Vaniglia, l’oro nero dell’isola | il manifesto

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La vaniglia è una spezia deliziosa, costituita dal frutto di una specie d’orchidea, che si avvolge come una liana attorno agli alberi vicini, domandando loro supporto per crescere e prosperare. È lei la protagonista del libro di Gaëlle Bélem, Il frutto più raro. La scoperta della vaniglia (pp. 208, euro 18,50; traduzione di Alberto Bracci Testasecca per le edizioni e/o), insieme al giovane Edmond, colui che ad appena dodici anni saprà trovare il metodo per impollinare il fiore di questa spezia.
Ambientato nelle terre dell’est dell’isola della Réunion, il romanzo è costruito sulla documentazione indiretta a proposito della vita di Edmond Albius, il quale dopo l’abolizione della schiavitù nel 1848, acquisì un cognome in stretto legame col colore del fiore della pianta che gli aveva dato una discreta – ma non adeguata – notorietà. Gaëlle Bélem, secondo gli stilemi della biografia storica, ci mostra tutti i travagli di questo giovane uomo in un periodo storico permeato dal razzismo strutturale e in cui il dominio coloniale non sembrava ancora realtà discutibile. Orfano, figlio di schiavi di origine mozambicana, Edmond crescerà nutrito dalle balie di un colono, Ferréol Bellier Beaumont, che lo inizierà alla botanica e proverà a trattarlo come un figlio. Come l’orchidea tropicale Edmond cresce grazie all’appoggio e le cure di questo genitore d’adozione, con il quale si intesserà tuttavia una relazione ambivalente – perché Edmond era figliastro e schiavo insieme.
«È un bambino forgiato e nato in piedi nella scomodità di un destino sbilenco, e quella fragilità primaria lo porta d’istinto verso le piante vulnerabili, quelle che per crescere dritte hanno bisogno come lui di appoggiarsi a un tutore, a un tronco più robusto».
Spaziando dal territorio riunionese a Parigi, nel Jardin des Tuileries, fino al Messico Gaëlle Bélem disegna con questo libro arioso un ritratto complesso, capace di ricostruire i segni cancellati della vita di un ex schiavo, sollevandolo dalla massa anonima e silenziosa di quei soggetti subalterni e invisibilizzati, che attraversano la Storia senza quasi lasciare tracce.

Nel suo romanzo si percepisce da una parte il forte legame della voce narrante con l’isola della Réunion e, dall’altra, l’importanza di una ricerca d’archivio, che ha portato alla ricostruzione della vita del protagonista, Edmond Albius, un personaggio storico, realmente esistito, ma invisibilizzato. Vuole parlarcene?
Scrivere è ricucire un mosaico di voci diverse. È ancora più difficile quando si deve dare voce, pensieri e un’intera anima a un personaggio storico di cui si hanno pochissime tracce. È stato il mio profondo amore per l’isola della Réunion e per la sua storia che mi ha portato a descrivere il suo protagonista. Edmond è un uomo senza voce, uno di quei Cafri originariamente nati per il piccone e il dolore, un transfugo di classe di cui gli archivi dicono ben poco. La mia immaginazione ha dovuto colmare le lacune degli archivi.

