Le elezioni dell’ANM, i loro risultati e qualche ipotesi (Vincenzo Giglio) – TERZULTIMA FERMATA

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Le votazioni dell’ANM e i loro risultati

Nei giorni tra il 26 e il 28 gennaio 2025 si sono tenute le votazioni per il rinnovo del comitato direttivo centrale (CDC) dell’associazione nazionale magistrati (ANM).

Su un totale di 8.404 registrati al voto hanno votato effettivamente 6.855 magistrati, pari all’81,75% degli aventi diritto.

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Questi i risultati (a questo link per la consultazione):

Magistratura indipendente (MI) ha ottenuto 2.065 voti e 11 seggi;

Area democratica per la giustizia (AREA) ha ottenuto 1.803 voti e 9 seggi;

Unità per la Costituzione (UNICOST) ha ottenuto 1.560 voti e 8 seggi;

Magistratura democratica (MD) ha ottenuto 1.081 voti e 6 seggi;

Articolo Centouno ha ottenuto 304 voti e 2 seggi.

Pochi giorni dopo i 36 neoeletti del CDC hanno votato per la nomina della nuova giunta esecutiva centrale (GEC) (a questo link per la consultazione).

Cesare Parodi (MI) è stato eletto nuovo presidente dell’ANM, subentrando a Giuseppe Santalucia.

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Marcello De Chiara (UNICOST) è stato eletto vicepresidente.

Rocco Maruotti (AREA) è stato eletto segretario generale.

Stefano Celli (MD) è stato eletto vicesegretario generale.

Giuseppe Tango (MI) è stato eletto coordinatore dell’ufficio sindacale.

Monica Mastrandrea (UNICOST) è stata eletta direttrice della rivista La Magistratura.

Fanno inoltre parte della GEC ma senza incarichi Chiara Salvatori (MI), Paola Cervo (AREA), Sergio Rossetti (MD) e Dora Bonifacio (UNICOST).

È già il momento di tracciare le prime conclusioni.

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La tornata elettorale dei magistrati associati e i suoi risultati sono stati seguiti con notevole interesse dai mass-media, a partire da quelli di rilievo nazionale, tanto da avere conquistato le prime pagine dei giornali e il prime time nelle trasmissioni televisive, con reportage e approfondimenti di ogni ordine e grado.

Il circuito mediatico ha quindi ritenuto centrale la notizia e come tale l’ha trattata.

Nel nostro Paese è un fatto piuttosto scontato – da decenni il modo di essere, apparire ed operare della magistratura e di taluni suoi esponenti di punta genera un interesse spasmodico e i professionisti dell’informazione lo assecondano e lo stimolano.

Questa ovvia constatazione non deve tuttavia impedire di rilevare l’apparente stranezza del fenomeno.

In fondo, si potrebbe dire, si sta parlando di un sindacato, sia pure rappresentativo di una categoria forte, e un’attenzione del genere è un unicum in Italia, non risultando, ad esempio, che le elezioni dei vertici dei tre grandi sindacati generali CGIL, CISL e UIL, siano seguite e scrutate in modo anche solo lontanamente simile a quello riservato alle elezioni dell’ANM.

Si impone allora una considerazione: l’opinione pubblica e chi la informa avvertono che l’ANM è ben più che un sindacato e che la scelta dei suoi rappresentanti di vertice è un passaggio non banale nel complesso equilibrio tra i poteri dello Stato.

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Un’anomalia comprensibile, dunque, date le vicende degli ultimi tre decenni della vita del nostro Paese, ma pur sempre un’anomalia, diretta conseguenza della robusta e irriducibile centralità della magistratura che ha di fatto spostato i contrappesi tra poteri dello Stato.

Il secondo punto attiene al risultato elettorale.

MI ha confermato la sua leadership, rimanendo la corrente più votata e con più seggi nel CDC.

L’esito complessivo del voto avrebbe tuttavia permesso la formazione di varie maggioranze, alcune delle quali avrebbero addirittura consentito di mandare in minoranza MI.

Così non è stato e la nuova GEC è il frutto di un accordo tra tutte le correnti, fatta eccezione per Articolo Centouno, unica formazione rimasta all’opposizione, il cui peso elettorale è comunque marginale.

Gli eletti, e le correnti di cui sono espressione, hanno dunque privilegiato la via di una rappresentanza unitaria, avvertendo evidentemente la pericolosità dell’attuale livello di scontro tra la maggioranza di governo e la magistratura e la necessità di presentarsi coesi alla controparte e ai cittadini.

