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Rimini, 17 ottobre 2024 – Era accusato di aver minacciato con un’arma da fuoco un’amica che per un certo periodo ha vissuto insieme a lui nella stessa casa. Denunciato per violenza privata, minaccia aggravata e omessa custodia di armi, l’uomo si è trovato sottoposto a un procedimento penale (alla fine conclusosi con l’archiviazione). Nel frattempo però il prefetto di Rimini, con un apposito decreto, gli ha imposto un divieto di detenzione delle armi (che possedeva da oltre 40 anni). Il tutto si è tradotto in un braccio di ferro tra il riminese e la prefettura sfociato in un ricorso al Tar dell’Emilia-Romagna. Ma i giudici, con sentenza del 15 ottobre, hanno riconosciuto la legittimità del provvedimento prefettizio, anche come forma di tutela verso la donna.
Il Tar dell’Emilia-Romagna
Le tappe della vicenda
Tutto comincia nel 2021, quando l’uomo impugna il decreto del prefetto che gli vieta di detenere armi e munizioni. Il cittadino è accusato di aver minacciato con un’arma la sua coinquilina. Era stata proprio lei, una sua amica, a vendergli la casa in cui si era trasferito: visto il rapporto di amicizia, lui aveva però le aveva concesso di restare lì. Dopo un po’ di tempo però ci aveva ripensato, chiedendole di andarsene. Questo, secondo la ricostruzione, era stato il motivo di attrito tra i due, che poi aveva portato alle presunte minacce. Nel ricorso, l’uomo contesta la genericità della motivazione del provvedimento della Prefettura, sostenendo che non era stata fatta una valutazione adeguata. I giudici del Tribunale amministrativo regionale hanno respinto il ricorso, ritenendo legittima la decisione della Prefettura di disporre il divieto di detenere armi. Secondo il Tar, il provvedimento si basava sulla denuncia per minaccia e anche su altre irregolarità riscontrate durante la perquisizione. In particolare, la pistola trovata nella stanza da letto dell’uomo era fuori dall’armadio blindato, con caricatore pieno e un colpo in canna. Inoltre, sono state riscontrate altre gravi irregolarità, come la presenza di armi non denunciate, come una carabina e spade.
Le parole della vicesindaca Bellini
“Al di là del fatto specifico su cui naturalmente non possiamo avere tutti gli elementi nel merito – dice la vicesindaca Chiara Bellini –. La sentenza del Tar è lo spunto per un tema più generale. Troppo spesso assistiamo ad una distanza tra la normativa e la sua applicazione. Per questo occorre mettere in campo, concretamente, misure per prevenire potenziali reati. Il nostro Paese continua a concentrarsi su misure di protezione delle donne, che salvano loro la vita ma che vanno nella direzione di un doloroso allontanamento da casa, dagli amici, dal lavoro, per entrare in protezione. Per i loro figli il prezzo da pagare è spesso ancora più alto, perché lasciano scuola e amici. Sarebbe invece necessario attuare misure restrittive nei confronti di chi si rende responsabile di violenze e minacce verso la donna, predisponendo il loro allontanamento dal nucleo familiare e non il contrario”.
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