Esercito europeo comune e difesa Ue: cosa sappiamo e a che punto siamo

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La questione di un esercito comune europeo e della difesa condivisa dell’Unione europea (Ue) è tornata al centro del dibattito politico, specialmente in seguito alle crisi geopolitiche recenti e al rischio di un disimpegno degli Stati Uniti dalla sicurezza del continente. Ma cosa sappiamo realmente su questa tematica? A che punto siamo e quali sono le prospettive per il futuro?

L’idea di un esercito comune europeo

Le minacce globali, l’invasione russa dell’Ucraina e il progressivo disimpegno degli Stati Uniti dalla sicurezza europea hanno evidenziato l’inefficienza di una difesa frammentata tra i singoli Stati membri.

L’idea di una maggiore autonomia strategica dell’Unione europea aveva preso forza nel marzo 2022, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, portando i ministri della Difesa e degli Esteri europei ad approvare un documento sulla sicurezza e la difesa comune. Questo documento, promosso dall’Alto Rappresentante Josep Borrell, era stato definito un punto di svolta storico. Uno degli obiettivi chiave del piano prevedeva la creazione di una forza di rapido dispiegamento con 5.000 unità militari, l’incremento delle spese per la difesa e maggiori investimenti nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie militari.

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Nonostante i proclami della presidente della Commissione Ursula von der Leyen per il periodo 2024-2029, la difesa comune europea rimane una questione irrisolta. Il 2025 era stato indicato come l’anno in cui le forze di dispiegamento rapido dell’Ue sarebbero diventate operative, ma al momento non vi sono segnali concreti di progresso.

Forze armate dell’Unione Europea, lo stato attuale

L’Unione europea (Ue) non dispone di un esercito unico, ma di una Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) che coordina forze multinazionali messe a disposizione dagli Stati membri.

1. Forze Armate dell’Unione Europea

Le principali unità militari europee includono:

  • Eurocorps: Forza multinazionale indipendente, composta da circa 60.000 militari.
  • EU Battlegroups: Gruppi tattici a rotazione di 1.500 militari ciascuno.
  • EUFOR: Forze di peacekeeping attive in Bosnia ed Erzegovina e in altre aree.
  • Eurogendfor: Forza di gendarmeria per operazioni di crisi.
  • Euromarfor: Unità marittima per missioni umanitarie e di protezione.

2. Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO)

La PESCO, attiva dal 2017, è un’iniziativa per rafforzare l’integrazione militare tra 26 Stati membri dell’UE. Si basa sull’articolo 42.6 del Trattato sull’Unione Europea e mira a migliorare le capacità difensive comuni.

Obiettivi della PESCO:

  • Coordinare investimenti e sviluppo di nuove tecnologie.
  • Aumentare l’efficienza delle operazioni militari.
  • Facilitare la mobilità delle truppe tra gli Stati membri.
  • Promuovere progetti di difesa congiunti.
  • Principali Progetti PESCO:
  • Mobilità Militare: Semplifica il movimento di truppe e attrezzature.
  • EUFOR CROC: Forza di risposta rapida per le crisi.
  • EuroArtillery: Supporto di fuoco indiretto.
  • Comando Medico Europeo (EMC): Coordinamento sanitario nelle operazioni.
  • Gruppi di Risposta Informatica (CRRT): Difesa dalle minacce informatiche.

Gli ostacoli e le sfide di un esercito comune europeo

La creazione di un esercito comune europeo incontra numerosi ostacoli:

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  • Politici: molti Paesi sono restii a cedere sovranità in un settore così sensibile.
  • Strategici: esistono diverse visioni sulla politica estera e di difesa tra gli Stati membri.
  • Economici: i budget destinati alla difesa variano significativamente tra i Paesi dell’UE e alcuni Stati potrebbero non voler contribuire equamente.
  • Operativi: la mancanza di una chiara catena di comando unificata e di un comando centrale europeo è un limite strutturale.

