La guerra in Ucraina è finita e ad aver perso davvero è l’Europa che, dopo aver seguito gli Stati Uniti in un conflitto che non voleva, si trova ora col cerino in mano, con il proprio modello politico ed economico sconfitto. E chi perde una guerra, di solito paga il conto…
La guerra è finita. Le ultime schermaglie serviranno solo a mettere pressione sui negoziati. La guerra è finita, anche perché l’Ucraina non ha più un esercito da opporre. La guerra è finita ed è normale che nessuno abbia chiamato Volodymyr Zelens’kyj al tavolo dei negoziati: cos’ha da negoziare? Le poche terre occupate nell’oblast’ di Kursk – che alcuni media si ostinano a ritenere oggetto di scambio con il Cremlino – sono costate la perdita del Donbass segnando l’ultimo fallimento strategico di Kiev e dei suoi alleati. Non c’è nulla da scambiare. La guerra è finita e l’Ucraina è stata sconfitta: una resa condizionata è il massimo che si può sperare.
Abbiamo sbertucciato l’esercito russo, le lavatrici portate via sui carretti, che ridere. Chi ride, adesso? Abbiamo decantato la superiorità morale dell’Occidente ma gli ucraini sono stati scaricati senza troppi patemi, mi pare. Dovevano entrare nell’Unione Europea, dovevano essere protetti dagli alleati atlantici. Quante balle ci siamo raccontati. Putin era in fin di vita, anzi era morto, il suo sosia è bastato a tenerci in pugno. Abbiamo condannato la barbarie russa, le bombe sulle aree residenziali, i civili presi di mira – adesso dovremo aggiungere alla condanna coloro che quella gente l’ha lasciata crepare senza davvero volerla aiutare, tradendola infine, lasciandola sola. La guerra è finita, la diplomazia ha le mani legate. Nel novembre 2022 il Parlamento europeo dichiarava la Russia “sponsor del terrorismo”. Oggi i leader europei implorano un posto al tavolo dei negoziati con Mosca. La Corte penale internazionale (CPI) nel marzo 2023 ha spiccato un mandato d’arresto per Vladimir Putin, accusandolo di essere un criminale di guerra. Una decisione fin da subito criticabile perché alla fine con Putin ci si sarebbe dovuto fare la pace. Bisognerà adesso chiudere la Corte penale internazionale?
Come già ebbi modo di dire tre anni fa, i governi occidentali non hanno sostenuto Kiev per ragioni etiche o umanitarie – altrimenti perché non sostenere altri popoli aggrediti? o perché aggredirli? – ma perseguivano strategie militari tese ad accrescere l’influenza politica ed economica nello spazio post-sovietico. L’invasione russa dell’Ucraina è stata l’esito infausto di questa strategia e l’Occidente ha pensato di approfittarne per indebolire il competitor russo, limitandone l’espansione e la capacità di proiezione globale. Era chiaro fin da allora che gli Stati Uniti avrebbero mollato Kiev a metà del guado. Dissanguare la Russia è un conto. Ma sconfiggerla è un altro. Sempre che sia possibile sconfiggere una potenza nucleare. Gli Stati Uniti non hanno mai detto quale fosse l’obiettivo di questo conflitto preferendo nascondersi dietro le usate formule della “riconquista dei territori occupati” e “dell’intera liberazione” del territorio ucraino. La guerra è finita, e non è colpa di Trump. Egli è solo l’esecutore testamentario.
La guerra è finita e ad aver perso è l’Europa. L’Europa che nemmeno voleva farla questa guerra e che ha seguito controvoglia gli Stati Uniti senza rendersi conto – o temendo conseguenze peggiori – che Washington aveva un duplice obiettivo: contrastare l’influenza del Cremlino nello spazio post-sovietico e interrompere l’interdipendenza economica tra Russia e Germania con la prima che forniva energia, e la seconda che vendeva tecnologia. Un’intesa che, sottolineava l’analista geopolitico americano George Friedman, «è la sola che può minacciarci, e dobbiamo assicurarci non accada». In questo senso, la guerra in Ucraina sarebbe solo il corollario di una strategia al contempo antirussa e antieuropea, e motiverebbe l’interesse americano per il conflitto. Gli Stati Uniti sono effettivamente riusciti a interrompere la liason russo-tedesca. L’esplosione del gasdotto North Stream, avvenuta il 26 settembre 2022 ha rappresentato la fine materiale di ogni possibile interconnessione tra Mosca e Berlino che, allo stato attuale, pare difficile che possa ricostituirsi dopo il conflitto. La Germania è anzi precipitata in una crisi economica che grava sull’intero continente e che ha dato la stura all’ascesa di forze politiche illiberali. Un destino che potrebbe presto toccare a molti anche perché, di solito, quando si perde una guerra, il sistema politico ed economico che esce sconfitto non regge nel tempo.
La Germania, com’è noto, è il perno attorno cui ruota l’Unione Europea, istituzione il cui destino è tutt’altro che roseo e che da tempo ha smesso di essere quella forza propulsiva – in termini di benessere, libertà individuali, progresso – che prometteva di essere. Il Cremlino sembra incoraggiare l’adesione all’UE dell’Ucraina (debitamente mutilata e sigillata) sancendo così l’irrilevanza politica e militare europea, garantendosi al contempo una “porta di servizio” per accedere al mercato europeo. Non è da escludere che questa fregatura verrà venduta dai media e politici nostrani come una vittoria occidentale. Non dovremo comunque stupirci se le forze antieuropeiste – di destra o di sinistra – rimonteranno il favore dei cittadini europei, magari proprio con l’aiuto di Mosca: è quello che succede quando si perde una guerra. Piaccia o non piaccia, questo conflitto ha segnato l’epoca nuova, quella del tramonto delle democrazie liberali. Altre cose verranno, democrazie sovrane, tecnocrazie autoritarie, rigurgiti militaristi. Le prossime generazioni ringrazieranno.
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