Salva Casa, sanatoria semplificata e SCIA in sanatoria: interviene il Consiglio di Stato

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La nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del Testo
Unico Edilizia si applica a tutte le istanze di sanatoria? Che
valore ha il silenzio dell’amministrazione sulla SCIA in sanatoria
presentata ai sensi del successivo art. 37?

Sanatoria semplificata e SCIA in sanatoria: la sentenza del
Consiglio di Stato

Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato con la
sentenza n. 1394 del 19 febbraio 2025 che ha fornito due importanti
chiarimenti in merito:

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  • alla possibilità di applicare retroattivamente l’art. 36-bis
    del d.P.R. n.
    380/2001
    (Testo Unico Edilizia o TUE) introdotto dalla
    Legge n.
    105/2024
    di conversione del D.L. n.
    69/2024
    (Decreto Salva Casa);
  • al valore del silenzio della P.A. sull’istanza di sanatoria
    edilizia ai sensi del successivo art. 37 (SCIA in sanatoria).

Il nodo interpretativo riguarda la possibilità di applicare la
nuova disciplina a istanze di sanatoria presentate prima
dell’entrata in vigore del Decreto Salva Casa, questione sollevata
nell’ambito del giudizio. Possibilità che il Consiglio di Stato ha
immediatamente escluso, chiarendo che la norma non ha portata
retroattiva e che la regola generale resta quella sancita dall’art.
11 delle disposizioni preliminari del Codice Civile: la legge
dispone solo per il futuro, salvo diversa previsione espressa.

L’oggetto del giudizio è la domanda di accertamento
dell’illegittimità del silenzio inadempimento o eventualmente del
silenzio rifiuto serbato dal comune sulla SCIA in sanatoria
presentata il 22 gennaio 2024 (prima dell’entrata in vigore del
Decreto Salva Casa).

Per un corretto inquadramento giuridico-fattuale, il Consiglio
di Stato ha riepilogato i seguenti fatti:

  • con due successive istanze di condono edilizio presentate ai
    sensi della Legge n. 47/1985 e della Legge n. 724/1994, l’istante
    otteneva il permesso di costruire in sanatoria;
  • con una terza istanza di accertamento di conformità ai sensi
    dell’art. 36 del TUE, l’istante otteneva un terzo permesso di
    costruire in sanatoria;
  • con successiva ordinanza, il Comune accertava e ordinava la
    demolizione di alcune opere abusive;
  • con ulteriore istanza di cui all’art. 37 (SCIA in sanatoria)
    del TUE, l’istante chiedeva la sanatoria delle ulteriori opere
    abusive, senza ottenere risposta dalla P.A.

Sanatoria semplificata e disposizioni transitorie

Il Consiglio di Stato ha, preliminarmente, sottolineato che il
Decreto Salva Casa è entrata in vigore il 30 maggio 2024, ossia
successivamente alla presentazione della SCIA in sanatoria da parte
della ricorrente. Per questo motivo ha negato l’applicazione
dell’art. 36-bis sulla base di tre elementi principali:

  1. mancanza di disposizioni transitorie: nel testo del D.L. n.
    69/2024, convertito con modificazioni nella L. n. 105/2024, non è
    presente alcuna disposizione che consenta l’applicazione della
    nuova disciplina alle istanze pendenti. La giurisprudenza ha sempre
    richiesto un’espressa previsione di retroattività per derogare al
    principio generale del tempus regit actum, che impone
    di applicare la normativa vigente al momento della presentazione
    dell’istanza;
  2. la conferma del principio “tempus regit actum”: il Consiglio di
    Stato ha richiamato il comma 4, art. 3 del D.L. n. 69/2024, il
    quale esclude espressamente che la sanatoria possa fondare un
    diritto del privato alla ripetizione delle somme già versate per
    oblazione o sanzioni. Ciò dimostra la volontà del legislatore di
    mantenere gli effetti giuridici delle norme precedenti e di non
    rendere retroattiva la nuova disciplina;
  3. il principio di legalità e le sentenze della Corte
    Costituzionale: il Consiglio di Stato ha richiamato la sentenza n.
    124 del 2024 della Corte Costituzionale, che ha chiarito che il
    nuovo art. 36-bis non supera il requisito della “doppia
    conformità”, ma ne circoscrive l’applicazione agli abusi edilizi di
    maggiore gravità (confermando l’assenza di effetti retroattivi
    della nuova disciplina).

