Gli eSport come lavoro sportivo. Anche se, mancando ancora una normativa di riferimento, rimangono molte zone grigie. Gamer e cyber atleti, infatti, «possono essere riconducibili alla disciplina, anche previdenziale, del lavoro sportivo», sempre che la singola realtà sia stata riconosciuta dal Coni e inserita nel Registro nazionale delle attività dilettantistiche. A stabilirlo è l’Inps, nella circolare 44 del 19 febbraio, che tratta l’attività dei content creator, ovvero quelle figure che producono dei contenuti poi veicolati attraverso «piattaforme digitali di connessione sociale». Tra questi, oltre agli influencer, rientrano anche i cosiddetti gamer, ovvero coloro che sono «impegnati professionalmente nelle discipline degli eSport». Un primo passo verso la regolamentazione di questi profili che però, come accennato, ad oggi non hanno nessun tipo di inquadramento normativo e la cui attività potrebbe avere più di un problema di adattamento alla disciplina dettata dal dlgs 36/2021 (la riforma del lavoro sportivo, appunto). Un tentativo era stato fatto alla Camera, ma la proposta presentata il 23 febbraio 2023 non è ancora mai stata neanche discussa in commissione.
La circolare Inps
È lo stesso Istituto previdenziale ad affermare come, sui content creatori, non ci siano «specifiche disposizioni normative che li definiscano». Questo, però, non impedisce di fornire un indirizzo in ambito previdenziale. La circolare, quindi, analizza le varie tipologie di content creator, individuando le gestioni a cui si devono iscrivere. In sostanza, sono tre le vie: Gestione commercianti, Gestione separata e Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo (Fpls). A seconda delle caratteristiche dell’attività svolta, si deve optare per una delle tre.
La previdenza per gli eSport
Tra i content creator, la circolare cita anche «la figura dei pro gamer o cyber atleti», ovvero quei soggetti «impegnati professionalmente nelle discipline degli eSport, ossia degli sport elettronici, intendendosi come tali le competizioni svolte anche sotto forma di leghe e tornei, in cui giocatori singoli o squadre si sfidano su titoli videoludici, con la partecipazione di un pubblico di altri utenti, al fine di ottenere premi e/o per puro intrattenimento». Per prima cosa, l’Inps ricorda come «sul piano dei rapporti di lavoro, può sussistere un ulteriore livello di intermediazione delle attività, rappresentato dalle squadre alle quali possono appartenere i singoli giocatori e che possono regolare i propri rapporti con i giocatori stessi con contratti che possono definire eventuali compensi e ulteriori obblighi tra le parti». Tali rapporti «possono essere riconducibili alla disciplina, anche previdenziale, del lavoro sportivo». L’Istituto fa riferimento al nuovo sistema introdotto dal decreto legislativo 36/2021 che, in estrema sintesi, prevede il pagamento dei contributi previdenziali una volta superati i 5 mila euro annui di compensi percepiti. Si tratta del primo indirizzo in assoluto da parte di un’Istituzione italiana in merito al pagamento dei contributi dei gamer.
Applicazione complicata
Un indirizzo che, però, è tutt’altro che chiaro. Per prima cosa, i gamer potranno rientrare nell’alveo della normativa del lavoro sportivo solo nel caso la singola disciplina «esportiva» sia riconosciuta dal Coni e iscritta al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche introdotto con la riforma. Ad oggi le discipline iscritte al Registro dovrebbero essere solo due: E-bike e Sim racing (simulatore di auto).
Per quanto riguarda il riconoscimento del Coni, a partire dal 1° gennaio di quest’anno il Comitato olimpico ha attribuito alla Federazione italiana eSport la qualifica di Associazione sportiva benemerita, anche se questo non risolve la questione.
A prescindere dal riconoscimento, esistono anche alcune incongruenze tra la figura del gamer e l’impostazione del dlgs 36/2021, soprattutto nel rapporto tra attività professionistiche e dilettantistiche. Nel caso non fosse applicabile la disciplina dettata dalla riforma, per i cyber atleti si aprono le tre vie indicate dall’Inps per i content creator (commercianti, Gestione separata o Fondo spettacolo).
Normativa mancante
Le indicazioni dell’Inps rappresentano sicuramente un primo e importante strumento per i gamer e il loro inquadramento previdenziale. Tuttavia, senza una normativa specifica sul settore, i molti dubbi ancora esistenti sono destinati a rimanere tali. Un tentativo in questo senso è stato fatto con la proposta di legge Atto Camera 868, dal titolo «Disciplina degli sport elettronici o virtuali (e-sport) e delle connesse attività professionali ed economiche». Un testo corposo, di 48 articoli, che però non è stato mai neanche discusso in commissione.
Una spinta a legiferare, infine, arriva anche dall’Europa: nel novembre 2022 l’Ue ha pubblicato una risoluzione su eSports e videogiochi che invita gli Stati membri a definire un quadro normativo e, a rafforzare questa posizione, nel 2023 il Consiglio d’Europa ha pubblicato le proprie conclusioni, esortando i governi nazionali a legiferare sul rafforzamento della dimensione culturale e creativa del settore europeo dei videogiochi.
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