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L’inflazione all’ingrosso annuale del Giappone è aumentata ai massimi in sette mesi, raggiungendo il 4,2 per cento a gennaio e accelerando per il quinto mese consecutivo, evidenziando pressioni sui prezzi persistenti e rafforzando le scommesse del mercato su un altro aumento dei tassi di interesse da parte della banca centrale di quel Paese. I dati sono stati pubblicati dopo l’avvertimento rivolto ieri dal governatore della Banca del Giappone (BoJ), Kazuo Ueda, secondo cui i continui aumenti dei costi dei generi alimentari potrebbero influenzare le aspettative di inflazione del pubblico, sottolineando l’attenzione della banca centrale sui rischi di rialzi dei prezzi.
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Mentre gli analisti si aspettano che le pressioni inflazionistiche derivanti dall’aumento dei costi delle materie prime persistano, alcuni avvertono che l’impatto sui consumi potrebbe dissuadere la banca centrale dall’aumentare i tassi troppo presto. “Anche se i salari stanno aumentando solidamente, i costi elevati di cibo e energia stanno pesando sull’orientamento dei consumatori e ritardando la ripresa della spesa delle famiglie”, ha detto Takeshi Minami, capo economista presso il Norinchukin Research Institute. “Non c’è motivo di accelerare il ritmo degli aumenti dei tassi di interesse”, ha aggiunto.
La Banca del Giappone continuerà ad aumentare i tassi di interesse se l’inflazione di fondo accelererà verso l’obiettivo del 2 per cento, ha dichiarato il 5 febbraio un alto funzionario della banca centrale. “L’inflazione di fondo si sta dirigendo verso il 2 per cento, ma attualmente rimane al di sotto di tale livello. Pertanto, dobbiamo sostenere l’attività economica con una politica monetaria accomodante”, ha detto Kazuhiro Masaki, direttore generale del dipartimento Affari monetari della BoJ, nel corso di una audizione parlamentare. “Detto ciò, continueremo ad aumentare i tassi di interesse e ad adeguare il grado di supporto monetario se l’inflazione di fondo accelererà verso il 2 per cento, come prevediamo”, ha aggiunto. L’inflazione al consumo di fondo in Giappone ha raggiunto il 3 per cento a dicembre, segnando il tasso di crescita annuo più rapido degli ultimi 16 mesi e superando l’obiettivo del 2 per cento fissato dalla BoJ, come accade ormai da quasi tre anni consecutivi. Tuttavia, la banca centrale sostiene che l’inflazione di fondo non abbia ancora raggiunto in maniera stabile il valore obiettivo del 2 per cento.
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato tramite una dichiarazione nei giorni scorsi la conclusione dell’annuale missione in Giappone ai sensi dell’Articolo IV del trattato costitutivo del Fondo. Nella dichiarazione si legge che dopo tre decenni di inflazione quasi nulla, ci sono segnali che l’economia giapponese possa convergere in modo sostenibile verso un nuovo equilibrio. L’inflazione ha superato l’obiettivo del 2 per cento fissato dalla Banca del Giappone per oltre due anni e la carenza di forza lavoro sta favorendo la crescita salariale più forte dalla fine degli anni Novanta. Tuttavia, il Giappone continua ad affrontare sfide derivanti dall’invecchiamento della sua popolazione e dall’elevato debito pubblico. Secondo il Fondo monetario, le priorità politiche del Giappone riguardano ancora la gestione dell’inflazione, la ricostituzione dei margini fiscali e la prosecuzione delle riforme del mercato del lavoro per sostenere la crescita potenziale.
L’Fmi prevede che la crescita economica del Giappone possa accelerare nel 2025, con il rafforzamento dei consumi privati, poiché la crescita salariale superiore all’inflazione aumenterà il reddito disponibile delle famiglie. Si prevede che anche gli investimenti privati rimangano forti, sostenuti da alti profitti aziendali e condizioni finanziarie accomodanti. Il divario di produzione è stato colmato, e si prevede che la crescita converga al suo potenziale dello 0,5 per cento nel medio periodo. Secondo il Fmi l’inflazione complessiva e quella di base convergeranno verso l’obiettivo del 2 per cento fissato dalla banca centrale entro la fine del 2025, grazie alla moderazione dei prezzi delle materie prime per il petrolio e il cibo. Il Fondo prevede inoltre che l’attivo delle partite correnti si modererà nel 2025, poiché si ridurrà il saldo delle entrate, con il saldo commerciale che rimarrà in deficit.
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