Ambiente, fronte caldo nel Veneto

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Tra il processo Miteni e il caso dell’inceneritore di Schio per non parlare delle rogne della Superstrada pedemontana veneta, il fronte ambientale Veneto rimane «rovente». Una delle prime bordate, ieri 11 febbraio, è giunta dalla rete ambientalista delle Mamme No Pfas, che reso pubblica una nota di fuoco che assume un significato ancor più particolare alla luce del fatto che domani a Vicenza è prevista una delle udienze più delicate proprio in relazione all’affaire Miteni, la fabbrica trissinese che è accusata di aver avvelenato le acque di mezzo Veneto centrale tra Veronese, Vicentino e Padovano. Il caso, che è di portata continentale, continua ad essere seguito con attenzione anche da testate specialistiche come Lavialibera.it.

LE INCOGNITE SUL PROCESSO MITENI

«Le Mamme No Pfas – si legge nella nota firmata da Michela Piccoli, il volto più noto del coordinamento – vogliono pubblicamente ringraziare tutti coloro che durante il presidio al Tribunale di Vicenza di venerdì e sabato scorso hanno mostrato la loro vicinanza. Grazie a tutti, soprattutto ai tanti ragazzi e ragazze che hanno partecipato chiedendo di proteggere il loro futuro».  La politica, spiegano le attiviste, «deve ora farsi carico delle richieste di gran parte degli scienziati, di numerosi Stati, della collettività di mettere al bando i Pfas».

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Ad ogni modo i «temutissimi Pfas» sono una famiglia sterminata di composti artificiali derivati del fluoro e del carbonio: considerati in larghissima parte nocivi dalla scienza. Anche  l’Istituto superiore di sanità sanità per non parlare di altre agenzie hanno rimarcato come siano «necessari limiti ancora più rigorosi per fare fronte ad un’emergenza, in particolare per noi, che viviamo in una zona profondamente impattata». Durante l’udienza di giovedì scorso «il pubblico ministero Paolo Fietta  ha parlato apertamente di dolo, perché chi conosceva la tossicità di queste sostanze consapevolmente ha deciso di continuare a produrle, a riversarle, a permettere che la contaminazione si estendesse e la situazione diventasse irreversibile». Poi c’è un’ultima scudisciata che suona come un vero e proprio monito a tutti: «Confidiamo nella giustizia, che accerti le responsabilità e tuteli le vittime di questo dramma che stiamo vivendo».

L’ALTO VICENTINO SI MOBILITA: IL FILMATO

Sempre ieri una trentina di ambientalisti ha organizzato un presidio in via Lago di Pusiano a Schio, sotto la sede di Alto vicentino ambiente (nel riquadro un monento del sit-in). La ditta, meglio nota come Ava, è la società intercomunale che gestisce il ciclo dei rifiuti nell’Alto vicentino. Nonostante la contrarietà dell’amministrazione comunale della città laniera, che è pure il socio più importante, la spa è intenzionata a potenziare l’inceneritore già esistente. Da anni la cosa sta scatenando le ire dei residenti che ieri, si sono dati appuntamento ai cancelli della ditta per gridare il loro no «all’ampliamento» che viene considerato «insostenibile sia sul piano ambientale che da un punto di vista finanziario». Di più, i residenti del comprensorio temono che i fanghi che saranno inceneriti una volta potenziato l’impianto possano contenere «i temutissimi Pfas». E tant’è che durante il presidio (ripreso dalle telecamere di Vicenzatoday.it) è stato esposto uno striscione che lasciava poco spazio alla fantasia: «Non ci brucerete il futuro».

