Il riconoscimento dei titoli di sostegno conseguiti in Romania: un’analisi critica

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La libera circolazione dei professionisti, principio cardine dell’Unione Europea, si scontra spesso con le differenze tra i sistemi formativi dei diversi Stati membri. Questo è particolarmente evidente nel caso degli insegnanti di sostegno, la cui professionalità richiede competenze specifiche e una formazione adeguata. Le recenti sentenze del TAR Lazio nn. 966/2025 e 1158/2025, che hanno annullato il diniego del Ministero dell’Istruzione al riconoscimento di titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti in Romania, offrono l’occasione per un’analisi critica della normativa e della prassi amministrativa in materia. Le sentenze, infatti, evidenziano l’importanza del rispetto del diritto europeo, in particolare dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE in materia di misure compensative, e del principio del contraddittorio procedimentale. L’articolo si propone di approfondire tali aspetti, analizzando le argomentazioni del TAR Lazio e contestualizzandole nel quadro giurisprudenziale e dottrinale di riferimento.

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1. Riconoscimento dei titoli in UE


La libera circolazione dei lavoratori, sancita dall’art. 45 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), rappresenta uno dei pilastri fondamentali del processo di integrazione europea. Tale libertà si estende anche ai professionisti, compresi gli insegnanti, che hanno il diritto di esercitare la propria professione in qualsiasi Stato membro, previa verifica del possesso dei requisiti necessari. (1) Tuttavia, le differenze tra i sistemi formativi dei diversi paesi possono rendere il processo di riconoscimento dei titoli di studio esteri complesso e talvolta controverso. Questo è particolarmente vero per le professioni regolamentate, come quella dell’insegnante di sostegno, che richiedono competenze specifiche e una formazione adeguata per garantire la qualità del servizio e la tutela degli alunni con disabilità. (2)
In Italia, il riconoscimento dei titoli di studio esteri è disciplinato dal D.Lgs. n. 206/2007, che recepisce la Direttiva 2005/36/CE. Tale normativa prevede diverse procedure di riconoscimento, a seconda della professione e del paese di provenienza del titolo. Nel caso dei titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti in Romania, si è assistito negli ultimi anni a un aumento delle richieste di riconoscimento, accompagnato da un acceso dibattito sulla validità di tali titoli e sulla loro equipollenza a quelli italiani.
In questo contesto si inseriscono le recenti sentenze del TAR Lazio nn. 966/2025 e 1158/2025, che affrontano il caso di docenti con titolo di specializzazione sul sostegno conseguito in Romania, a cui il Ministero dell’Istruzione aveva negato il riconoscimento. Le sentenze offrono spunti interessanti per un’analisi critica della normativa e della prassi amministrativa in materia, evidenziando l’importanza del rispetto del diritto europeo e del principio del contraddittorio procedimentale. (3)

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2. La sentenza del TAR Lazio n. 966/2025


La sentenza n. 966/2025 riguarda il ricorso di un docente avverso il diniego del Ministero dell’Istruzione al riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno conseguito presso l’Università Dimitrie Cantemir in Romania. Il Ministero aveva motivato il diniego sulla base di presunte “carenze e lacune incolmabili” del percorso formativo rumeno rispetto a quello italiano, ritenendo che il titolo non fosse idoneo a garantire il possesso delle competenze necessarie per l’esercizio della professione di insegnante di sostegno in Italia.
Il TAR Lazio, accogliendo il ricorso, ha annullato il decreto di diniego, censurando l’operato del Ministero su diversi punti:

