L’aggressione di Donald Trump e di Elon Musk ai dipendenti del governo federale non è solo una guerra alle persone, ma anche e soprattutto a ciò che quelle persone hanno prodotto e potrebbero produrre in futuro. Il nuovo presidente vuole cancellare qualsiasi traccia delle cose fatte precedentemente dall’amministrazione pubblica che non sono allineate alla sua visione politica e ideologica. Per questo i suoi provvedimenti vanno di pari passo con una meticolosa operazione di “pulizia” dei contenuti dei siti dei dipartimenti e delle agenzie governative, in queste settimane descritta da varie inchieste di molti giornali statunitensi.
Secondo un’analisi fatta dal New York Times a fine gennaio, nei giorni in cui Trump ha firmato una serie di decreti per cancellare le iniziative del governo a promozione della diversità, nel giro di poche ore sono state rimosse più di ottomila pagine web da decine di siti governativi. Molte delle pagine rimosse sono collegate a un decreto dell’amministrazione Trump che ha imposto di cancellare ogni riferimento a programmi che promuovano l’“ideologia di genere”. In molti casi i contenuti cancellati finiti offline menzionavano parole come “inclusione” o “transgender”, ma sono state eliminate anche pagine che avevano a che fare con altri argomenti, per esempio quelle con informazioni su vaccini, assistenza ai veterani, crimini d’odio e ricerca scientifica. Sono state cancellate:
- Più di tremila pagine dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc, l’agenzia federale responsabile della prevenzione e della lotta contro le malattie), tra cui un migliaio di articoli di ricerca scientifica archiviati sotto la voce “prevenzione delle malattie croniche”, “linee guida per il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili”, “informazioni sui segnali di allarme dell’Alzheimer”, “formazione sulla prevenzione delle overdose e linee guida sui vaccini per le donne in gravidanza” (l’uso dell’espressione “donne in gravidanza” potrebbe aver contribuito alla rimozione).
- Più di duecento pagine di Head Start, un programma per bambini provenienti da famiglie a basso reddito, che include consigli su come aiutare i genitori a stabilire delle routine e video sulla prevenzione della depressione post partum.
- più di 180 pagine dal sito del dipartimento di giustizia che includevano tutti i dati sui crimini d’odio a livello statale e sette pagine che trattavano dei crimini d’odio contro le persone lgbt.
- Diciotto pagine della Health resources and services administration (l’agenzia che ha il compito di migliorare l’accesso ai servizi sanitari per le persone senza assicurazione o vulnerabili dal punto di vista medico), tra cui informazioni per il trattamento delle donne con dipendenza da oppioidi, e una sezione con domande e risposte sul vaccino contro l’Mpox.
L’11 febbraio un giudice federale ha ordinato il ripristino di diverse pagine sui siti del dipartimento della salute, dei Cdc e della Food and drug administration (Fda, l’agenzia incaricata di autorizzare la vendita di farmaci). Ma migliaia di siti e pagine, compresi database di interesse pubblico, rimangono inaccessibili.
Le persone che stanno cercando di contrastare questo improvviso oscuramento di informazioni di interesse pubblico non sono quelle che tendiamo ad associare alla “resistenza” contro un governo autoritario: sono archivisti, documentaristi, ricercatori universitari ed esperti informatici, che lavorano per organizzazioni che stanno cercando di raccogliere quanti più dati possibili prima che vadano persi per sempre. Uno dei progetti più grandi è l’End of term web archive (EoT), una coalizione senza orientamento politico che riunisce varie organizzazioni. È nato nel 2008, molto prima dell’arrivo in politica di Trump, per fare una copia di tutti i dati governativi alla fine di ogni mandato presidenziale. Evidentemente il lavoro dell’EoT archive è diventato molto più urgente, difficile, dopo che Trump si è insediato per la seconda volta alla Casa Bianca. Per la transizione tra Biden e Trump sono stati registrati tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025 cinquecento terabyte di dati, tra cui “100 milioni di pagine web” pubblicate da siti di enti pubblici.
“Tutto ciò che possiamo fare è raccogliere ciò che è stato pubblicato e archiviarlo, assicurandoci che sia accessibile al pubblico in futuro”, ha spiegato James Jacobs, bibliotecario dell’informazione del governo all’università di Stanford e tra i responsabili dell’EoT archive. Il lavoro dell’organizzazione, che si basa sulle segnalazioni di persone comuni, è usato anche da giornali e siti di notizie. Il Washington Post l’ha usato di recente in un articolo sui siti governativi disattivati o difettosi, fornendo anche link per consultare le copie aggirando la “censura governativa”.
