Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto…
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore
trae fuori il bene.
(Lc 6,44-45)
Un elenco di frasi intense da cui, in tempi di intelligenza artificiale, sarebbe facile ricavare degli efficacissimi meme, ecco che cosa oggi ci offre il brano del Vangelo e la Prima lettura. Ma davvero possiamo limitarci solo a questo? Perché l’evangelista Luca li ha raccolti? C’è un nesso tra questi adagi?
Dipende. E dipende da noi.
Sottolineo un passaggio che si può ricavare sia prima che dopo i versetti proposti oggi dalla liturgia. Queste frasi Gesù le rivolge a chi sta ascoltando. Ed è una premessa importante. Il Vangelo oggi non ci racconta parabole, non ci fa entrare in qualche opera di potenza di Gesù. È come un rotolo che aprendosi ci affida suggerimenti di vita, preziosi consigli, ci strizza l’occhiolino indicando orizzonti al di là delle nostre possibilità.
Quindi la prima domanda da farci è: siamo disposti ad ascoltare? Siamo disposti a farci penetrare dalla sua parola? A lasciarci mettere seriamente a nudo, di fronte a noi stessi, alle emozioni che ci attraversano, ai mondi che ci vivono dentro, alle scelte abituali che quasi senza accorgercene facciamo?
Se siamo disposti ad ascoltare allora queste indicazioni sono per noi.
Entriamoci con il cuore!
Di fronte a noi un cieco, anzi due. E speriamo che nessuno dei due prenda l’iniziativa di guidare l’altro. Un uomo con una pagliuzza nell’occhio e un altro con una trave. E anche per loro dobbiamo ammettere qualche problema di vista. E poi alberi da frutto e uomini alle prese con il proprio cuore.
Ma Gesù parla a chi sta ascoltando, e allora loro siamo noi. Noi e il nostro mondo interiore fatto di cecità, di travi e pagliuzze, di improvvisazione e superficialità, di frutti buoni e frutti cattivi, di parole che sono l’esatto riflesso, o irradiazione di quanto il cuore custodisce.
E allora… quanta consapevolezza abbiamo di quel mondo che si muove dentro di noi a volte nostro malgrado? Sì, certamente, alimentiamo il nostro cuore con Parola di Dio e preghiera, ma quante volte le nostre parole e i nostri gesti sono carichi di veleno che uccide, o di lame che feriscono… nostro malgrado.
Lo ripeto, a voi e a me stessa: quanta consapevolezza abbiamo di quel mondo che si muove dentro di noi?
Perché forse è lì che Gesù, il Maestro, ci sta portando. Lì, sulla soglia della nostra prismatica interiorità, in cui luci e ombre si fondono, nostro malgrado.
Ma come possiamo diventare consapevoli di ciò che siamo e che viviamo? Forse il segreto sta proprio nel versetto 40, che sembra l’unico momento di tutto il brano in cui il ritmo degli adagi si interrompe.
Il discepolo è chiamato a stare alla scuola del maestro e a imparare da lui. E come impariamo?
Impariamo ascoltando, riempiendo non le labbra di parole, fossero pure le più sante, ma riempiendo il cuore di Parola, quella di Dio, quella che penetrando ci cambia, ci crea, fa di noi una nuova creazione.
Lasciamo che sia la Parola a liberare i nostri occhi, a essere il tesoro che permette alla vita di attraversarci e renderci alberi buoni, che danno frutti buoni.
Parla, Signore
Parla, Signore,
e libera gli occhi del nostro cuore
da travi e pagliuzze,
da pulviscoli e cataratte interiori.
Parla, Signore,
e guida il nostro cuore
oltre noi stessi e i nostri blocchi.
Parla, Signore,
e riempi di te la nostra interiorità.
La vita ci attraversi,
e nulla in noi si opponga.
La tua vita ci attraversi,
e nulla in noi ne rallenti la sua opera.
Tu, vita del Padre, attraversaci,
per essere come te, come te,
Vangelo di Dio per questa nostra storia.
Amen.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
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