  • Mancata comunicazione del preavviso di diniego: il Ministero ha violato l’art. 10-bis della L. 241/1990, omettendo di comunicare all’interessato l’intenzione di rigettare l’istanza, impedendogli di esercitare il proprio diritto di difesa e di presentare eventuali osservazioni o integrazioni documentali.
  • Errata valutazione del titolo rumeno: il Ministero ha erroneamente considerato il titolo come un mero corso di formazione, non riconoscendone la valenza accademica ai fini del riconoscimento in Italia. Il TAR Lazio, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha ribadito che i titoli di studio esteri devono essere valutati in base al loro contenuto sostanziale e non formale, tenendo conto delle competenze effettivamente acquisite dal richiedente.
  • Violazione dell’art. 14 della Direttiva UE 36/2005: il Ministero non ha correttamente valutato la possibilità di imporre misure compensative, anche in presenza di differenze sostanziali tra il percorso formativo estero e quello italiano. Il TAR Lazio ha sottolineato che l’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE prevede espressamente la possibilità di ricorrere a misure compensative, come un tirocinio di adattamento o una prova attitudinale, per colmare eventuali lacune formative del richiedente e consentirgli l’accesso alla professione.

3. L’art. 14 della Direttiva 36/2005 e il principio di proporzionalità


La sentenza del TAR Lazio n. 966/2025 richiama l’importanza dell’art. 14 della Direttiva 36/2005, che disciplina l’imposizione di misure compensative nel riconoscimento dei titoli professionali. Tali misure, che possono consistere in un tirocinio di adattamento o in una prova attitudinale, sono finalizzate a colmare eventuali lacune formative del richiedente, consentendo l’accesso alla professione anche in presenza di differenze tra i percorsi di studio. Il TAR Lazio sottolinea che il Ministero, nel caso di specie, ha erroneamente escluso la possibilità di ricorrere a misure compensative, senza un’adeguata motivazione e in violazione del principio di proporzionalità. (4)
Il principio di proporzionalità, sancito dall’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), impone alle istituzioni europee e agli Stati membri di non adottare misure eccessive rispetto all’obiettivo perseguito. Nel caso del riconoscimento dei titoli professionali, il principio di proporzionalità richiede che le misure compensative siano adeguate e necessarie per garantire il possesso delle competenze richieste per l’esercizio della professione, senza costituire un ostacolo sproporzionato alla libera circolazione dei professionisti. (5)

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4. La sentenza del TAR Lazio n. 1158/2025: ulteriori sviluppi giurisprudenziali


A poche ore dalla sentenza n. 966/2025, il TAR Lazio si è nuovamente pronunciato in materia di riconoscimento dei titoli di sostegno conseguiti in Romania con la sentenza n. 1158/2025. Anche in questo caso, il Tribunale ha accolto il ricorso di un docente avverso il diniego di riconoscimento del Ministero dell’Istruzione, confermando l’orientamento espresso nella precedente sentenza. In particolare, la sentenza n. 1158/2025 ribadisce la competenza del Ministero dell’Istruzione in materia di riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno e sottolinea l’importanza dell’ “Adeverinta” come documento ufficiale attestante la validità del titolo conseguito in Romania.
Tuttavia, la sentenza introduce un elemento di novità rispetto alla precedente, evidenziando la necessità di una corrispondenza tra la qualifica professionale conseguita all’estero e la classe di concorso per la quale si richiede il riconoscimento in Italia. Nel caso di specie, il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento per la classe di concorso A-54 (Storia dell’arte), mentre l’ “Adeverinta” attestava la sua abilitazione all’insegnamento della Filologia. Il TAR Lazio ha quindi respinto la domanda di riconoscimento per la classe A-54, sottolineando che “nell’ipotesi in cui fosse riconosciuta l’abilitazione per una classe di insegnamento che non corrisponde a quella accertata nell’attestato, si finirebbe per attribuire un quid pluris rispetto a quanto parte richiedente è autorizzata a insegnare a seguito del percorso abilitante seguito nel Paese straniero”.
Questo nuovo orientamento giurisprudenziale potrebbe avere importanti implicazioni per i docenti che intendono ottenere il riconoscimento del titolo di sostegno rumeno, in quanto richiede una maggiore attenzione nella scelta della classe di concorso per la quale si presenta la domanda di riconoscimento. È auspicabile che il Ministero dell’Istruzione tenga conto di questo elemento nella valutazione delle future richieste, garantendo un’interpretazione uniforme della normativa europea in materia di riconoscimento dei titoli professionali.