La storia di Edmond Albius si intreccia a quella della vaniglia – altra protagonista del suo romanzo – del cui segreto tutti vogliono appropriarsi. Ci riesce un ragazzino di dodici anni. Cosa rappresenta e cosa ha rappresentato per l’isola della Réunion la vaniglia?
A seconda dell’anno, il Madagascar realizza il 60-80% della produzione mondiale di vaniglia. Con appena 21 tonnellate prodotte da meno di 200 produttori su meno di 200 ettari di terreno, la Réunion non è una regione da quantità. La vaniglia Bourbon, invece, è rinomata per la sua incredibile qualità ed è utilizzata da alcuni dei migliori chef e pasticceri del mondo. Questa spezia delicata e costosa, un vero e proprio bene di lusso, è un prodotto illustre della terra locale. In questo senso, non ha nulla da invidiare al caffè Bourbon Pointu, all’ananas Victoria, al cacao Criollo e ai litchi di Bras-Canot, altri gioielli della nostra agricoltura. Non c’è da stupirsi, visto che Réunion è la culla storica della loro produzione mondiale. Più che un prodotto alimentare, la vaniglia Bourbon è un motivo di orgoglio per la nostra identità. La vaniglia può essere utilizzata essiccata, glassata, intera o come caviale. Può essere utilizzata anche in tutti i tipi di salse. Le specialità più popolari della Réunion includono l’anatra alla vaniglia e il gâteau di patate dolci aromatizzato alla vaniglia. In un Kaz (casa o appartamento in creolo) non è raro trovare una bottiglia di rhum arrangé con un baccello di vaniglia in infusione. A Sainte-Suzanne, città natale di Edmond Albius, si tiene ogni anno un festival della vaniglia e la tenuta Grand Hazier, una piantagione di vaniglia nel nord dell’isola, è uno dei siti turistici più visitati dell’isola. Infine, la nostra unica guida gastronomica, la versione locale della guida Michelin, valuta la qualità degli chef in base al numero di baccelli ricevuti, che va da 1 a 3. In breve, la vaniglia è l’oro nero dell’isola, onnipresente e tuttavia discreta, dappertutto eppure costosissima.

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Insieme a una sorta di Eden, rappresentato dal lussureggiante giardino in cui Edmond può circolare liberamente fin da piccolo, ci sono le ampie distese delle piantagioni di canna da zucchero, dove invece ogni libertà è calpestata. In questa prospettiva alienante cresce la relazione tra Edmond e il padre adottivo, Ferréol, che però è anche quella tra schiavo e padrone. Cosa ne sarà di questa relazione?
Il giardino in cui Ferréol accompagna Edmond è un paradiso vietato agli altri schiavi. L’ho immaginato come l’Eden della Genesi, dove Adamo vaga, conversa con Dio e dà il nome a tutte le specie che scopre. Ferréol è una figura trinitaria, allo stesso tempo dio, padre e padrone di Edmond. Il loro rapporto è destinato a cambiare. Edmond dimentica il suo rango e le sue origini servili più facilmente di Ferréol. Vuole imparare, conoscere, assimilare quanto il suo padrone. Vuole diventare un botanico. Non c’è da stupirsi. Vive da bianco in un paese di neri. La svolta nella loro relazione avviene nel 1841. Quando scopre come impollinare manualmente la vaniglia, non è più un figlio ma uno schiavo. Ferréol non vuole infatti che il figlio adottivo lo metta in ombra o sfugga al suo controllo. Non lo libera per dono eccezionale. La complicità, la gratitudine e la passione reciproca si trasformarono in diffidenza, competizione e ribellione. Dopo un lungo e burrascoso periodo di cordiale disprezzo e di ostinato silenzio, arriva il momento del rimpianto, del perdono e della riconciliazione. Ma tutto questo richiede decenni. In ogni caso, il rapporto Edmond-Ferréol è un’immagine speculare e senza tempo delle relazioni umane.

La dominazione coloniale traspare in ogni pagina del suo libro e con essa la piaga dello schiavismo. Lei ci presenta alcuni scampoli di questa società, interamente fondata sul razzismo strutturale e sulla discriminazione razziale. Cosa ne sarà di Edmond Albius a seguito della soffocata notorietà?
La sua scoperta rivoluzionò la produzione di vaniglia per quasi due secoli, facendo dell’isola della Réunion uno dei produttori della migliore vaniglia del mondo. Tuttavia, durante la sua vita, Edmond era un illustre sconosciuto, perché lo status di schiavo lo rendeva anonimo. Dopo l’abolizione della schiavitù (1848), Edmond fu cuoco, prigioniero, amante, marito, contadino, piccolo proprietario e vedovo. Oso sperare che fosse felice, inebriato da quella parte di felicità che deriva anche dalle cose semplici. Nel Gattopardo, Tomasi di Lampedusa usa un’espressione diventata famosa: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Questo paradosso riassume perfettamente la vita di Edmond. La vaniglia ha cambiato la sua storia, ma la sua vita è rimasta com’era.



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