L’ausiliare di Kyiv: diminuiscono gli aiuti, ma la pace in Ucraina riguarda tutti

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Monsignor Oleksandr Yazlovetskiy, intervistato dai media vaticani in vista del terzo anniversario del conflitto, riflette sulla situazione nel Paese. Il 24 febbraio la ricorrenza sarà commemorata con digiuni e preghiere. La popolazione, se da un lato è grata per la resistenza e la solidarietà mostrata dalla comunità globale, dall’altro è segnata dalla stanchezza causata dai continui bombardamenti

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

Il prossimo 24 febbraio segnerà il terzo anniversario dell’inizio della guerra su larga scala in Ucraina. La popolazione locale è grata per la resistenza dimostrata sul campo e per gli aiuti, sia umanitari che spirituali, giunti da tutto il mondo. Tuttavia, accanto a questa riconoscenza, si avverte anche un profondo senso di ingiustizia e di stanchezza a causa dei continui bombardamenti che colpiscono i civili. A tracciare un quadro della situazione è monsignor Oleksandr Yazlovetskiy, vescovo ausiliare della diocesi romano-cattolica di Kyiv-Zhytomyr, che, in un’intervista ai media vaticani, riflette sulle ripercussioni che un’eventuale pace in Ucraina potrebbe avere non solo sul Paese, ma sull’intera comunità globale.

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Eccellenza, con quali sentimenti affronta il terzo anniversario della guerra su larga scala?

Prima di tutto, con un sentimento di grande gratitudine verso Dio per il fatto che, nonostante i tre anni dall’invasione da parte del Paese più grande del mondo – perché la Russia occupa circa 11% del territorio terrestre – esistiamo ancora come nazione; esistono la nostra lingua e la nostra cultura. Sentiamo questa gratitudine perché vediamo che Dio ci sta aiutando, vediamo che la preghiera porta i frutti. Molti cristiani pregano per noi. Il Santo Padre prega per noi e vediamo che Dio ascolta queste preghiere e viene in nostro aiuto. I nostri fedeli hanno vissuto questi tre anni riponendo la loro speranza nel Signore che è il Re della pace. Lo dimostrano anche i temi a cui i nostri vescovi latini hanno dedicato ogni anno di guerra. Il primo anno dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia è stato dichiarato come l’Anno della Santa Croce; i vescovi non sapevano ancora che la guerra stava per cominciare. Il secondo anno è stato dedicato alla Divina Misericordia: abbiamo chiesto a Dio di venire in nostro aiuto e di fermare questa guerra. Il 2024, è stato dedicato a San Michele Arcangelo. Questo sentimento di grande gratitudine verso Dio è accompagnato anche da uno di grande ingiustizia e qualche volta, a dire la verità, dalla disperazione. Decine di droni, talvolta missili balistici, quasi ogni notte attaccano le nostre città. Per esempio, stanotte [ndr. 18 febbraio] qui a Kyiv abbiamo sentito il rumore dei droni che passavano proprio vicino al centro. Secondo le nostre notizie, il Paese è stato attaccato da 176 droni russi. La gente è stanca perché ogni notte sente i rumori dei droni e delle esplosioni causate dagli abbattimenti della difesa antiaerea. Tanti hanno paura, tante famiglie hanno bambini; li svegliano, cercano di nasconderli nelle stanze più protette dei loro appartamenti, spesso nei bagni. Così, ogni guerra è un grande dolore.

L’Ucraina non è un aggressore. Era un Paese che si sviluppava pacificamente e aspirava ad appartenere alla famiglia delle nazioni europee poiché condivide i valori continentali. Qualche giorno fa – non si parla tanto di questa statistica – il nostro presidente Zelensky ha parlato di 46.000 soldati ucraini uccisi in questa guerra, più di 300.000 soldati feriti e di decine di migliaia di persone scomparse o tenute in prigione dalla Russia. Anche tra la popolazione civile, si contano quasi 10.000 morti e circa 18.000 feriti. E nemmeno possiamo contare il numero di civili uccisi nei territori occupati, per esempio a Mariupol. La Russia ha rapito e deportato 19.500 bambini. Dall’inizio della guerra, 600 bambini ucraini sono stati uccisi e 1600 hanno riportato ferite di varia entità. Tutte queste statistiche ogni volta inducono alla disperazione, però poi, come fanno le persone credenti, rivolgiamo di nuovo il nostro sguardo al Signore e cerchiamo di andare avanti.

Quali sono le iniziative che organizzate a livello della diocesi e della Caritas-Spes, di cui lei è presidente, per far memoria di questo giorno?

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Prima di tutto vorrei menzionare l’appello che i vescovi stanno preparando per i nostri fedeli in occasione del terzo anniversario dall’inizio della guerra, il 24 febbraio. Come ogni altro vescovo, l’ho già potuto leggere per proporre delle correzioni o aggiunte. In questo appello, si ricorda che Papa Francesco ha dedicato quest’anno giubilare al tema della speranza. I vescovi sottolineano che la nostra è sempre riposta nel Signore che non delude, ed esprimono la loro gratitudine ai militari ucraini che proteggono il nostro Paese. Ci sono parole di solidarietà per le famiglie dei militari, benefattori, medici, feriti e per gli ucraini che sono costretti a vivere all’estero. Si ricordano anche con gratitudine gli sforzi diplomatici della Santa Sede e di Papa Francesco che non si stanca di invitare il mondo a pregare per l’Ucraina. I vescovi hanno chiesto che la giornata del 24 febbraio sia una giornata di intensa preghiera e di digiuno. I malati sono stati chiamati ad unire le loro sofferenze alla sofferenza di Cristo e offrirle per l’Ucraina. Tutto questo per la conversione dei peccatori e della tanto attesa pace giusta.