SCIA in sanatoria e silenzio della P.A.

Un ulteriore chiarimento fornito dal Consiglio di Stato riguarda
la natura giuridica del silenzio amministrativo sulla SCIA in
sanatoria. Argomento sul quale la giurisprudenza ha adottato 3
orientamenti diversi:

  • secondo un primo filone giurisprudenziale il silenzio sulla
    SCIA in sanatoria sarebbe da qualificarsi come silenzio
    rigetto;
  • un altro orientamento è nel senso di ritenere che il silenzio
    della PA debba qualificarsi come assenso;
  • un ultimo orientamento, condiviso dal Consiglio di Stato,
    ritiene che il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso
    per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso
    dell’amministrazione procedente, pena la sussistenza di un’ipotesi
    di silenzio inadempimento.

Tra le sentenze più interessanti ricordiamo:

La tesi del Consiglio di Stato

Nel caso oggetto del Consiglio di Stato, la parte appellante
aveva sostenuto che il mancato riscontro da parte del Comune sulla
SCIA in sanatoria avesse fatto maturare un’ipotesi di silenzio
assenso. Tesi rigettata con due argomentazioni:

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  1. l’art. 37 del TUE non prevede il silenzio assenso: a differenza
    dell’art. 36 del TUE, che regola il silenzio-rigetto per le istanze
    di permesso di costruire in sanatoria, l’art. 37 non attribuisce
    alcun valore provvedimentale al silenzio serbato
    dall’amministrazione, ma lo qualifica come silenzio inadempimento.
    Di conseguenza, la mancata risposta del Comune non può essere
    interpretata come una tacita approvazione;
  2. l’obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sulla SCIA in
    sanatoria: anche in questo caso, il Consiglio di Stato ha ribadito
    che la presentazione di una SCIA in sanatoria non esonera
    l’amministrazione dal dovere di verificare l’effettiva legittimità
    dell’intervento edilizio. Come sottolineato, l’amministrazione
    conserva sempre il potere di accertare la conformità dell’opera
    alla disciplina edilizia e urbanistica vigente, e deve adottare un
    provvedimento espresso che accerti o neghi la sanatoria. Questo
    principio è coerente con la giurisprudenza consolidata, che ha
    sempre ritenuto che la SCIA non sia un titolo abilitativo
    automatico, ma sia soggetta a un controllo successivo da parte
    dell’amministrazione.

Conclusioni

Concludendo, la sentenza del Consiglio di Stato ribadisce con
chiarezza tre principi fondamentali:

  • l’art. 36-bis del TUE non ha effetti retroattivi e non può
    applicarsi a istanze di sanatoria presentate prima della sua
    entrata in vigore;
  • il silenzio della P.A. sulla SCIA in sanatoria non equivale a
    un silenzio assenso, ma a un silenzio inadempimento, con la
    conseguente necessità per il privato di agire in giudizio per
    ottenere una risposta espressa;
  • l’amministrazione ha l’obbligo di pronunciarsi sull’istanza di
    SCIA in sanatoria, verificando l’effettiva legittimità
    dell’intervento edilizio e adottando un provvedimento
    espresso.

Si tratta di una decisione che conferma la linea rigorosa della
giurisprudenza amministrativa in materia edilizia, volta a evitare
interpretazioni estensive delle norme sulla sanatoria e a garantire
il rispetto dei principi di legalità e buon andamento dell’azione
amministrativa.





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