Sono stati lanciati molti progetti simili. Lynda Kellam dirige Iassist, un’organizzazione di professionisti dei dati pubblici, e fa parte di un gruppo di una decina di volontari che, nel loro tempo libero, gestiscono il Data Rescue Project 2025. Il gruppo collabora con altre piattaforme come DataLumos, gestita dall’Icpsr, un consorzio che riunisce varie università con sede nel Michigan (che a sua volta gestisce un proprio portale di archivi di dati pubblici, che raccoglie sedicimila studi e 85mila set di dati).
Altri programmi si concentrano su temi specifici. Ce ne sono molti dedicati alla crisi climatica e alle questioni ambientali, tra cui l’Environmental data & governance initiative (Edgi) e l’Open environmental data project (Oedp), che stanno cercando di acquisire dati relativi alla scienza del clima e alla giustizia ambientale. Il loro lavoro è fondamentale perché il governo degli Stati Uniti conserva dati nazionali e internazionali fondamentali per tutti i ricercatori che seguono questi temi. Molti strumenti utili che erano sul sito dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente sono stati disattivati di recente, tra cui una mappa che consente di incrociare informazioni socio-demografiche (età, appartenenza etnica, occupazione) con indicatori che misurano l’inquinamento. La mappa è tornata online su un altro sito grazie al lavoro di un gruppo che comprende anche i ricercatori dell’Edgi.
Queste iniziative però hanno dei limiti tecnici, spiega la Mit Technology Review. “L’archiviazione può essere un processo complicato. Non esiste un modo semplice per conservare tutti i dati del governo degli Stati Uniti, perché le tante agenzie e i dipartimenti federali gestiscono la conservazione e l’archiviazione dei dati in tanti modi diversi. Inoltre non c’è una lista completa di tutti i siti governativi esistenti”.
Problema ancora più grande, i software e le tecniche che permettono di acquisire contenuti web in modo automatizzato arrivano fino a un certo punto (per esempio può succedere che non rilevino gli elementi più importanti di un sito, come i link che conducono ad altre informazioni), quindi gli archivisti e i tecnici spesso devono recuperare manualmente i dati.
Si tratta quindi di programmi che richiedono molto tempo e risorse, e che alla fine possono nella migliore delle ipotesi limitare i danni. “Tutto questo lavoro di archiviazione dei dati è un palliativo temporaneo”, ha detto alla Mit Technology Review Christina Gosnell, direttrice di Catalyst Cooperative, un’altra organizzazione che lavora sui documenti climatici. “Se i set di dati vengono rimossi e non vengono più aggiornati, i nostri dati archiviati diventeranno sempre più obsoleti e quindi saranno sempre meno utili per prendere decisioni nel tempo”. Gli effetti di quello che sta facendo l’amministrazione Trump si faranno sentire nel tempo, ha spiegato James Jacobs di Stanford. “Tra dieci anni ci accorgeremo che c’è un vuoto di quattro anni di dati”.
A tutto questo bisognerà sommare i danni ancora più grandi causati dall’assalto di Trump contro il mondo della ricerca. La Casa Bianca ha congelato miliardi di dollari di finanziamenti alle università e agli istituti di ricerca e ha messo in posizioni chiave persone apertamente ostili nei confronti del mondo scientifico. Scientific American ha scritto che “gli scienziati di tutto il paese sono in allarme. Sono preoccupati per i loro finanziamenti e per la sicurezza del loro lavoro. Stanno censurando il loro linguaggio su temi come il cambiamento climatico e la diversità. E si chiedono che tipo di attività scientifica potranno condurre in un contesto come questo”.
Intanto Trump e Musk stanno continuando a licenziare dipendenti federali. Secondo il New York Times al momento sarebbero circa ventimila, a cui bisogna aggiungere i circa 75mila dipendenti che nelle scorse settimane hanno accettato un incentivo all’uscita. Tutti si aspettano tagli ancora più grandi nelle prossime settimane. Il piano sarebbe licenziare il grosso dei 200mila dipendenti pubblici che sono in probation, cioè sono stati assunti da meno di un anno e non hanno ancora ottenuto uno status permanente e tutti i benefit che spettano ai dipendenti federali di lungo corso. I lavoratori cacciati possono presentare ricorsi legali, ma il processo è lungo e complicato, quindi alla fine potrebbero trovare più conveniente voltare pagina e cercare un altro lavoro, mentre tra quelli che restano c’è chi prova a tenere testa a Musk, mettendo a rischio carriera e vita privata.
Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.
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