Le posizioni dei principali attori in materia di esercito comune europeo si possono riassumere nel seguente modo:

  • Unione europea: La Commissione Europea e il Parlamento spingono per una maggiore integrazione nella difesa, con investimenti comuni e incentivi alla produzione europea.
  • Stati membri: Francia e Germania sono favorevoli a una maggiore indipendenza strategica, mentre Paesi come Polonia e Paesi Bassi preferiscono mantenere una forte integrazione con la NATO.
  • Partiti politici: Il Partito Popolare Europeo sostiene un esercito comune, i Socialisti puntano a un rafforzamento della cooperazione, mentre i Conservatori e la Destra sovranista si oppongono a una centralizzazione della difesa.

Come rafforzare la difesa dell’Unione europea

Alcuni degli strumenti proposti per rafforzare la difesa europea includono:

  • Maggiore interoperabilità tra gli eserciti nazionali attraverso standard comuni.
  • Un commissario per la Difesa per coordinare le politiche di sicurezza.
  • Investimenti in una base industriale europea per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.
  • Aumento del budget della difesa UE, attraverso strumenti di finanziamento comuni come gli eurobond per la sicurezza.

La difesa europea e il PIL

Un elemento chiave del dibattito riguarda le spese per la difesa. Attualmente, la spesa militare degli Stati membri varia considerevolmente, con alcuni Paesi che investono oltre il 2% del PIL, mentre altri restano ben al di sotto di questa soglia. Secondo alcune analisi, per rendere l’Europa autonoma nella sicurezza, sarebbe necessario incrementare la spesa fino al 3-5% del PIL, un obiettivo ambizioso che richiederebbe la revisione dei vincoli di bilancio dell’UE. L’esclusione delle spese militari dal Patto di Stabilità e Crescita potrebbe rappresentare una soluzione per rafforzare le capacità difensive senza compromettere la sostenibilità finanziaria.

Nonostante l’incremento della spesa militare, gli eserciti europei hanno visto un drastico ridimensionamento rispetto al passato. Il numero di effettivi è più che dimezzato negli ultimi vent’anni e le dotazioni belliche, in particolare carri armati e artiglieria, sono drasticamente ridotte rispetto alla fine della Guerra Fredda.

Un ulteriore problema è la gestione frammentata degli investimenti. I singoli Stati privilegiano le proprie industrie nazionali senza un coordinamento europeo.

Esercito comune europeo, reazioni e sondaggi

Donald Trump ha dichiarato che, in caso di conflitto russo in Europa, non manderebbe truppe di sostegno, per cui, nell’eventualità, l’Europa dovrebbe integrare di suo i circa 100.000 soldati USA presenti sul suolo europeo. Un’eventualità rilanciata recentemente da Volodymyr Zelensky: «Serve un esercito europeo nel caso in cui gli USA non proteggano l’Europa».

Nel settembre 2024, la Commissione europea ha pubblicato il “Rapporto Draghi”, che evidenzia l’urgenza di un nuovo approccio europeo nei confronti dell’industria della difesa. Il rapporto suggerisce che il coordinamento e l’integrazione dell’industria bellica potrebbero essere il volano per una comune visione delle relazioni esterne e per la creazione di una politica estera europea condivisa.

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Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha definito l’idea di un esercito europeo unificato come «una stupidaggine», sostenendo che l’Unione europea dovrebbe seguire il modello di cooperazione militare della NATO. Ha affermato: «Non esiste un esercito dell’Europa come entità a sé stante, ma la somma degli eserciti nazionali». Un sondaggio realizzato da Youtrend e Linkiesta, e pubblicato lo scorso 13 febbraio, ha rivelato che il 69% degli italiani è favorevole a un esercito comune europeo.

Nonostante le difficoltà, la spinta verso un maggiore coordinamento della difesa europea sembra destinata a rafforzarsi. La crisi in Ucraina ha dimostrato l’urgenza di una capacità autonoma di risposta alle minacce. Tuttavia, la creazione di un vero e proprio esercito europeo richiederà una forte volontà politica e un lungo processo di armonizzazione delle forze armate nazionali.

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