sul podio dei debiti matematica, inglese e fisica. E gli alunni delle medie non sanno più scrivere in corsivo

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TREVISO – La matematica per molti resta una bestia nera. Non va tanto meglio in inglese e fisica. Si fa fatica anche in italiano. E non manca neppure qualche “rimandato” in storia. Sono queste, nell’ordine, le materie apparse più di frequente l’anno scorso tra i debiti degli studenti delle scuole superiori che a giugno si sono ritrovati con la sospensione del giudizio. Cioè con il vecchio “rimandato a settembre”. Quasi uno studente su due con almeno un debito, in particolare, è stato chiamato a recuperare matematica (49,9%). C’è stato un vero e proprio boom: l’anno precedente ci si era fermati a meno di uno su tre (30,6%). Numeri sostanzialmente in linea con i risultati degli ultimi test Invalsi: un terzo degli studenti trevigiani di terza media e di quinta superiore non ha acquisito le necessarie competenze in matematica e italiano.


Le bocciature

Non solo. La scuola della Marca, come emerso dal report sugli esiti degli scrutini finali dell’ufficio scolastico regionale, ha anche il record di bocciati in Veneto. Si parla del 7,4%, contando gli esiti negativi riguardanti sia le non ammissioni alla classe successiva che il mancato superamento degli esami di Stato. Vuol dire poco meno di 2.900 ragazzi fermati su circa 39mila. Gli istituti con più bocciati tra il primo e il quarto anno sono stati quelli tecnici (11,4%) e professionali (10,1%). Entrambi picchi assoluti in Veneto. E i licei completano il quadro (5,2%). Detto che ovviamente una bocciatura non rappresenta una tragedia assoluta, anzi, spesso può rivelarsi fondamentale nel percorso di studi, gli interrogativi non hanno tardato a spuntare.

 

L’analisi

«La bocciatura rappresenta sempre un po’ una sconfitta non solo per i ragazzi ma anche per la scuola – è l’analisi di Paola Bortoletto, già dirigente dell’Ic di Spresiano, oggi presidente di Andis, l’associazione nazionale dei dirigenti scolastici – va chiarito che non nasce mai dalle ultime verifiche, ma da un percorso con una serie di ostacoli. Ci sono strumenti come i corsi di recupero personalizzati e i laboratori, rafforzati anche dal Pnrr. Il problema, però, è reso ancora più grande da classi numerose, difficili da gestire, con ragazzi che appaiono più stanchi, meno motivati e con una scarsa collaborazione da parte delle famiglie». Non è tutto nero. C’è qualche piccolo segnale di recupero dopo la bufera dell’emergenza Covid, con annessa didattica a distanza. L’auspicio è che si continui a investire per potenziare i presidi psicologici all’interno delle scuole. «Sono importanti per intercettare e sostenere le difficoltà, accompagnando anche i docenti, nel caso», sottolinea la preside. Senza ridurre il numero di docenti. Alle superiori l’inverno demografico non si è ancora fatto sentire in modo pesante. Accadrà nei prossimi anni. Ma intanto non mancano altri nodi. A cominciare dal numero di supplenti: negli istituti statali della Marca sono complessivamente 3.150 su un totale di circa 9mila. In proporzione, non c’è un’altra provincia in Veneto con più supplenti. «Il calo demografico non ha ancora avuto un forte impatto sulle superiori – specifica Bortoletto – in questo quadro, è importante mantenere l’organico stabile, in modo equilibrato, senza che all’aumento dei posti di sostegno corrisponda di fatto una diminuzione dei posti comuni». Altrimenti verrebbe meno quello che forse è l’unico aspetto positivo del calo demografico: la possibilità di allestire classi meno numerose.

Il corsivo

Ci sono poi le sfide legate alle nuove tecnologie. Gli smartphone stanno decretando l’addio al corsivo. «Alle medie ci sono classi dove solo un alunno su dieci sa scrivere in corsivo – rivela una professoressa – è uno degli effetti dell’emergenza Covid su chi in quel periodo stava frequentando le elementari. Per farci capire a volte siamo costrette a scrivere le consegne in stampatello». Ultimo, ma non ultimo, le aziende chiedono alle scuole di fare dei passi nella loro direzione, in modo da preparare giovani pronti a entrare nel mondo del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro, le competenze trasversali, serve proprio a questo. Ma l’appello è a non esagerare. «Le scuole hanno già fatto molto per migliorare l’orientamento dei ragazzi – conclude la presidente Bortoletto – bisogna però considerare che il mondo del lavoro è sempre più fluido: l’aspetto fondamentale è dare ai ragazzi gli strumenti per essere flessibili e sempre in grado di reinventarsi».





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