L’Europa in crisi: l’attacco all’Euro in Bulgaria

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Sulle sfondo delle elezioni in Germania, delle manifestazioni contro il caro prezzi che da settimane vanno avanti nell’Europa centro-orientale e la crisi di governo in corso in Romania, sabato 22 febbraio un’altra inaspettata notizia ha fatto il giro del mondo in poche ore: in Bulgaria un gruppo di manifestanti si è radunato nelle strade centrali di Sofia per marciare contro l’euro e contro i simboli dell’Unione Europea, arrivando a bruciare la bandiera dell’Ue e a vandalizzare la sede del Palazzo della commissione Ue della Capitale, cercando anche di darle fuoco. Un evento che ha sollevato immediatamente l’opinione pubblica e le critiche di diversi politici di Bruxelles e non solo, tra cui Ursula von der Leyen, ma che è l’ennesimo segnale di un’Unione Europea sempre più in crisi.

Le proteste contro l’Euro e gli scontri con la polizia

Nella tarda mattinata di sabato 22 febbraio circa 2000-3000 persone si sono radunate in centro a Sofia per protestare contro l’introduzione dell’euro come moneta in Bulgaria, prevista ufficialmente a partire dal 1° gennaio 2026. La Bulgaria è in realtà parte dell’Unione Europea già dal lontano 2007 e lo scorso 1° gennaio 2025 è ufficialmente entrata anche nell’area Schengen, per cui la nuova coalizione di Governo, in accordo con i vertici di Bruxelles, sta rendendo ufficiale, in queste settimane, anche l’entrata nell’Eurozona per il prossimo anno.

Tuttavia, essendo la Bulgaria uno dei Paesi più poveri dell’intera Ue, con gli stipendi medi più bassi, che in alcuni casi raggiungono a malapena i 400 euro al mese, diverse forze politiche di estrema destra ed estrema sinistra hanno sollevato dubbi circa l’abbandono del lev (l’attuale valuta della Bulgaria) e l’entrata in vigore dell’euro, temendo che l’impreparazione del Paese dal punto di vista economico-finanziario e la crescente inflazione possano portare a una crisi economica senza precedenti, come quella che colpì la Grecia nel 2010.

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Manifestanti a sostegno della moneta della Bulgaria con il cartello “Scegliamo il lev”

La protesta di sabato contro l’euro è stata infatti organizzata su spinta del partito Vazrazhdane (“Rinascita”), guidato dall’euroscettico Kostadin Kostadinov, ma alle proteste si sono uniti anche diversi manifestanti non direttamente legati al partito. Proprio Rinascita ha provato in più occasioni negli ultimi mesi a proporre al Parlamento bulgaro di effettuare prima un referendum, per chiedere alla popolazione se sia effettivamente favorevole o meno all’entrata in Eurozona. Solo alcuni giorni fa il leader di Rinascita Kostadinov aveva anche depositato un elenco di circa 590-600mila firme per chiedere di svolgere il referendum, ma infine non è mai stato formalmente accettato dalla colazione di maggioranza, così si è giunti alla manifestazione di sabato 22 febbraio.

La manifestazione, dai toni particolarmente accesi, ha visto i manifestanti prima dare fuoco ad alcune bandiere dell’Ue e manichini rappresentanti la classe politica europea (tra cui la Presidente della Bce Christine Lagarde); in seguito, hanno imbrattato con vernice rossa e uova alcuni palazzi istituzionali, tra cui la sede della Commissione Ue di Sofia, a cui successivamente hanno anche cercato di dare fuoco, provocando l’intervento delle forze dell’ordine e della gendarmeria, con scontri tra molotov, manganelli e bombe carta. Circa 10 agenti sono infatti rimasti feriti e trasportati in ospedale, oltre ad alcuni manifestanti ed esponenti di Rinascita, mentre i vigili del fuoco hanno spento le fiamme. I manifestanti hanno sfilato accanto alla storica sede della Banca Popolare Bulgara e al ministero dell’Economia urlando slogan come “No all’euro” e “Noi scegliamo il lev”, dove il leader di Rinascita ha anche dichiarato che “l’euro è la morte della Bulgaria”.

