Incentivi alle auto elettriche? Un regalo all’industria estera

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L’Alto Adige spinge forte sull’elettrico: incentivi per le auto a batteria, soldi pubblici per le colonnine di ricarica, tutto nel nome della transizione ecologica. Sulla carta, una strategia in linea con le direttive europee. Nella realtà, una politica che rischia di trasformarsi in un favore alle industrie straniere, a scapito di quelle italiane ed europee. Il paradosso? Mentre Bruxelles pensa a dazi per frenare l’invasione delle auto cinesi, le amministrazioni locali regalano quote di #mercato a Pechino con incentivi che finiscono dritti nelle tasche dei produttori asiatici.

Guardiamo i numeri. A gennaio 2024, il 19% delle nuove immatricolazioni in Italia è stato elettrico, con oltre il 40% delle vetture provenienti dalla Cina. Marchi come BYD, MG e Nio, fino a pochi anni fa inesistenti in Europa, oggi dominano il mercato grazie a prezzi inferiori del 20-30% rispetto ai concorrenti europei. Un’auto come la BYD Dolphin costa circa 30.000 euro, mentre un modello europeo con caratteristiche simili supera i 35.000. A fare la differenza è il sostegno dello Stato cinese, che finanzia direttamente la produzione e taglia i costi di esportazione. In Alto Adige, dove il 75% delle nuove auto elettriche beneficia di incentivi pubblici, significa che milioni di euro dei contribuenti finiscono per rafforzare l’industria cinese mentre Stellantis, Volkswagen e Renault tagliano posti di lavoro.

C’è poi un problema più grande: la dipendenza strategica. Il 78% delle batterie delle auto elettriche vendute in Europa proviene dalla Cina, che detiene anche il controllo del 70% della produzione mondiale di litio e del 85% della raffinazione delle terre rare. Bruxelles parla di “autonomia strategica”, ma i fatti dicono altro: nel 2023 l’Europa ha importato oltre 200.000 auto elettriche dalla Cina, un aumento del 112% rispetto all’anno precedente. E se domani #Pechino decidesse di limitare l’export o di alzare i #prezzi? L’industria europea si troverebbe senza batterie e senza alternative.

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L’errore è pensare che l’auto elettrica sia l’unica soluzione. Oggi il 94% delle auto in Europa usa ancora motori termici, e le alternative all’elettrico non mancano. L’idrogeno, su cui il Giappone e la 

Corea del Sud stanno investendo miliardi, offre autonomia e ricariche rapide. I carburanti sintetici, promossi da Porsche e Bosch, potrebbero ridurre le emissioni senza stravolgere l’industria. In Alto Adige, dove il 60% dell’energia elettrica proviene dall’idroelettrico, l’idrogeno potrebbe essere una scelta più sensata rispetto a un sistema elettrico che dipende da batterie cinesi.

C’è poi il problema delle #infrastrutture. In Alto Adige ci sono 500 punti di ricarica pubblici, ma per supportare il parco circolante elettrico ne servirebbero almeno 1.200. La distanza media tra due colonnine rapide è di 25 km, troppo per garantire un utilizzo comodo su tutto il territorio. Nel 2023, in Italia si contavano 1.800.000 auto elettriche e solo 45.000 punti di ricarica, con una media di 1 colonnina ogni 40 vetture, ben lontano dagli standard della Norvegia (1 ogni 10). Il rischio? Auto elettriche senza colonnine, tempi di ricarica lunghi, utenti frustrati. Un’operazione fatta al contrario: prima si incentivano gli #acquisti, poi si pensa alle infrastrutture.

Il rischio è chiaro. Continuare su questa strada significa accelerare il declino dell’industria automobilistica europea, favorire la Cina e creare una dipendenza tecnologica che potrebbe rivelarsi fatale. Invece di distribuire incentivi a pioggia, le istituzioni dovrebbero puntare su tre direttrici fondamentali: 

1) Protezione dell’industria locale – evitare che i fondi pubblici finiscano nelle mani dei concorrenti stranieri. Servono incentivi legati alla produzione #europea, per evitare che il mercato venga travolto dall’onda cinese. 

2) Sicurezza economica e geopolitica – ridurre la dipendenza dalla Cina investendo in batterie europee, carburanti alternativi e nuove tecnologie. Se l’UE vuole davvero l’autonomia industriale, deve creare filiere interne e non finanziare la concorrenza. 

3) Pianificazione infrastrutturale – prima le colonnine, poi gli incentivi. Senza una #rete di ricarica efficiente, l’auto elettrica resta un’illusione. L’elettrico è una delle soluzioni, non l’unica. Ma se continuiamo a spingere questa transizione senza criterio, rischiamo di ritrovarci con un’industria in ginocchio, un mercato dominato dai cinesi e una dipendenza strategica che un giorno potremmo pagare a caro prezzo.

✍️ Marco Pugliese

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