione inflazionistica e con tassi di interesse ancora elevati, fattori che stanno influenzando le scelte finanziarie di famiglie e imprese. Il taglio dei tassi d’interesse deciso dalla Bce fa ripartire i mutui: negli ultimi sette mesi del 2024 i prestiti per la casa sono aumentati di 5,3 miliardi di euro, in crescita dell’1,3% dai 420,8 miliardi di maggio ai 426,1 miliardi di dicembre. La seconda parte del 2024, dunque, segna l’inversione di tendenza per il credito bancario destinato all’acquisto di abitazioni: nei primi cinque mesi dello scorso anno, infatti, lo stock di questa categoria di finanziamenti era calato di quasi 4 miliardi (-0,9%). Dunque, due buone notizie: la maggiore liquidità, detenuta in banca da famiglie e imprese, possono aumentare i consumi e anche gli investimenti: quindi può salire il pil; e, con la crescita dei mutui, il mercato immobiliare, fondamentale per la economia del Paese, avrà una spinta significativa. L’effetto della politica monetaria della Banca centrale europea, misurato da fine 2021, però, si è tradotto in una contrazione complessiva del credito ai privati di quasi 60 miliardi (-4,5%) da 1.325,9 miliardi a 1.266,9 miliardi; meno 10% per i finanziamenti alle imprese.

ECCO COME FAMIGLIE E IMPRESE GESTISCONO OLTRE 2MILA MILIARDI DI LIQUIDITÀ

L’andamento della liquidità bancaria di famiglie e imprese nel 2024, fotografato rielaborando le statistiche della Banca d’Italia, mostra un incremento complessivo dei depositi, con una crescita moderata dell’1,5% per i conti correnti e un aumento più marcato nei depositi a durata prestabilita (+2,7%). Tuttavia, si registra un calo significativo nei pronti contro termine (-10,8%), segnale di un possibile riequilibrio tra forme di risparmio più liquide e strumenti di investimento a breve termine. Se si osservano i dati da una prospettiva aggregata, il totale della liquidità detenuta da famiglie, imprese e altri soggetti ha registrato una crescita dello 0,9%, passando da 2.007,3 miliardi a 2.026,2 miliardi di euro, con una crescita di 18,9 miliardi. Un aumento apparentemente moderato, ma che suggerisce una inversione di tendenza, ora più orientata al consolidamento dei risparmi, in un contesto di contenimento dell’inflazione e di graduale riduzione dei tassi di interesse. L’incremento più marcato si registra nei depositi a durata prestabilita (+2,7%), che continuano ad attrarre maggiore liquidità rispetto all’anno precedente. Ne emerge una maggiore propensione delle famiglie e delle imprese a “parcheggiare” i propri capitali in strumenti con rendimenti più elevati rispetto ai conti correnti, ma senza rinunciare completamente alla sicurezza della liquidità. Allo stesso tempo, la categoria dei pronti contro termine (PCT) ha subito una riduzione di 10,8%, scendendo a 86,7 miliardi di euro. Il calo di questa voce indica un disinvestimento progressivo da strumenti di breve termine con caratteristiche speculative o di tesoreria. La minore convenienza di tali strumenti potrebbe essere attribuibile alla politica monetaria della Bce, che ha iniziato a ridurre i tassi, rendendo meno attrattive queste operazioni di finanziamento.

Se si analizzano i dati suddivisi per categoria di soggetti detentori, emerge che la crescita della liquidità è trainata principalmente dalle aziende (+3,4%), che hanno aumentato i propri depositi di 14,2 miliardi in un anno. L’incremento potrebbe essere ricondotto a una maggiore prudenza delle imprese, che preferiscono mantenere liquidità disponibile per gestire investimenti futuri o in vista di un miglioramento delle condizioni del credito. Anche le famiglie, con un incremento dell’1,1% (pari a 12,3 miliardi), continuano a detenere una quota significativa di risorse in banca, segnalando un atteggiamento ancora prudente nella gestione delle proprie finanze. Tuttavia, l’aumento è più contenuto rispetto a quello delle imprese, segno che l’attenzione dei risparmiatori è sempre più orientata verso soluzioni di investimento alternative, come titoli di Stato e strumenti obbligazionari. Interessante anche la crescita della liquidità nelle onlus (+2,5%), nei fondi pensione (+10,5%) e nelle assicurazioni (+13,9%). Un dato significativo è rappresentato dalla riduzione della liquidità nei fondi di investimento (-4,5%), che hanno visto un deflusso di 13,3 miliardi: potrebbe essere il segnale di una parziale riallocazione del capitale verso strumenti più sicuri e remunerativi, come i depositi vincolati o i titoli di Stato, che nell’ultimo anno hanno offerto rendimenti più interessanti rispetto al passato. Anche gli enti di previdenza hanno registrato un aumento della liquidità detenuta (+7,0%), un chiaro segnale che la stabilità del sistema previdenziale continua a essere una priorità nel panorama economico attuale.