GALLERIE E INFILTRAZIONI: SULLA SPV A PALAZZO FERRO FINI È BATTAGLIA

Ancora diversa invece è la querelle in corso sulla Superstrada pedemontana veneta meglio nota come Spv. Si tratta di una infrastruttura di 95 kilometri che connette Spresiano nel Trevigiano a Montecchio Maggiore nell’Ovest vicentino. Tra le mille polemiche che nel tempo hanno investito l’iter che ha portato al completamento dell’opera, ci sono quelle relative allo stato di salute delle gallerie. Tra infiltrazioni d’acqua e chiusure il caso è divenuto sempre più eclatante finendo più volte all’attenzione dei media nazionali. La situazione è divenuta così tesa che lo stato delle gallerie è finito nel mirino del Ministero delle infrastrutture.

Di più i comitati hanno pure chiesto la rescissione in danno del contratto. Si tratta di un mix politicamente tossico che potrebbe addirittura divenire un ostacolo per chi come la giunta regionale del Veneto ha l’obiettivo di ricondurre sotto l’ombrello di Palazzo Balbi, la concessione della autostrada Brescia-Padova: in modo da avere la liquidità per tamponare le perdite del bilancio regionale. Sul cui groppone pesa l’onere di garantire alla Sis-Spv, (il concessionario privato della Spresiano- Montecchio) il lucro da mancati pedaggi: visto che l’arteria «è sempre mezza vuota».

Ed è in questo quadro che alcuni giorni fa in consiglio regionale le opposizioni di centrosinistra (Pd, Europa verde e M5S) si sono presentate compatte per ascoltare la risposta ad una interrogazione posta alcuni mesi fa all’assessore ai traporti Elena De Berti. Che aveva appunto il compito di riferire in aula sulle iniziative «poste in essere dalla amministrazione regionale» anche perché questa, sulle prime, aveva fatto la voce grossa. Quando in aula a palazzo Ferro Fini però l’avvocato De Berti ha fatto sapere (Vicenzatoday.it può produrre il testo integrale della riposta) che è ancora in attesa del risultato definitivo di una consulenza esterna in forza della quale palazzo Balbi potrà fare le scelte più opportune, le opposizioni si sono scatenate.

LUISETTO E ZANONI CONTRO DE BERTI

Chiara Luisetto del Partito democratico è furibonda: «Sono passati mesi prima di avere una risposta. È molto grave che il concessionario, dopo essere stato sollecitato più volte alla sistemazione del tratto e diffidato con atto di contestazione, non abbia ancora risolto il problema. Ed è già grave il fatto stesso che la Regione Veneto abbia dovuto sollecitare Sis ad intervenire. Non lascia tranquilli neppure l’affermazione di Sis che, con superficialità, ha dichiarato che non ci sono sovrappressioni in calotta e che con una canaletta il problema si sarebbe risolto, intervento che poi si è dimostrato totalmente insufficiente a superare la criticità». Anche il consigliere regionale di Ev Andrea Zanoni definisce «assolutamente insoddisfacente» la replica di De Berti accusando l’assessore di aver fornito una spiegazione «troppo annacquata».

LE BORDATE DI ERIKA BALDIN

Durissima è la capogruppo del M5S Erika Baldin che non le manda a dire. «La Superstrada pedemontana venta è pericolosa oltre che inutile, mentre – si legge in una nota diffusa ieri – non è ancora stato risolto il problema delle infiltrazioni d’acqua nella galleria vicina a Malo. La Regione pretenda dal concessionario una soluzione definitiva e veloce». Il primo intervento, infatti, datato tra il 18 e il 23 ottobre, aveva convogliato le acque meteoriche al piede della galleria stessa, facendole defluire nelle tubazioni a lato della carreggiata stradale per il normale deflusso: «Non ci si può trincerare dietro fenomeni atmosferici sempre più preoccupanti con il cambiamento climatico in atto – aggiunge l’esponente del M5S – quando probabilmente i lavori non sono stati eseguiti a regola d’arte fin dall’inizio, nonostante gli ingenti mezzi a disposizione della tecnica contemporanea. Il problema è appunto alla base di un’opera impattante, non necessaria e assai poco frequentata dal traffico veicolare, che oltretutto non lascia dormire sonni tranquilli. Non ci si può permettere che la galleria attorno a Malo sia messa così. Spero che la Giunta regionale sia altrettanto allarmata da ciò come lo sono io».

