1525, addio a fra’ Giovanni il Michelangelo del legno / Città / Home

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di EMMA CERPELLONI
Il 10 febbraio 1525, cinque secoli fa, moriva a Verona (dove era nato intorno al 1457) fra’ Giovanni, la personalità più eclettica del nostro Rinascimento. È lo straordinario artista delle tarsie del coro e della sacrestia della chiesa di Santa Maria in Organo, nella cui cripta venne sepolto. Fra’ Giovanni, però, non è stato solo un intarsiatore, ma anche un miniatore, uno scultore e un architetto. E proprio in quest’ultima veste, attorno al 1495 ha progettato il bellissimo campanile, dal profilo snello, di Santa Maria in Organo, un’opera “oscurata” dai suoi capolavori in legno all’interno della chiesa. Il campanile verrà terminato soltanto nel 1533 da Francesco da Castello: fra’ Giovanni era morto da otto anni.
Era un monaco benedettino della congregazione degli Olivetani e di recente è stato ritrovato in un documento umbro il suo cognome: era figlio di Marco de Tachis (o Tacca o Tacco). Già scultore, quando entrò in convento imparò l’arte dell’intarsio a Ferrara. Ha poi lavorato tra Perugia e Spoleto, tornando a Verona, a Santa Maria in Organo negli anni Novanta del Quattrocento, dove organizzò una grande officina, con giovani olivetani, ma anche laici. In questo periodo, realizzò un grande candelabro in noce per il cero pasquale: alto quattro metri, è quasi totalmente scolpito e intagliato con animali, festoni di frutta e, sulla sommità, figure di santi monaci.
A partire dal 1494, iniziò a lavorare al coro ligneo, terminato cinque anni dopo: è formato da 41 stalli tutti intarsiati. I soggetti sono molteplici: figure di santi, vedute prospettiche ideali, immagini di armadi con ante socchiuse che lasciano scorgere oggetti sacri e profani. In uno di questi, una curiosa “sigla” (R.o in X°p. f. Ioa. Mo.) che è la firma dell’artista: “Reverendo in Cristo padre, fra Giovanni monaco”. Nel 1500 fu a Roma per il Giubileo e poi tornò a Santa Maria in Organo, dove in pochi mesi creò un nuovo leggio per il coro. Nella parte inferiore, tra le raffinate tarsie, spicca quella di un coniglio dal pelo a riflessi cangianti, un vero e proprio virtuosismo. Era ormai un artista noto e la fama della sua opera lo portò a Monte Oliveto Maggiore, a Napoli e a Roma: papa Giulio II lo incaricò di creare nei palazzi vaticani, per la stanza della Segnatura appena affrescata da Raffaello, spalliere, usci e sedili: opere purtroppo distrutte o disperse forse nel Sacco di Roma del 1527. Nell’estate del 1518 ritornò a Verona. A Santa Maria in Organo era abate Cipriano Cipriani, una delle figure più illustri fra gli olivetani del tempo, il quale commissionò a Giovanni quello che sarà il suo capolavoro, per l’arredo della nuova sagrestia da poco affrescata da Domenico e Francesco Morone: la spalliera posta sopra il pancone in noce riservato alla custodia dei paramenti liturgici. Lavorò tra il 1519 e il 1523.
La spalliera, divisa in dieci scomparti, raffigura – negli specchi intarsiati – armadi semiaperti e vedute varie, fra cui il colle di San Pietro e Veronetta, un anfiteatro in rovina, una piazza con fontana e tempietto, oltre a un armadio con libri e poliedri, un tabernacolo con ostensorio e una magnifica rappresentazione di un gufo fra nature morte.
“Santa Maria in Organo ha la più bella sagrestia d’Italia”: a scriverlo, fin dal Cinquecento, il primo grande storico dell’arte italiana, Giorgio Vasari e all’inizio del Novecento la visitò Gabriele D’Annunzio, accompagnato da Eleonora Duse. Del resto, con le sue tarsie fra’ Giovanni ha introdotto la prospettiva rinascimentale nelle opere in legno. Per i cinque secoli dalla sua morte, i suoi capolavori meriterebbero di essere visitate.

In mostra dal primo marzo il genio del religioso
Rendere omaggio al monaco olivetano benedettino, fra i più grandi intarsiatori della storia, che proprio in riva all’Adige si è formato spiritualmente, lasciando straordinari capolavori, caposaldi del Rinascimento. Con questo intento prenderà il via a Santa Maria in Organo sabato 1° marzo l’esposizione Fra’ Giovanni da Verona: a 500 anni da te, curata di Federico Martinelli. La mostra sarà visitabile fino al 30 luglio e, oltre alle opere d’arte dell’artista, sono previste anche conferenze, laboratori didattici e numerosi altri eventi collaterali che arricchiranno l’offerta per tutti coloro che vorranno avvicinarsi e approfondire l’arte e la figura di fra’ Giovanni da Verona. Si tratta, peraltro, di un progetto itinerante che toccherà tutte le aree geografiche nelle quali in monaco ha lavorato: Verona, Siena, Napoli e Lodi, per un percorso che vuole accrescere il dibattito in Italia attorno a questa particolare e poco conosciuta tecnica artistica.

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