L’impatto delle Zone logistiche semplificate sui territori. Il caso dell’Emilia-Romagna

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Nonostante l’Emilia-Romagna sia tra le Regioni più martoriate dalla crisi climatica, con 52 eventi estremi solo nel 2024, e quarta nella classifica dell’Istituto superiore per la ricerca e protezione ambientale (Ispra) per consumo di suolo (con l’8,91% del suolo consumato), con l’approvazione della Zona logistica semplificata (Zls), ulteriori mille ettari di terreno (definiti “aree libere”) saranno destinati all’espansione della logistica, con incentivi e facilitazioni. Perché attirare investimenti (specialmente stranieri) è la formula magica. 

Dopo che il Decreto legge 91/2017 per il Mezzogiorno istituì le Zone economiche speciali (Zes), anche le aree industriali del Nord chiesero e ottennero la loro razione di aiuti economici -spiega l’urbanista Gabriele Bollini, attivista del gruppo Rete emergenza climatica ambientale Emilia-Romagna-. Per agevolare l’insediamento di imprese logistiche nel Nord Italia, vennero così istituite le Zone logistiche semplificate (Zls) tramite l’art. 1 commi 61-65 della legge n.205 del 2017. Le Zls vengono proposte dalle rispettive Regioni, poi approvate con Dpcm dal governo. Il loro obiettivo è quello di sviluppare la logistica, bypassando però completamente il tentativo di mettere un freno al consumo di suolo”. 

L’Emilia-Romagna non è la sola Regione ad aver istituito una Zona logistica semplificata. Nell’ottobre 2022 era stata istituita la prima Zls d’Italia, in Veneto, con fulcro nel porto di Venezia-Rodigino. Con il Dpcm del 10 ottobre 2024 è stata istituita la Zls dell’Emilia-Romagna, a novembre 2024 è stato il turno della Zls in Toscana, poi quella del porto e retroporto di Genova, con estensione in Piemonte; sempre a novembre 2024 è stata istituita con Dpcm la Zls della Toscana e a stretto giro la Zls lombarda dei porti fluviali di Cremona a Mantova. In dirittura di arrivo anche la Zls del Friuli-Venezia Giulia.  

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La Zls dell’Emilia-Romagna si estende dal porto di Ravenna alle zone industriali di Piacenza, passando per le province di Forlì, Bologna, Ferrara, Parma, Modena. Comprende 28 Comuni e 25 aree produttive e logistiche, tutte con previsione di ampliamento.

In questo ampio perimetro, sono stati appunto individuati circa mille ettari classificati come “aree libere”, dove le imprese che costituiranno nuovi poli logistici godranno di agevolazioni fiscali quali il credito d’imposta (solo per le aree delle province di Piacenza e Ferrara) e riduzioni dei tributi. A questi incentivi si aggiunge il dimezzamento dei termini per la conferenza dei servizi e una riduzione di un terzo dei termini per la Valutazione di impatto ambientale (Via), per la Valutazione ambientale strategica (Vas), per l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), per l’Autorizzazione unica ambientale (Aua), per l’autorizzazione paesaggistica e per tutti i permessi di costruire e le concessioni demaniali portuali.  

Siamo molto preoccupati per i tagli dei tempi di queste procedure, indispensabili per la valutazione dei progetti -sottolinea Giuseppe Castelnuovo del circolo Legambiente di Piacenza-, tagli che vanno di pari passo al mancato potenziamento delle strutture di controllo, a cominciare da Arpae. Nel Comune di Piacenza sono già stati consumati tre milioni di metri quadrati di superficie solo per la logistica, mentre nella provincia sono circa otto milioni. Con la Zls la situazione non può che peggiorare, anche a livello di aumento del traffico pesante”.  

Nella Zls dell’Emilia-Romagna sono in progetto anche miglioramenti e ampliamenti degli scali merci esistenti (ad oggi sottoutilizzati), con l’obiettivo di trasferire merci dalla gomma alla rotaia. Eppure, non si abbandonano le nuove grandi opere stradali e autostradali, come la bretella Campogalliano-Sassuolo (MO), la cui costruzione, come sottolineano da tempo gli ambientalisti, andrà per assurdo proprio a ostacolare lo stesso scalo merci di Marzaglia. Nel piano della Zls si citano come strategiche la Cispadana, la Pedemontana, la quarta corsia dell’A14, il Passante di Bologna, la Tangenziale Nord di Faenza fino alla variante della SS16 di Rimini e altre opere stradali dal pesante impatto ambientale. 

