i temi sul tavolo del vertice per l’anniversario dei Patti Lateranensi

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La celebrazione dei Patti Lateranensi, nell’anniversario della loro sottoscrizione, non costituisce solamente l’occasione per conservare la memoria storica di un avvenimento che ha rappresentato una svolta nelle relazioni tra lo Stato e la Chiesa in Italia. L’appuntamento (oggi, giovedì 13 febbraio, anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà alle celebrazioni), sollecita anche una riflessione sull’assetto istituzionale delineato dai Patti nel 1929 e sulla evoluzione e attualità di quel modello.

La qualificazione di quell’evento come Conciliazione, termine adottato successivamente per denominare la via che apre senza alcuna barriera la città di Roma verso la basilica di San Pietro e la Città del Vaticano, sottolinea che con il Trattato Lateranense e con il Concordato è stato definitivamente superato e sanato il dissidio tra lo Stato nazionale e la Santa Sede, dando una soluzione concordata alla Questione romana, sorta con l’annessione di Roma al Regno d’Italia. Ne è derivato un assetto radicato nel diritto internazionale e idoneo a fornire alla Santa Sede le garanzie di “assoluta e visibile indipendenza” necessarie, come enuncia il Trattato, “per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo”. Queste finalità sono alla base della costituzione e del riconoscimento dello “Stato della Città del Vaticano sotto la Sovranità del Sommo Pontefice”, unitamente alle altre garanzie e immunità personali e reali che il Trattato lateranense assicura. “Una minuscola sovranità temporale, quasi più simbolica che effettiva, Ci qualifica (…) liberi e indipendenti”, dirà Paolo VI nella storica visita in Campidoglio del 16 marzo 1966, la prima di un Papa dopo Pio IX.

Alla costituzione dello Stato della Città del Vaticano ed alla sovranità territoriale si unisce il riconoscimento, anch’esso dichiarato nel Trattato, della “sovranità della Santa Sede in campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione nel mondo”. La Costituzione repubblicana ha disancorato i Patti Lateranensi dal contesto politico e istituzionale nel quale erano stati stipulati e li ha innestati nel nuovo ordinamento democratico al più elevato livello delle fonti. Il riconoscimento della reciproca indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa, nella distinzione dei rispettivi ordini, è la premessa e la cornice per l’affermazione che i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi, come pure per l’apertura alle modificazioni dei Patti che le Parti avessero convenuto. Su queste premesse si è aperto il percorso della revisione del Concordato mediante un nuovo Accordo tra le Parti, come prefigura e consente la Costituzione, per dare nuova sostanza alla reciproca collaborazione nel rispetto dell’indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa nei rispettivi ordini. La sottoscrizione, nel 1984, dell’Accordo che apporta modificazioni al Concordato Lateranense, nella sostanza sostituendone pressoché integralmente il testo, delinea un nuovo assetto nelle relazioni tra lo Stato e la Chiesa. Ed proprio su queste basi che prosegue il percorso parallelo dei due attori protagonisti di questa pagina di storia, destinata a non chiudersi mai.

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E sarà molto importante sentire cosa dirà la premier sul tema, avendo la Meloni impostato il proprio percorso politico sul principio del rispetto reciproco. Un elemento, questo, di fondamentale importanza. Prova ne è stata la collaborazione per il Giubileo, grazie al prezioso lavoro del sottosegretario, Alfredo Mantovano, personaggio chiave del governo, essendo considerato il “pontiere” tra la politica e il Vaticano, anche per via del fatto che in passato è stato vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino, un think tank di giuristi con posizioni affini a quelle della Chiesa cattolica su temi come l’aborto. Inoltre Mantovano ha un buon rapporto di fiducia con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Anche uno dei collaboratori di Mantovano, Alessandro Monteduro, è ben inserito nel mondo cattolico. Dunque la linea del dialogo fra le due sponde del Tevere è sempre aperta, al di là delle logiche differenze su questioni pratiche, come nel caso del premierato. Ma quello fa parte della normale dialettica fra le parti, senza mutare la sostanza. Detto ciò l’incontro di oggi passerà alla storia come il terzo vertice che vede il governo Meloni da una parte, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e dall’altra la delegazione del Vaticano e della Cei, con alla guida il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Le delegazioni si vedranno all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per fare il punto sui temi di interesse reciproco e concordatario, celebrando l’annuale summit bilaterale delle più alte cariche istituzionali della Repubblica italiana e della Santa Sede, in cui si celebrerà il 96/o anniversario dei Patti Lateranensi e il 41/o dell’Accordo di modifica del Concordato.

Il vertice arriva mentre il quadro internazionale è ancora gravato dagli scenari di guerra, sulla cui evoluzione è tuttora arduo tirare analisi e bilanci, mentre ci si confronta anche con il nuovo e particolarmente assertivo ruolo esercitato dall’amministrazione Usa a trazione Donald Trump. Tali argomenti non mancheranno di figurare nei colloqui all’Ambasciata di Viale delle Belle Arti, specie se confermeranno la loro presenza i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto (quest’ultimo domenica, col collega Giancarlo Giorgetti, era anche in Piazza San Pietro alla messa del Papa per il Giubileo delle Forze armate, di Polizia e di Sicurezza). Su questo fronte, peraltro, il Vaticano non si stanca di richiamare a una linea definita a un livello il più possibile comune negli ambiti multilaterali, sia con riferimento all’Onu che all’Unione Europea.

Passando a temi che riguardano in modo più diretto l’Italia, al centro non può esserci che la gestione del Giubileo, con l’arrivo di pellegrini da tutto il mondo, dopo la stagione preparatoria dei cantieri (ce ne sono di ancora aperti) e di una collaborazione Italia-Vaticano su cui le autorità d’Oltretevere hanno già più volte ringraziato quelle nazionali. E a chi lamenta che l’Anno Santo “non sta andando bene”, ha già risposto l’organizzatore per conto del Papa, monsignor Rino Fisichella, spiegando che finora sono un milione e 300 mila le persone che hanno attraversato la Porta Santa di San Pietro. “Non è un numero esiguo – ha commentato presentando proprio il Giubileo delle Forze Armate -, essendo gennaio e febbraio un periodo in cui Roma è alquanto tranquilla”. Fisichella ha comunque voluto precisare: “I numeri, per chi organizza il Giubileo, non sono il criterio di validità sulla sua riuscita: non sono i numeri che fanno dire ‘il Giubileo è riuscito’. Perché se dovessimo contare i numeri, gli albergatori ci dicono che il Giubileo va male, se sentiamo i ristoratori ci dicono che va benissimo”.



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