La Corte penale internazionale smentisce le menzogne del governo Meloni sul caso Almasri

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La Procura della CPI ha chiesto “alla Camera preliminare di accertare l’inosservanza dell’articolo 87, comma 7, nei confronti della Repubblica Italiana per il rilascio di Almasri NJEEM e di adire l’Assemblea degli Stati Parte (“ASP”) e/o il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (“UNSC”). Si osserva come “il fatto che le autorità competenti non hanno adottato le necessarie misure di coordinamento interno non è di per sé una valida giustificazione per non intraprendere l’azione richiesta”. La ritardata trasmissione delle richieste al ministero della Giustizia e il mancato coordinamento interno tra le autorità competenti “equivale a un fallimento nell’ottemperare alla richiesta di collaborazione ex articolo 87, comma 7”.

Secondo questa Procura, l’inadempienza dell’Italia è stata sufficientemente grave da impedire alla Corte di esercitare le proprie funzioni e i propri poteri. Inoltre, la mancata esecuzione da parte dell’Italia degli ordini di arresto e di sequestro ha compromesso la capacità della Corte di indagare maggiormente sulla situazione in Libia in generale, compresa la rete di potenziali complici e finanziatori di NJEEM/Almasri.

Il mancato rispetto da parte dell’Italia dei suoi doveri di collaborazione con la Corte dell’Aja ha esposto le vittime e i testimoni, nonché le loro famiglie, a un potenziale grave rischio di danni. La Camera preliminare della CPI, il 17 febbraio scorso, ha invitato pertanto l’Italia a presentare entro 30 giorni osservazioni sulla mancata consegna di Almasri alla Corte.

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Occorre anche ricordare che presso la Corte Penale internazionale, il 5 febbraio scorso veniva depositata una denuncia per conto di una vittima di Almasri, con richiesta di avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma, nei confronti di Giorgia Meloni, di Carlo Nordio e di Matteo Piantedosi. Per gli avvocati di Front-LEX, “il comportamento deliberatamente passivo del Ministero della Giustizia quando il tempo era assolutamente essenziale rivela che, per usare un eufemismo, ottemperare alla richiesta della Corte non rientrava certo tra le priorità del suo ufficio”.

Inoltre, “la decisione del ministro dell’Interno di espellere immediatamente Almasri, impedendo così l’ancora eventuale correzione delle presunte irregolarità procedurali nell’arresto, e il suo trasferimento immediato a Tripoli a bordo di un volo militare la cui partenza non poteva che avvenire su autorizzazione al massimo livello governativo, completano il quadro di quanto sembra equivalere ad una decisione politica deliberata di consentire la fuga del sospettato”.

Meloni, Piantedosi e Nordio avrebbero abusato dei loro poteri esecutivi per sfidare le regole internazionali e gli obblighi nazionali di consegnare Almasri alla Corte penale internazionale, e in questo modo avrebbero ostacolato l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma.
Sul caso Almasri sta indagando anche il Tribunale di ministri che ha richiesto al governo una serie di spiegazioni. Ma l’esito di questa indagine è scontato, a fronte della maggioranza di governo che in ogni caso si pronuncerà contro l’avvio di un processo penale nei confronti della Meloni, di Nordio e di Piantedosi.

In tempi nei quali le sorti del diritto internazionale appaiono sempre più buie e sostanzialmente rimesse al ricatto politico, militare ed economico dei paesi più forti, con un definitivo svilimento del multilateralismo e delle Nazioni Unite, una mancata sanzione del comportamento delle autorità italiane potrebbe legittimare definitivamente una totale impunità per accordi bilaterali e prassi di cooperazione operativa che hanno già prodotto troppe vittime, in territorio libico, e poi nelle acque del Mediterraneo centrale.

Vedremo se, in un momento in cui la giustizia internazionale è sottoposta ad un attacco furibondo da parte delle destre sovraniste e populiste, la Corte Penale Internazionale riuscirà, almeno sul caso Almasri, a portare avanti le sue indagini nei confronti dello Stato italiano, se non a sanzionare singoli componenti del governo.

Anche se oggi sembrano prevalere su scala globale posizioni favorevoli a legittimare la violazione dei trattati internazionali e delle leggi nazionali per difendere i confini o garantire la sicurezza dei cittadini, con gli scarsi risultati che vediamo, presto tutti dovranno rendersi conto sulla propria pelle di quanto il ricorso ad un doppio standard di tutela dei diritti umani possa comportare su scala globale una rottura del principio di uguaglianza e delle regole dello Stato di diritto che non si limita soltanto alle persone migranti. Ma che può accrescere il conflitto sociale, la violenza diffusa e l’espansione di reti criminali, che così ricevono sostegno proprio da quelle forze che a parole dichiarano di volere soltanto la legalità al massimo livello, e nell’intero “globo terracqueo”. Di certo le autorità italiane, dopo anni di collaborazione e di complicità in crimini contro l’umanità, in Libia ed in altri paesi di transito, questa legalità non hanno saputo affermarla neppure a Tripoli, e la vicenda Almasri lo conferma senza possibilità di smentita.

leggi qui il testo integrale:

Atto di accusa della Corte penale internazionale smentisce le menzogne del governo Meloni sul caso Almasri – ADIF

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