Più nel dettaglio, i conti correnti hanno registrato un incremento di 19,8 miliardi di euro (+1,5%), passando da 1.343,8 miliardi a 1.363,6 miliardi di euro. Anche i depositi con durata prestabilita hanno visto un aumento del 2,7%, raggiungendo i 257,4 miliardi dai 250,7 miliardi del 2023. I depositi rimborsabili con preavviso, una categoria di liquidità più flessibile, hanno registrato una crescita dello 0,9%, con un incremento di 2,8 miliardi, arrivando a 318,3 miliardi. In controtendenza, invece, i pronti contro termine, che hanno subito una riduzione del 10,8%, scendendo da 97,3 miliardi a 86,7 miliardi di euro, evidenziando una minore propensione a detenere strumenti di breve termine per esigenze di liquidità immediata. Il totale complessivo della liquidità in banca è dunque aumentato di 18,9 miliardi di euro (+0,9%), passando da 2.007,3 miliardi a 2.026,2 miliardi di euro. Tornando alla radiografia dei titolari, emerge che la liquidità delle aziende è cresciuta di 14,2 miliardi di euro (+3,4%), passando da 421,6 miliardi a 435,9 miliardi. Anche le imprese familiari hanno visto un lieve incremento dello 0,7%, con un aumento di 589 milioni, portandosi a 83,0 miliardi. Le famiglie, che rappresentano il principale detentore di liquidità nel sistema bancario, hanno aumentato i loro depositi di 12,3 miliardi (+1,1%), arrivando a 1.141,1 miliardi. Tra gli altri soggetti economici, le onlus hanno registrato un incremento della liquidità del 2,5%, con un aumento di 892 milioni, raggiungendo i 36,4 miliardi di euro. Gli enti di previdenza, che comprendono istituti pensionistici e previdenziali, hanno incrementato le proprie riserve di 1,7 miliardi di euro (+7,0%), arrivando a 25,8 miliardi. Il settore delle assicurazioni ha evidenziato la crescita più marcata, con un incremento del 13,9%, passando da 13,5 miliardi a 15,4 miliardi di euro. Anche i fondi pensione hanno registrato un aumento significativo, con un incremento di 698 milioni (+10,5%), arrivando a 7,3 miliardi di euro. Un dato in controtendenza è quello relativo ai fondi di investimento, che hanno registrato un calo del 4,5%, passando da 294,6 miliardi a 281,2 miliardi, con una riduzione di 13,4 miliardi.

SALGONO I MUTUI (+1,5% IN 7 MESI), MA CALANO I FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE (-2,2%)

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Il taglio dei tassi d’interesse deciso dalla Bce fa ripartire i mutui: negli ultimi sette mesi del 2024 i prestiti per la casa sono aumentati di 5,3 miliardi di euro, in crescita dell’1,3% dai 420,8 miliardi di maggio ai 426,1 miliardi di dicembre. La seconda parte del 2024, dunque, segna l’inversione di tendenza per il credito bancario destinato all’acquisto di abitazioni: nei primi cinque mesi dello scorso anno, infatti, lo stock di questa categoria di finanziamenti era calato di quasi 4 miliardi (-0,9%). Un recupero abbondante che coincide con il cambio di passo della politica monetaria e il costo del denaro portato, in più riunioni dell’Eurotower, fino al 2,75% deliberato a gennaio scorso. Ma se le famiglie cominciano a ottenere più ossigeno per investire sul mattone e sul fronte del credito al consumo (con cui si acquistano a rate vari beni e servizi), salito di oltre 3 miliardi (+2,6%), da 123 a 126,1 miliardi, si registra una sforbiciata del 4,1% ai prestiti personali (quelli erogati senza una specifica finalità), passati da 120,5 miliardi a 115,6 miliardi. Quadro negativo, invece, per le imprese: con l’eccezione del credito di breve periodo aumentato di 4,45 miliardi (+3,2%) e di 2,1 miliardi in più (+1,4%) per i prestiti a medio termine, cioè fino a 5 anni, le aziende devono fare i conti con un robusto taglio di 20,4 miliardi (-6,5%) per i finanziamenti di lungo periodo, scesi da 313,9 miliardi a 293,4 miliardi: in totale, lo stock degli impieghi all’imprenditoria è sceso di 13,6 miliardi (-2,2%), da 612,6 miliardi a 598,9 miliardi.