Una conferma in tal senso viene dall’alto livello di partecipazione alle elezioni (hanno votato 8 elettori ogni 10 aventi diritto).

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Altri elementi di riflessione provengono dagli incarichi attribuiti ai componenti della GEC.

Appare evidente che i ruoli di maggior peso e influenza sono stati attribuiti alla parte di orientamento moderato degli eletti, tanto che l’unico incarico di qualche visibilità attribuito a MD è il vice segretariato generale il che si spiega senz’altro con il non brillante risultato elettorale ma potrebbe anche fungere da segnale, come a voler dire che d’ora in avanti si parlerà con parole nuove.

Cosa accadrà?

Se queste sono le premesse, che possiamo attenderci per il tempo a venire?

Quanto durerà l’unitarietà della rappresentanza magistratuale?

Il nuovo assetto del CDC e della GEC riuscirà ad aprire canali di dialogo oggi completamente chiusi?

Ciò che più conta e al di là di ciò che sembra, i capi dell’ANM cosa diranno e chiederanno davvero nelle interlocuzioni con l’Esecutivo?

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Le prime dichiarazioni del dopo elezioni non sembrano particolarmente miti e, al di là di belle parole di circostanza, neanche tali da suggerire una reale volontà di mediazione.

Il neopresidente Parodi, ad esempio, non ha fatto un millimetro indietro sul timore di un assoggettamento del PM all’Esecutivo. Queste le sue precise parole in un’intervista al Dubbio: “La preoccupazione dell’assoggettamento del pm all’Esecutivo è assolutamente la principale preoccupazione dell’Anm e mia personale” (a questo link per la consultazione).

E sullo sciopero dei magistrati programmato da tempo non concede alcuna apertura ad un ripensamento (a questo link per la consultazione).

Non meno determinate le prime esternazioni del segretario Rocco Maruotti (a questo link per la consultazione) che possono essere riassunte in questa frase: “Nutro forti perplessità sulla utilità di un incontro con il governo in questo frangente, a poche settimane da uno sciopero già indetto, e nella piena consapevolezza che non è intenzione del governo ritirare la riforma. Come ha detto il presidente Parodi, solo il ritiro della riforma potrebbe farci recedere dallo sciopero che abbiamo deliberato. Se l’obiettivo fosse quello di rasserenare il clima basterebbe porre fine agli attacchi a singoli magistrati che si limitano a fare il loro lavoro”.

Dello stesso tenore le dichiarazioni del vicepresidente Marcello De Chiara (a questo link per la consultazione): “Per formazione culturale considero il programmato incontro [il riferimento va inteso all’incontro con la Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, NDA] un fatto certamente positivo, che sembra inaugurare una fase dei rapporti tra potere esecutivo e magistratura, connotata da maggiore distensione. Ma non significa che l’Anm sia disposta a intraprendere una trattativa. È piuttosto l’occasione, mi auguro costruttiva e proficua, per argomentare le ragioni già espresse e più che mai vive nella giunta appena insediata, che si pone in perfetta continuità con quella precedente. Stanti i punti rispetto ai quali l’opposizione dell’Anm è totale, non riesco a immaginare una concreta possibilità di mediazione”.

Ecco, stando così le cose, non si riesce davvero a scorgere alcuna reale possibilità di mediazione.

Il Governo andrà dritto per la sua strada, come hanno ribadito vigorosamente tutti i suoi esponenti di vertice, e la magistratura resterà lì dov’è e dove è sempre stata da 30 anni.

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I suoi capi, senza eccezioni di sorta, affermano che la loro irremovibilità è tutta e solo nell’interesse di cittadini e magari ne sono pure convinti.

Resta però l’impressione, riguardo alle posizioni dell’ANM, di un ritardo di analisi e di realismo senza pari.

Posizioni inficiate da vizi tutti gravi: il “benaltrismo”, ovvero ben altro è quello che servirebbe alla giustizia; il “catastrofismo”, ovvero dopo di noi, dopo di noi come siamo e come vogliamo restare, il diluvio; il “mantrismo”, ovvero noi non possiamo dire che la separazione delle carriere porta all’assoggettamento del PM, ma lo temiamo e quindi lo diciamo lo stesso; il “negazionismo”, ovvero non abbiamo alcuna colpa, anzi siamo tra i migliori d’Europa, se solo ci ascoltassero voleremmo e molto altro ancora ma può bastare il già detto.

E magari un giorno, chissà, i cittadini chiederanno conto alla magistratura non di essersi opposta alla separazione delle carriere ma di non essere stata capace di uscire dalla gabbia dorata e di farsi una passeggiatina per le strade.



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