5. Il ruolo della giurisprudenza nel garantire il rispetto del diritto europeo


Le sentenze del TAR Lazio nn. 966/2025 e 1158/2025 si inseriscono in un filone giurisprudenziale che tende a valorizzare il diritto europeo in materia di libera circolazione dei professionisti, contrastando eventuali prassi amministrative restrittive. Il TAR Lazio, con le sue pronunce, riafferma l’importanza di una corretta applicazione della Direttiva 2005/36/CE, garantendo ai cittadini europei il diritto al riconoscimento dei propri titoli di studio e l’accesso alle professioni regolamentate, nel rispetto del principio di proporzionalità e del contraddittorio procedimentale. (6)
La giurisprudenza, sia nazionale che europea, svolge un ruolo fondamentale nel garantire l’effettività del diritto europeo, interpretando le norme comunitarie e sanzionando eventuali violazioni da parte degli Stati membri. Nel caso del riconoscimento dei titoli professionali, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emanato numerose sentenze che hanno contribuito a chiarire e precisare i criteri di applicazione della Direttiva 2005/36/CE, tutelando i diritti dei cittadini europei e promuovendo la libera circolazione dei professionisti. (7)

6. Conclusioni


Le sentenze del TAR Lazio nn. 966/2025 e 1158/2025 rappresentano importanti precedenti in materia di riconoscimento dei titoli di sostegno conseguiti in Romania. Esse offrono spunti di riflessione sull’applicazione della Direttiva 36/2005 e sul ruolo della giurisprudenza nel garantire il rispetto del diritto europeo. Le pronunce del TAR Lazio auspicano un approccio più flessibile da parte del Ministero dell’Istruzione, che tenga conto delle specificità dei singoli casi e della possibilità di ricorrere a misure compensative, favorendo l’integrazione dei docenti stranieri nel sistema scolastico italiano, ma anche di ipotetici docenti italiani che fossero desiderosi di realizzare esperienze di studio all’estero senza per questo incorrere in pesanti discriminazioni.
L’auspicio è che le sentenze in commento contribuiscano a promuovere una maggiore armonizzazione dei sistemi formativi a livello europeo, facilitando il riconoscimento dei titoli di studio e la libera circolazione dei professionisti, nel rispetto delle esigenze di tutela degli alunni con disabilità e della qualità del servizio scolastico. Inoltre, è fondamentale che il Ministero dell’Istruzione tenga conto del nuovo orientamento giurisprudenziale in materia di corrispondenza tra titolo estero e classe di concorso, garantendo un’interpretazione uniforme della normativa europea e evitando disparità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri.

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Note


(1) V. Corte di Giustizia UE, sentenza del 7 marzo 2002, causa C-340/99, Anker.
(2) Sul tema della formazione degli insegnanti di sostegno, v. D.M. 30 settembre 2011.
(3) Per un’analisi del dibattito sul riconoscimento dei titoli di sostegno conseguiti all’estero e la giurisprudenza amministrativa in materia, v. R. Criscuolo, “Il riconoscimento dei titoli di formazione conseguiti all’estero: la giurisprudenza amministrativa e il caso della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità”, in Diritto & Scuola, 2021.
(4) Sul principio di proporzionalità nel diritto europeo, v. A. Tizzano, Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Giappichelli, Torino, 2022.
(5) V. Corte di Giustizia UE, sentenza del 13 aprile 2000, causa C-424/97, Haim.
(6) V. Consiglio di Stato, sentenza del 10 maggio 2022, n. 3611.
(7) V. Corte di Giustizia UE, sentenza del 21 giugno 2012, causa C-325/11, Morgenbesser.

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Bibliografia


Tizzano A., Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Giappichelli, Torino, 2022.



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