Cos’è il partito Rinascita che ha organizzato la protesta

Visti i toni accesi della manifestazione, le immagini hanno immediatamente fatto il giro del mondo, suscitando parecchio allarmismo, dove i manifestanti e soprattutto il partito Rinascita sono stati da più parti definiti come “filorussi” e “di estrema destra”.  Il partito Rinascita, fondato nel 2014 dal già menzionato Kostadin Kostadinov, è in effetti un partito fortemente euroscettico, critico della Nato e degli aiuti economici e militari all’Ucraina, con una visione che molti hanno definito populista, autoritaria e conservatrice, qando non fortemente nazionalista.

Come in molti altri Paesi che nel corso del Novecento hanno fatto parte del blocco comunista, anche in Bulgaria negli ultimi anni sono nate nuove forze politiche ambigue, dove i classici paradigmi tra “destra” e “sinistra” non sono applicabili allo stesso modo, presentando caratteristiche comuni a entrambe le fazioni. Alcune delle posizioni più critiche di Rinascita sono per esempio quelle contro l’immigrazione e contro il sostegno all’Ucraina, al punto che negli scorsi mesi Kostadinov era arrivato persino a rivendicare alcuni territori ucraini come “storicamente bulgari”, oltre alla Macedonia del Nord, posizioni per cui è stato definito dai media “Kopejkin” (dai “copechi” dei rubli russi), oltre che “putiniano”.

Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine alle spalle del Palazzo della Commissione Ue di Sofia, imbrattato di rosso e dato alle fiamme

L’attuale coalizione di Governo della Bulgaria, formalizzata, dopo le critiche elezioni dello scorso autunno solo il 16 gennaio 2025, è composta da tre partiti: Gerb, fondato da Bojko Borisov e altri due partiti mediamente euroscettici, ovvero il Partito socialista bulgaro (BSP) e il movimento “C’è un popolo così” (ITN). “Rinascita” aveva in realtà raccolto circa il 13% di preferenze alle ultime elezioni (essendo quindi il terzo partito per numero di voti), ma gli altri partiti di maggioranza hanno sempre rifiutato una coalizione congiunta, a causa delle sue posizioni più estreme, di cui l’ultima contro l’euro, in una situazione simile a quella che potrebbe verificarsi in Germania, dove la maggior parte dei partiti ha dichiarato che non accetterebbe mai una colazione con AfD (che del resto è in buoni rapporti proprio con Rinascita).

Rinascita è anche lo stesso partito che la scorsa estate ha portato all’introduzione in Bulgaria della prima legge “Contro la propaganda Lgbtq+ nelle scuole”, sostenuta anche dagli altri partiti euroscettici come il Partito socialista bulgaro (BSP) e il movimento “C’è un popolo così”; mentre il recente tentativo di introdurre un’altra legge “contro gli agenti stranieri” è stata fortemente criticato e bocciato. In definitiva, pur non essendo nella coalizione di maggioranza, Rinascita ha acquisito una sempre maggiore popolarità, anche di fronte alla crisi economica e la crescente inflazione, dove uno degli slogan usati recentemente è diventato “La Bulgaria non ha più tempo da perdere” oltre a “DeNatofication” (DeNatofikacija).

Il leader di Rinascita Kostadin Kostadinov

La Bulgaria contro l’aiuto militare all’Ucraina

L’euroscetticismo della Bulgaria non è tuttavia da considerare come fenomeno completamente isolato in Unione Europea: basti pensare alle recenti polemiche dopo le elezioni annullate in Romania lo scorso novembre, a causa del candidato Călin Georgescu (definito “filorusso”, proprio come Kosadinov), ma anche l’insofferenza crescente in Germania, una volte motore economico d’Europa dove oggi invece, gli insuccessi di Scholz hanno portato a sempre maggiori consensi per Alternative für Deutschland.

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Uno dei temi che più divide è senz’altro il sostegno economico e militare all’Ucraina, dove l’avvento di Donald Trump e il suo riavvicinamento alla Russia, hanno portato a sentimenti molto diversi, in cui l’Occidente appare sempre meno compatto come entità non solo politica, ma anche ideologica. Difatti, se Macron e Starmer, per esempio, spingono ancora per l’intervento europeo in Ucraina contro la Russia, la Bulgaria solo due giorni fa, oltre alla protesta contro l’euro, ha anche approvato un provvedimento in Parlamento contro l’impiego di forze militari in Ucraina, a prescindere che si tratti di missioni Ue, Nato o di forse di “peacekeeping”. Tanti segnali disseminati che l’Unione Europea sta affrontando una crisi senza precedenti, dove i vecchi valori e paradigmi potrebbero presto venire meno.

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