Di qui la richiesta di ulteriori solleciti verso indagini rigorose e una soluzione definitiva ormai urgente. «Il problema – sottolinea Baldin – è stato riconosciuto tale anche dalla Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture». Si tratta di un organismo direttamente riconducibile al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti peraltro. Organismo che ha «intimato al concessionario di dare piena e concreta evidenza della presa in carico della questione, indicando le misure adottate e programmate in proposito. L’azienda – conclude la consigliera – deve anche tenere informata la Regione del Veneto ogni quindici giorni, riguardo lo stato delle opere. I quattro mesi stanno appunto scadendo ora, a febbraio: pertanto attendo dall’ente una dettagliata ed esaustiva relazione, in merito al rispetto o meno degli impegni presi».

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«URBANIZZAZIONE SELVAGGIA» A COLCERESA

Ad ogni modo pure nell’Est vicentino la tensione sta salendo. A Colceresa i residenti sono sul piede di guerra in ragione di un maxi insediamento privato che potrebbe essere autorizzato a breve dal Comune. Il caso non solo è noto ai media, ma di recente Masolo ha pure effettuato un sopralluogo in zona denunciando quello che definisce una cementificazione inaccettabile del territorio. Tanto che molti residenti già parlano di «urbanizzazione selvaggia». E la situazione è effervescente anche a Tezze sul Brenta. Dove di recente il sindaco Luigi Pellanda è stato costretto dagli eventi a diramare un provvedimento molto duro nei confronti di due imprese. Sulle quali ora cade l’onere di rimuovere una copertura in amianto «nel sito produttivo di via Campagnari 20».

L’AFFAIRE FIBROCEMENTO: INTERVIENE IL SINDACO PELLANDA

Più nel dettaglio l’ordinanza è stata firmata dal capo dell’esecutivo di Tezze il 10 gennaio 2025 ed è la prima dell’anno. «Nel mese di settembre del 2024, personale di Arpav e del Dipartimento di prevenzione dell’Aulss 7 Pedemontana – si legge – ha eseguito alcune verifiche tecniche presso lo stabilimento produttivo di via Campagnari 20, di proprietà della società Industria ribaltabili italiana srl ed affidato all’uso della società Isi allestimenti srl in liquidazione, allo scopo di accertare lo stato di conservazione della copertura in fibrocemento del medesimo stabilimento». E ancora, «all’esito di dette verifiche è stato confermato che, a causa dell’eccezionale evento atmosferico» ossia di una grandinata che risale al 13 luglio 2023», la copertura dello stabilimento produttivo ha subito un rilevante danneggiamento».

Inoltre «è stato verificato che alcuni frammenti di detta copertura giacciono sul sedime di contorno dello stabilimento ed altri hanno raggiunto le aree scoperte» come «giardini pertinenziali a fabbricati residenziali… di costruzioni contermini allo stabilimento produttivo». Peraltro «le analisi di tali frammenti, eseguite da Arpav, hanno evidenziato che il materiale è costituito da fibrocemento, con presenza di fibre di amianto». In altre parole l’amianto sarebbe finito addirittura nei terreni privati attigui. Ed è per queste ed altre ragioni che Pellanda ha intimato ad entrambe le ditte di provvedere «immediatamente alla bonifica», nonché alla «rimozione» e allo «smaltimento della copertura dello stabilimento produttivo sito» per l’appunto «in via Campagnari 20… previa predisposizione di piano di bonifica della copertura e di smaltimento della stessa ed acquisizione di autorizzazione al compimento di dette attività ad opera delle competenti autorità amministrative».

GUARDA LA SINTESI DEL SIT-IN ORGANIZZATO A SCHIO



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