Su proposta del Comitato di indirizzo, potrà anche essere istituita una Zona franca interclusa (Zfi), dove le merci importate da Paesi non Ue e stoccate nel perimetro della Zls beneficeranno dell’esenzione di Iva e dei dazi. 

Insomma, un paradiso per gli speculatori e per le società immobiliari che fanno man bassa del suolo -denuncia Roberto Montanari delegato di Usb Piacenza-. Gli sgravi fiscali previsti andranno ai colossi, non certo agli operai, ai facchini, che sono tra i lavoratori più sfruttati e precari. Gli operai continueranno a fare un lavoro senza tutele e a pagare tasse allo Stato. Piacenza peraltro è inserita anche nella Zls del retroporto di Genova. Insomma, siamo compresi in ben due zone semplificate, tanto per non farci mancare niente”. 

L’unico vincolo per usufruire dei benefici è poter dimostrare un legame con il porto di Ravenna, che con i suoi 1.689 ettari è il fulcro della Zls Emilia-Romagna. Il porto è inoltre interessato da un faraonico progetto di ampliamento chiamato “Hub portuale” o “progettone” che prevede l’approfondimento dei canali Candiano e Piombone, per far attraccare grandi navi portacontainer, la realizzazione di una nuova banchina, della lunghezza di oltre mille metri, destinata a terminal container, oltre a vari piazzali logistici. Nella prima fase i canali sono stati dragati per aumentare la loro profondità fino a 12 metri circa, estraendo oltre 4.700.000 metri cubi di fanghi, mentre nella seconda fase si arriverà ad una profondità di 14,5 metri con altrettanti fanghi di risulta.  

Nel complesso, tra prima fase e seconda fase, il costo del progetto è pari a 510 milioni di euro, completamente finanziati tramite risorse pubbliche, tra cui il Fondo infrastrutture strategiche, fondi dell’Autorità portuale, un mutuo presso la Banca europea degli investimenti (Bei), fondi dall’Unione europea e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). 

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Secondo le dichiarazioni ufficiali la prima fase sarebbe terminata a fine 2024, eppure il collettivo Ravenna in Comune fa notare che “nessun aumento di dimensioni e pescaggi delle navi è avvenuto rispetto a prima dei lavori”.

Anche Francesca Santarella, presidente di Italia Nostra Ravenna è molto critica: “Qui abbiamo fondali sabbiosi e storicamente soggetti a continuo insabbiamento, per mantenere questa profondità bisognerebbe scavare a ciclo perpetuo anche in mare aperto per quasi cinque chilometri. Qualcosa di irrealistico, rischiando peraltro di rimettere in circolo gli inquinanti depositati nei fondali in decenni di attività del petrolchimico. C’è una curva ineliminabile che impedisce il transito di navi oltre una certa stazza nel nostro porto. I canali portuali, poi, sono in continuità idraulica con le Pialasse, zone umide protette, già inquinate da idrocarburi e altre sostanze sversate nei decenni dal petrolchimico. Più che ingrandire il porto, aggravando l’inquinamento, si dovrebbero usare i soldi pubblici per bonificare l’area”.  

I fanghi dragati dai fondali sono destinati a ricoprire il sottofondo dei nuovi piazzali per la logistica, compresi nella Zls del porto. In tutto 389 ettari da cementificare per la logistica solo nell’area portuale: si tratta delle aree denominate Logistica 1, Logistica 2 e Logistica S3, (che contano 150 ettari) alle quali si aggiungono altri 239 ettari sempre destinati ad ambito logistico, tra cui l’area destinata alla sosta di camion e tir, la penisola Trattaroli per lo stoccaggio dei container e l’area denominata “ex CMC Logistica 3”.

C’è però da chiedersi se davvero le previsioni di espansione logistica siano realistiche o siano funzionali a trovare una collocazione ai fanghi di dragaggio -continua Santarella-. Il previsto impianto di trattamento dei fanghi degli scavi, d’altra parte, è ancora un miraggio e comunque previsto solo nella seconda fase. Quindi per ora i fanghi vanno stoccati da qualche parte e prevedere nuovi poli logistici fa comodo. Queste colate di cemento non fanno altro che appesantire e irrigidire la costa, aggravando la subsidenza che già ora fa sprofondare il suolo al ritmo di 8-15 millimetri l’anno, al cemento si aggiungono l’emungimento di acque dal sottosuolo e le estrazioni di gas. Insomma, siamo sempre meno resilienti agli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici. Secondo le previsioni Ravenna finirà sotto al mare entro il 2100, comprendiamo allora l’assurdità di questi progetti”. 

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