come ridurre i rischi per chi pratica sci e snowboard

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Pronti per la settimana bianca? Se siete appassionati di sport invernali, ricordate che un adeguato training fisico, la classica presciistica, può risultare di grande utilità. E non solo per limitare i rischi. “È basilare un adeguato condizionamento aerobico e neuromuscolare: occorrono diverse settimane di allenamento con esercizi che rendano resistenti e reattivi”, segnala Marco Minetto, direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa e docente all’Università di Torino.

“È importante inoltre presentarsi sulla piste in buone condizioni, ovvero senza significativi dolori muscolo-scheletrici (come ad esempio una lombalgia acuta), che devono essere adeguatamente trattati prima di iniziare l’attività”.

Cosa fare, quindi? A ognuno occorre la sua preparazione. Anche in base alla specialità che si ama di più. Fondamentale, ricorda lo specialista, rendere saldi i legamenti delle ginocchia, per evitare distorsioni. Ed è utile a rinforzare queste strutture con esercizi che rendono più forte il quadricipite femorale, muscolo della coscia che può anche “supportare” l’attività dei legamenti nel caso questi siano deboli.

Lo stesso è consigliabile per chi ama il carving, con curve generalmente più ampie rispetto a quanto accade con gli sci tradizionali e possibilità che il ginocchio permanga “ruotato” per diversi secondi, in sequenza rapida e alternata. I legamenti possono essere messi a dura prova dallo spostamento del peso del corpo sull’articolazione.

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Attenzione particolare va prestata poi alla spalla e alla colonna vertebrale se si è amanti dello snowboard. Si possono infatti raggiungere velocità elevate, e a ogni curva bisogna mantenere l’equilibrio sfruttando il peso del corpo. Questa è forse la specialità che richiede la maggior prontezza di riflessi, soprattutto per evitare cadute pericolose.

Così facendo, con un programma prestabilito, si rischia di meno. Ma bisogna sempre fare attenzione. “Gli infortuni possono interessare il cranio, i distretti cervico-dorsale e lombo-sacrale, oppure gli arti – riprende l’esperto – La principale problematica ossea consiste nelle fratture scheletriche, che generalmente seguono a traumi ad alta energia, come nel caso delle fratture di gamba, che si realizzano in genere dopo traumi contro un ostacolo fisso oppure scontro tra due sciatori”.

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Anche i muscoli sono messi a rischio. E non solo a causa degli sforzi acuti e delle contusioni. Può capitare anche di sentirsi tutti “rotti”, soprattutto se si è esagerato. “Esiste una condizione muscolare che si manifesta gradualmente nei giorni successivi all’esercizio: consiste nella ‘dolenzia muscolare a insorgenza ritardata’ (Doms: delayed onset muscle soreness) – fa sapere Minetto – Problematiche tendinee a insorgenza acuta durante l’esercizio possono essere le rotture parziali o complete, mentre nei giorni successivi all’esercizio compare in genere il dolore associato a una infiammazione tendinea.

Il distretto articolare maggiormente interessato dalla patologia negli sciatori è il ginocchio, che viene super-sollecitato sia per il tipo di movimento praticato, sia per i nuovi materiali utilizzati dagli sportivi.

Così a livello del ginocchio si possono determinare nel corso dell’attività distorsioni articolari, che determinano un sovraccarico soprattutto per i legamenti. Il crociato anteriore e i legamenti collaterali possono di conseguenza andare incontro a rotture (parziali oppure complete), a cui possono inoltre associarsi fratture scheletriche (soprattutto a livello del piatto tibiale)”.

Infine, per chi fa sport sulle piste è bene far attenzione alla spalla: può essere interessata da una caduta oppure subirne l’energia indiretta soprattutto in caso di scivolata con il braccio esteso.

“Si può verificare una ‘separazione’ tra la testa dell’omero e la cavità glenoidea della scapola, ovvero la cosiddetta “lussazione di spalla”. – commenta Minetto – Altre possibili conseguenze per lo scheletro dei traumatismi da caduta sono la frattura clavicolare o quella della parte prossimale dell’omero.

Oltre alla spalla, le cadute possono inoltre causare patologie di mano e polso, soprattutto se si finisce a terra con le mani aperte. È il caso del ‘pollice dello sciatore’, provocato da una caduta con violenta spinta del bastoncino contro l’articolazione metacarpo-falangea e conseguente lesione del legamento collaterale ulnare”.

Ovviamente, in questa lunga sequenza di potenziali rischi favoriti dalla mancanza di preparazione, non bisogna dimenticare che l’avvicinamento alle piste e agli sport sulla neve deve essere graduale. Non sentitevi insomma in condizione di fare tutto il possibile nelle prime ore in pista. E considerate altri elementi.

“Per un’adeguata ‘conduzione’ dell’attività è fondamentale prestare attenzione all’attrezzatura, alle condizioni climatiche, allo stato delle neve (al mattino, ad esempio, luce e qualità della neve sono migliori rispetto al pomeriggio, quando questa diventa più farinosa e faticosa da sciare), alla condizione fisica nel giorno dell’attività (effettuare esercizi di riscaldamento prima di iniziare a sciare è sempre una buona idea), al grado di affaticamento.

Non è un caso che molti infortuni si verifichino proprio nella fatidica ultima discesa pomeridiana oppure serale. – conclude lo specialista – Ricordate che, quando la fatica si fa sentire, la reattività neuromuscolare diminuisce e aumenta quindi il rischio di cadute e lesioni”.

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