Gli stereotipi di una Napoli lazzarona o caricaturale, da Londra a Sanremo, e di un’Italia cenerentola, appartengono a un mondo che non c’è più. La realtà di oggi è quella di una città-mondo di grande cultura, che traina la rinascita economica del Mezzogiorno e attira capitali e turisti, e di un Paese che cammina meglio delle grandi economie europee in un mare procelloso, agitato da guerre militari e commerciali, facendo sistema molto di più di quello che appare.
Non è vero che i numeri sono aridi, come si vuol far credere, almeno ai nostri occhi hanno un cuore e un’anima. Parlano. Soprattutto, hanno il merito di raccontare come il Sud italiano sia cresciuto nel biennio 2022/2023 più di tutti i grandi Paesi del mondo e che questa crescita è continuata nel 2024 grazie a una capacità sistemica di fare innovazione e a una grande flessibilità che permette di conquistare mercati fuori dalla crisi della domanda tedesca di cui il Paese intero paga un prezzo alto. Tutti i segnali sul campo accreditano anche per il 2025 un consolidamento della tendenza.
Abbiamo documentato che non solo il debito pubblico italiano è sotto controllo, ma che addirittura a fine 2024 è in discesa e si colloca al di sotto delle previsioni fatte dall’agenzia di rating americana Moody’s. Soprattutto, abbiamo segnalato e continuiamo a farlo, che anche il rallentamento della crescita del prodotto interno lordo nel secondo semestre dell’anno preserva un dinamismo reale che si coniuga con un solido equilibrio di finanza pubblica. Può consentire di superare le incertezze oggettive del contesto globale e di guardare con una fiducia ragionevole anche al 2025 in corso.
L’asset italiano da comprendere e valorizzare: l’editoriale del direttore Napoletano
«Secondo le nostre previsioni, nei prossimi mesi il prodotto tornerà a espandersi. La riduzione dei tassi di interesse, gli alti livelli di occupazione e la ripresa della domanda estera sosterrebbero i consumi e le esportazioni, favorendo nel contempo l’accumulazione di capitale da parte delle imprese». Pagina 18, intervento di ieri del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, Assiom Forex, Torino. Parla dell’Italia. Poco prima ha spronato l’Europa a fare debito comune per sostenere gli investimenti strategici, ma sull’Italia dice parole chiare.
Alcuni dati da noi più volte evocati ma quasi da tutti ignorati sempre sul nostro Paese, sono stati nuovamente sottolineati e certificano che «nonostante le difficoltà recenti, le esportazioni superano quelle del 2019 di circa il 10 per cento e il saldo delle partite correnti è tornato ampiamente positivo». C’è di più: nel tempo, la diversificazione geografica settoriale e i guadagni di competitività di costo hanno permesso alle imprese italiane di assorbire gli shock che hanno colpito alcuni comparti, come quelli ad alta intensità energetica, e specifici mercati, come il Regno Unito e la Russia (nota 33). C’è anche dell’altro: nelle più recenti indagini della Banca d’Italia presso le imprese rimane comunque prevalente la quota di aziende che prevede un’espansione degli investimenti nella prima metà del 2025 (nota 34). I miglioramenti nella finanza pubblica e nei differenziali di spread sono evidenti. La posizione patrimoniale netta sull’estero ha superato il 12 per cento del Pil, con un miglioramento di oltre 35 punti percentuali rispetto al 2013. Se si prosegue così e, soprattutto, se dimostreremo di sapere continuare a fare investimenti pubblici e privati, rimarremo creditori netti verso il mondo e faremo crescite vere.
Fermiamoci qui. È evidente che la debolezza europea incide sulla manifattura italiana, che la concorrenza cinese si fa sentire e pesa l’incognita dazi di Trump, il quadro resta ovviamente a rischio, ma prima di tutto è in Europa che va cercata la soluzione cambiando completamente politica industriale e mettendo in campo grandi investimenti pubblici comuni sui settori del futuro, liberandosi dai fardelli ideologici. In casa non si è rimasti con le mani in mano e, dopo un quarto di secolo, l’Italia fanalino è ripartita trainata dal Sud, prima fanalino del fanalino.
La “città borghese” e la nuova Napoli di industria e giovani: l’editoriale del direttore Napoletano
Soprattutto, è certo che bisogna accelerare il più possibile nell’attuazione degli investimenti del Pnrr e nel fare le riforme, ma è una realtà – all’opposto anche qui di ciò che appare – che già si sta facendo buona parte di ciò che per decenni non si è stati capaci di fare. C’è un patrimonio di forza sistemica che rende ancora plasticamente più evidente che a nessuno può essere consentito di insultare, per di più in maniera volgare, come ha fatto la portavoce del ministero degli esteri russo, il Capo dello Stato italiano, Sergio Mattarella, che rappresenta una nazione chiave dell’attuale quadro geopolitico.
La nostra premier, Giorgia Meloni, ha dato una lezione di grande responsabilità istituzionale condannando le parole di questo attacco inqualificabile e ribadendo che l’offesa riguarda l’intera nazione che il Capo dello Stato rappresenta. Così facendo la premier ha mostrato la solidità della posizione dell’Italia sull’aggressione perpetrata ai danni dell’Ucraina. Si conferma come non sia mai stata dettata da banali calcoli di opportunismo politico. La forza del sistema Italia di oggi vive della credibilità e dei risultati raggiunti in economia e in politica estera. Si nutre e si consolida attraverso questa solidarietà tra le istituzioni che colloca il nostro Paese responsabilmente nel quadro europeo con un’interlocuzione privilegiata oltreoceano. Questi sono i fatti. Buona domenica.
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