Gli aiuti distribuiti da Caritas-Spes in Ucraina

Gli aiuti distribuiti da Caritas-Spes in Ucraina

Per quanto riguarda la Caritas, il 24 febbraio è per noi una giornata di lavoro. Tuttavia in serata, poiché siamo un’organizzazione religiosa, i nostri operatori hanno organizzato una preghiera comune per la pace nel nostro Paese insieme alla Caritas della Chiesa greco-cattolica. Questa preghiera avrà luogo nella chiesa romano-cattolica di San Nicola, che per noi qui a Kyiv è un luogo simbolico, in quanto anch’essa è testimone della guerra: all’inizio del conflitto è diventata un magazzino per i beni umanitari che arrivavano in Ucraina da diversi parti del mondo. I camion con gli aiuti venivano scaricati davanti alla chiesa e poi questi venivano portati nelle città distrutte. Pochi giorni fa [ndr. 20 dicembre 2024], invece, alcuni missili balistici sono caduti ed esplosi a pochi metri dall’edificio, che è stato danneggiato: le vetrate storiche sono state distrutte. Eco perché vogliamo fare una preghiera comune per la pace proprio in questa chiesa. Dopo di essa, vogliamo organizzare anche un incontro online durante il quale i dirigenti della Caritas Internationalis e Caritas Europa possono rivolgerci parole di sostegno e noi possiamo esprimere la nostra gratitudine l’aiuto che sta arrivando da tutte le Caritas del mondo.

Quali sono le sfide umanitarie attualmente più urgenti in Ucraina? E come la Caritas-Spes cerca di aiutare la gente ad affrontare queste sfide?

Quando arriva una guerra o qualsiasi altro disastro, ogni aiuto a cui possiamo pensare è utile. Con l’aiuto dei nostri partner internazionali cerchiamo di realizzare tanti progetti in vari ambiti. In questo momento abbiamo circa 54 centri di aiuto sparsi in tutto il Paese attraverso i quali cerchiamo di distribuire alimenti, beni di prima necessità, prodotti per l’igiene; cerchiamo di dare supporto psicologico, aiutiamo con voucher per la spesa o per i medicinali. In modo particolare, cerchiamo di organizzare le vacanze per i bambini, sia qui in Ucraina che all’estero. Prima di tutto, coinvolgiamo i bambini dalle famiglie dei militari. Cerchiamo di riparare le case e gli appartamenti distrutti che si trovano vicino alle zone di combattimento, perché ancora oggi tante famiglie vivono lì; alcune, che prima erano scappate, stanno tornando. Stiamo portando avanti gli stessi progetti che avevamo inaugurato prima della guerra: il sostegno ai bambini con disabilità che durante la guerra sono abbandonati, l’aiuto agli anziani che sono in grande difficoltà.

Il sostegno sta continuando ad arrivare, oppure il supporto da parte dei vostri partner internazionale è diminuito?

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In questo momento stiamo collaborando con più di 100 partner internazionali e dall’inizio della guerra abbiamo ricevuto circa 45 milioni di euro per tutti questi progetti. Fortunatamente l’aiuto continua ad arrivare. Le organizzazioni internazionali e prima di tutto, la Caritas dei Paesi europei e non solo, dall’inizio di guerra non ci lasciano soli. Il loro aiuto è per noi un’espressione della solidarietà di tutta la Chiesa cattolica, che non solo prega per noi, ma anche aiuta il nostro popolo, costretto ad una situazione molto difficile dalla guerra. Però, se paragonato con l’inizio della guerra, pian piano questo aiuto sta diminuendo. Quest’anno abbiamo intenzione di realizzare progetti per un valore di circa 6 milioni di euro. Negli anni precedenti invece le cifre erano le seguenti: nel 2022 quasi 8 milioni; nel 2023 quasi 15 milioni e nel 2024 quasi 17 milioni di euro. Però siamo sempre grati per l’auto che arriva.

Quale messaggio vorrebbe indirizzare ai cattolici di tutto il mondo nel contesto di questo triste anniversario?

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Se parliamo di cattolici, si presume siano le persone credenti, perciò voglio sottolineare come dobbiamo essere consapevoli che questa non è solo una semplice guerra: questo è un altro tentativo del diavolo di iniziare la terza guerra mondiale. La guerra sempre porta morte, dolore, sofferenza, odio, ingiustizia e tantissimi peccati. Il diavolo spera in “messe abbondante”. Solo le persone di preghiera e di pace possono fermare questa guerra. Perciò il mio appello, in modo speciale adesso – quando si parla tanto di pace e sono stati fatti i primi passi per stabilirla – è quello di rafforzare la nostra preghiera, perché non si tratta solo della pace in Ucraina ma anche della pace in tutti i Paesi europei e in tutto il mondo.



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