Quando scatta il controllo del versamento dei contanti?

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Versamenti in contanti: quando si superano i limiti? Scopri le soglie, gli obblighi di segnalazione e come evitare accertamenti fiscali.

Nell’era della tracciabilità dei pagamenti, l’utilizzo del denaro contante è sempre più sotto la lente d’ingrandimento del Fisco. Ma quando scatta il controllo sui versamenti in contanti? Come evitare segnalazioni, accertamenti e sanzioni?

La normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007) e le disposizioni sull’uso del contante impongono obblighi e limiti, sia per chi effettua pagamenti, sia per gli intermediari finanziari (banche, Poste, ecc.). Questa guida fornirà una panoramica completa sulle regole, sulle soglie di attenzione, sugli indici di anomalia e sulle procedure di controllo, per aiutarti a gestire il denaro contante in modo consapevole e a norma di legge.

Perché stare attenti ai versamenti di contanti sul conto corrente?

L’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973 prevede che i versamenti effettuati su conti correnti bancari siano considerati come ricavi o componenti positivi di reddito, a meno che il contribuente non fornisca prove contrarie adeguate. È quella che si definisce «presunzione legale di reddito»: una presunzione, ovviamente, a favore dell’Agenzia delle Entrate, perché le consente di effettuare un accertamento senza bisogno di procurarsi le prove dell’evasione. Spetta piuttosto al correntista dimostrare il contrario, ossia che le somme versate sul conto non hanno valenza reddituale, e dunque che non andavano dichiarate perché erano esenti o sono già tassate alla fonte, con applicazione della trattenuta prevista.

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Ecco dunque perché bisogna fare attenzione ai versamenti di contanti sul conto corrente, specie se non si hanno prove documentali per dimostrare la provenienza lecita del denaro.

La presunzione relativa ai versamenti sul proprio conto corrente si applica a tutti i contribuenti, inclusi i lavoratori dipendenti, i soggetti disoccupati, i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo (una analoga presunzione, riferita ai prelievi, si applica, invece, soltanto agli imprenditori e ai professionisti).

Quali le prove per evitare controlli sui versamenti di contanti?

Per superare la presunzione legale di reddito, il contribuente deve fornire documentazione adeguata e analitica per ogni singola operazione. La prova deve, quindi, essere scritta e munita di data certa. Lo sono, ad esempio, i contratti registrati o gli atti notarili. Lo sono anche gli assegni e, in generale, tutte le transazioni operate con sistemi tracciabili (bonifici, carte di credito o di debito, vaglia postali, ecc.).

Al contrario, le giustificazioni generiche o non supportate da documentazione non sono sufficienti. Nell’ambito del processo tributario, la prova testimoniale non ha alcun valore e valgono solo le prove documentali, munite di data certa.

C’è un limite ai versamenti in contanti sul proprio conto corrente?

Alla luce di quanto appena detto, i controlli sui versamenti possono scattare sempre, per qualsiasi importo. È tuttavia chiaro che un versamento di poche decine o centinaia di euro non determinerà mai un accertamento fiscale (o quantomeno è poco probabile). E se anche questo dovesse scattare, le sanzioni sarebbero pur sempre proporzionali all’importo (fino al 70% dell’imposta evasa).

Peraltro l’Agenzia delle Entrate può effettuare i controlli entro dei termini di decadenza prefissati dalla legge:

  • per chi non ha fatto la dichiarazione dei redditi: entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere inviata (quindi entro massimo otto anni dal versamento dei contanti);
  • per chi invece ha presentato la dichiarazione dei redditi: entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione stessa (ossia entro massimo sei anni dal versamento).

Esiste un limite di importo ai versamenti sul conto?

Nonostante la possibilità di un controllo fiscale e la presunzione di reddito, non c’è un limite di legge ai versamenti in contanti sul proprio conto corrente. Puoi versare qualsiasi somma. Tuttavia, come anticipato, i versamenti in contanti sono monitorati dall’Agenzia delle Entrate e possono far scattare controlli, soprattutto se:

  • l’importo è elevato: non esiste una soglia precisa oltre i quali scattano i controlli del Fisco, ma è chiaro che i versamenti consistenti (migliaia di euro) attirano maggiormente l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate;
  • provenienti da soggetti non conviventi: nei confronti dei parenti stretti opera la presunzione per cui tutti i bonifici si intendono effettuati in adempimento del dovere di reciproco sostegno (è la cosiddetta solidarietà familiare);
  • i versamenti sono frequenti: tanti piccoli versamenti, anche sotto la soglia, possono essere più sospetti di un unico versamento elevato;
  • Non sono coerenti con il tuo reddito o con la tua attività economica: se versi somme molto superiori a quanto guadagni (in base alla tua dichiarazione dei redditi), il Fisco potrebbe chiederti spiegazioni.

Cosa succede se verso una somma elevata in contanti?

La banca (o Poste Italiane) potrebbe chiederti di compilare un modulo in cui dichiari la provenienza del denaro. Se la somma è pari o superiore a 10.000 euro potrebbe essere inviata anche segnalazione all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Quest’ultima è l’Autorità italiana antiriciclaggio: riceve le segnalazioni di operazioni sospette (SOS) dagli intermediari finanziari e le analizza. Se ritiene che ci siano indizi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, trasmette le informazioni agli organi investigativi.

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Cos’è un’operazione sospetta (SOS)?

L’operazione sospetta è quella che, per caratteristiche, entità, natura, o per altre circostanze conosciute, induce l’intermediario finanziario a sospettare che il denaro, i beni o i diritti oggetto dell’operazione provengano da attività illecite (riciclaggio di proventi di delitti, evasione fiscale, ecc.) o siano destinati a finanziare il terrorismo.

Quali sono gli indici di anomalia che possono far scattare una SOS?

La Banca d’Italia ha emanato, e aggiorna periodicamente, degli «indici di anomalia» che aiutano gli intermediari finanziari a individuare le operazioni sospette. Ecco alcuni esempi, relativi ai contanti:

  • ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non eccedenti la soglia di legge;
  • prelievo o versamento in contante di importi elevati (pari o superiori a 10.000 euro);
  • operazioni frazionate (tanti piccoli versamenti/prelievi per rimanere sotto la soglia);
  • operazioni non coerenti con il profilo economico-patrimoniale del cliente;
  • operazioni effettuate per conto di terzi in assenza di un giustificato motivo.

Cosa succede se la banca invia una SOS?

Se la banca invia una SOS all’UIF, quest’ultima analizza la segnalazione. Se la ritiene fondata, può:

  • trasmetterla al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e/o alla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) per gli accertamenti;
  • trasmetterla all’Agenzia delle Entrate, se ci sono indizi di evasione fiscale.



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