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Clima, c’è del green in Danimarca: carbon tax alle emissioni agricole #finsubito prestito immediato


La Danimarca affronta la transizione verde in agricoltura con un piano d’azione che può rappresentare un punto di riferimento per gli altri paesi. Il governo danese ha annunciato in questi giorni l’introduzione a partire dal 2030 di una carbon tax sulle emissioni di gas serra prodotte dal settore agricolo. Si tratta di una tassa unica nel suo genere, accompagnata da sussidi per agricoltori e allevatori, per favorire gli investimenti in processi produttivi più puliti. L’agricoltura contribuisce al riscaldamento climatico attraverso la produzione di anidride carbonica e metano, ma subisce in misura crescente gli effetti del cambiamento climatico in atto. In questi anni non è stato facile far passare l’idea che, senza una messa in discussione dell’attuale modello di produzione in campo agricolo, non si può affrontare con successo la transizione ecologica.

IN EUROPA SI STA FACENDO MARCIA INDIETRO su gran parte delle misure che dovevano stimolare produzioni agricole più sostenibili e mirate alla salvaguardia degli ecosistemi. Ora, l’iniziativa danese suona come un importante richiamo a perseguire in campo agricolo le misure necessarie per il contenimento dei gas serra e favorire il ripristino della natura nei territori dove le attività agricole hanno avuto l’impatto maggiore. Tutti i partiti che sostengono il governo danese hanno approvato le misure per tassare le emissioni del settore agricolo, sulla base di quello che è stato denominato Accordo tripartito verde. Si tratta di un vasto piano agricolo che è stato sottoscritto prima dell’estate tra il Governo, il Consiglio danese per l’agricoltura e l’alimentazione e la Società danese per la conservazione della natura.

L’ACCORDO PREVEDE: RIDUZIONE DEI GAS serra del settore agricolo pari a 1,8 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030, corrispondente a un taglio del 70% rispetto agli anni ’90; restituzione dei proventi della tassa alle imprese agricole per sostenere la transizione verde del settore; creazione di 250 mila ettari di nuove foreste e aree verdi fino a coprire il 10% della superficie del paese; il raggiungimento di almeno il 20% di natura protetta, salvaguardando le zone umide che sono importanti serbatoi di carbonio; lo stanziamento di una somma pari a 5 miliardi di euro per finanziare progetti di riconversione fondiaria; sovvenzioni per 1,6 miliardi di euro fino al 2045 per l’adozione di nuove tecnologie per il trattamento e lo stoccaggio dei residui organici provenienti dalle attività agricole. Ora il provvedimento dovrà essere votato dal Parlamento.

PRIMA DELLA DANIMARCA ERA STATA la Nuova Zelanda, dove i gas serra provenienti da agricoltura e allevamento rappresentano quasi il 50% del totale nazionale, a cercare di introdurre una tassa. Ma la difficoltà a stabilire un accordo tra le parti interessate aveva indotto il governo a rinunciare.

IN DANIMARCA, ANCHE SE NON SONO mancate polemiche e proteste da parte di chi giudicava la misura come il «colpo di coda del New Deal», si sono create le condizioni favorevoli per arrivare a una intesa tra governo, associazioni ambientaliste, produttori agricoli. Il territorio danese è stato interessato negli ultimi decenni da profonde trasformazioni, col ridimensionamento di aree naturali per favorire agricoltura e allevamento. La conseguenza è stata un aumento notevole delle quantità di anidride carbonica e metano immesse nell’atmosfera. Secondo un rapporto del Parlamento, circa il 60% del territorio è attualmente coltivato, un indice tra i più alti al mondo.

IL MILIONE E MEZZO DI BOVINI ALLEVATI ha fatto della Danimarca una potenza nel settore lattiero-caseario, ma le flatulenze degli animali e la fermentazione del letame contribuiscono in misura notevole alle emissioni di metano. Il gruppo di lavoro che ha operato per il raggiungimento dell’accordo ha stimato che, in assenza di misure di contenimento, alla fine di questo decennio il settore agricolo arriverebbe a produrre più del 40% delle emissioni totali nazionali. La tassa sulle emissioni che agricoltori e allevatori dovranno pagare rientra tra le misure di contenimento e corrisponde, considerando le detrazioni fiscali del 60% sul reddito a cui avranno diritto, a 16 euro per tonnellata di CO2 equivalente dal 2030 e a 40 euro dal 2035.

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LARS AAGAARD, MINISTRO DANESE del clima, energia e servizi pubblici, presente alla Cop29 di Baku, ha affermato: «Il settore agricolo deve contribuire ed essere parte del futuro verde. Tutte le parti sono scese a compromessi e hanno trovato soluzioni a lungo termine. Con questo accordo stiamo cambiando la mappa della Danimarca, creando un paese più verde e una agricoltura più rispettosa dell’ambiente». Per Maria Reumert Gjerding, presidente della Società danese per la conservazione della natura si tratta di «un accordo politico che crea un quadro solido per la trasformazione del settore agricolo, importante sia in termini di clima che di ambiente». Merete Juhi, rappresentante degli agricoltori danesi e a.d. del Consiglio danese per l’agricoltura e l’alimentazione ha dichiarato: «La carbon tax danese significa maggiore chiarezza su parti essenziali del quadro normativo e fornisce ora ulteriori incentivi per accelerare la transizione». Sono in molti a parlare di «accordo storico e lungimirante».

SICURAMENTE SIAMO DI FRONTE a un modello di collaborazione che potrebbe servire da esempio per tutti i paesi in cui l’agricoltura e l’allevamento hanno una forte incidenza nella produzione di gas serra. Non mancano le obiezioni circa la pressione economica che la tassa avrebbe sulle produzioni agricole.

LA SOLUZIONE ADOTTATA DAL GOVERNO danese, che consiste nella creazione di un fondo speciale da destinare all’innovazione agricola con i proventi della tassa, è stata l’elemento decisivo per superare le resistenze dei produttori agricoli. La Danimarca è stato anche il primo paese in Europa a varare un piano per una alimentazione più sostenibile. Il governo danese, nel 2023, in un documento ufficiale fissava le linee d’azione per favorire la produzione e il consumo di legumi e verdure per ridurre le emissioni di gas serra e l’impronta climatica. In un paese in cui le produzioni zootecniche hanno un peso rilevante e buona parte del territorio è destinato alla produzione di mangimi per animali, si sta operando per rilanciare le produzioni vegetali destinate all’alimentazione umana, impiegando tecniche agronomiche rispettose di ambiente, clima e salute. Anche questo piano è il risultato della collaborazione tra una trentina di parti interessate (rappresentanti dei consumatori, gruppi ambientalisti, agricoltori, rappresentanti politici).

LA DANIMARCA VA CONTROCORRENTE in campo agricolo rispetto agli altri paesi europei, impegnati a ridimensionare tutti gli obiettivi legati alla transizione verde, con l’Italia in prima fila.



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