EFFETTO BCE: I PRESTITI AI PRIVATI GIÙ DI 60 MILIARDI IN 3 ANNI, MENO 10% PER LE IMPRESE

Tassi più alti e meno prestiti alla clientela negli ultimi tre anni, L’effetto della politica monetaria della Banca centrale europea, misurato da fine 2021, si è tradotto in una contrazione complessiva del credito ai privati di quasi 60 miliardi di euro (-4,5%) da 1.325,9 miliardi a 1.266,7 miliardi. Il cambio di rotta della Bce sul costo del denaro, iniziata a luglio 2022 con il primo rialzo, ha innescato una progressiva salita dei tassi d’interesse praticati dalle banche alle famiglie e alle imprese, con il costo dei finanziamenti che è diventato più caro. Ne è conseguita una stretta sugli impieghi degli istituti durata quasi due anni, fino a maggio dello scorso anno. Tuttavia, la ripartenza registrata nella seconda parte del 2024, non ha modificato il saldo negativo del triennio. A soffrire di più sono state soprattutto le imprese: i prestiti sono scesi di 64,2 miliardi (-9,7%), da un totale di 663,1 miliardi a 598.9 miliardi. Segno meno per tutti i tipi di finanziamento: 12 milioni in meno per quelli di breve durata (fino a 1 anno) e 8 milioni in meno per quelli di medio periodo (fino a 5 anni). Se queste due categorie sono tornate, a fine 2024, allo stesso livello del 2021, per quanto riguarda i finanziamenti oltre 5 anni, quelli destinati principalmente a sostenere gli investimenti delle aziende, si è registrato un crollo vertiginoso di 64,1 miliardi (-17,9%) da 357,6 miliardi a 293,4 miliardi. A pesare sull’andamento del credito di lungo periodo è stata, con ogni probabilità, la congiuntura internazionale, con la guerra tra Russia e Ucraina che ha cristallizzato un clima di incertezza per l’economia globale. L’instabilità economica mondiale, invece, non ha avuto particolari effetti critici sul credito alle famiglie, che in una prima fase è addirittura aumentato: a fine 2022, il totale era salito a 680,5 miliardi (quasi 8 miliardi in più su base annua) per poi ripiegare a quota 670,4 miliardi a dicembre del 2023 (quasi 10 miliardi in meno in 12 mesi). Se si osserva il dato complessivo del triennio in esame: lo stock dei prestiti alla clientela retail risulta in aumento di 5,1 miliardi (+0,8%), da 662,8 miliardi a 667,9 miliardi. Un risultato che è il frutto di andamenti non omogenei nelle varie categorie di finanziamenti. Il credito al consumo (destinato agli acquisti a rate di automobili, elettrodomestici, smartphone e computer) è aumentato di 14,6 miliardi (+13,2%) da 111,4 miliardi a 126,1 miliardi. Andamento positivo, complessivamente, per i mutui: il totale delle erogazioni delle banche per le compravendite immobiliari è aumentato di 16,3 miliardi (+4,0%) da 409,8 miliardi a 426,1 miliardi. Negativo, invece, il quadro per quanto riguarda i prestiti personali, quelli non destinati a specifiche finalità: in questo ambito c’è stato una diminuzione di 25,8 miliardi (-18,3%) da 141,4 miliardi a 115,6 miliardi.

SILEONI: «SEGNALE POSITIVO, MA LE BANCHE DEVONO REMUNERARE DI PIÙ I DEPOSITI»

«L’aumento della liquidità sui conti correnti è un segnale positivo, che conferma come le famiglie stiano gradualmente ricostituendo i propri risparmi dopo due anni difficili segnati dall’inflazione e dall’aumento del costo della vita. C’è maggiore stabilità finanziaria ed emerge una ritrovata capacità di accumulo, elementi fondamentali per sostenere i consumi e la crescita economica. Una inversione di tendenza che arriva dopo un biennio senza dubbio difficile sia per le famiglie sia per le imprese. L’aumento dell’inflazione ha significativamente eroso il potere d’acquisto degli stipendi e, proprio per questa ragione, è necessario che siano rinnovati tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti, con incrementi capaci di allineare le retribuzioni al nuovo costo della vita. Da parte delle banche, è necessario un cambio di passo: continuano a considerare i conti correnti esclusivamente come strumenti di pagamento, ignorando il loro ruolo essenziale anche come prima forma di risparmio. Il problema è che la liquidità resta parcheggiata senza una reale valorizzazione economica: i tassi sui depositi sono ancora troppo bassi, mentre le banche, come dimostrano anche gli utili del 2024, beneficiano di margini enormi sulla raccolta e quindi sul credito, col margine d’interesse in costante aumento da tre anni. Ai clienti va riconosciuta una remunerazione più equa, allineata all’andamento dei tassi di interesse, per evitare una penalizzazione eccessiva dei risparmiatori. Senza un atteggiamento diverso, le banche mettono a rischio quel rapporto di fiducia che è alla base del settore» commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

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