Crediti fotografici: Omar Breda
L’intervista
“Stars Cooking – Young Challenge” è un congresso pensato e condotto da Fabrizio Nonis, alias El Bekér, con l’obiettivo di valorizzare e promuovere i giovani chef nel panorama gastronomico odierno. La terza edizione, svoltasi lunedì 3 febbraio 2025 presso il prestigioso Center of Excellence di Electrolux Professional a Pordenone, è stata inaugurata dal Ministro Luca Ciriani, a ulteriore conferma dell’interesse da parte del governo nei confronti della cucina italiana candidata a Patrimonio Immateriale dell’Unesco. Il riscontro da parte del pubblico è risultato più che sorprendente (è stato raggiunto il Sold Out 10 giorni prima!): l’interlocuzione è stata continua e piacevole, oltre che particolarmente dinamica.
Durante la giornata cinque talenti, legati da un minimo comun denominatore – umiltà mescolata a sana ambizione – hanno presentato le loro idee incentrate sul tema Don’t Waste (Food), Don’t Lose (Time). I loro nomi? Ariel Hagen, Mattia Bianchi, Marco Galtarossa, Riccardo Barni e Alberto Toè, seguiti da altrettante figure di spicco qualificate e diversificate: i mentori, che hanno condiviso le loro esperienze fornendo preziosi spunti di riflessione sulla ristorazione e sul management. Parliamo di vere e proprie autorità nel settore: Chicco e Bobo Cerea, Aya Yamamoto, Peppe Guida, Terry Giacomello e Raffaele Alajmo.
““Star Cooking – Young Challenge” è nata per offrire agli chef sotto i quarant’anni un’opportunità di crescita in un ambiente incentrato sulla qualità e sul confronto. Si viene così a creare uno spazio dove i singoli momenti diventano fondamentali, come pure l’approfondimento e lo scambio reciproco; il convegno non è basato sulla rapidità, si punta al dialogo, anche (e soprattutto) con la platea esperta, e alla trasmissione di un turbinio di visioni, progetti, prospettive, difficoltà. Inoltre, ognuno ha il suo ruolo, ma ciascuno viene trattato con pari importanza, compresi i secondi”, dichiara Nonis.
Lo slogan di quest’anno parla forte e chiaro: non è una tendenza passeggera, ma un modus operandi che si traduce concretamente nelle proposte e guida le scelte dei professionisti. “Gettare via il cibo è inammissibile, eppure rappresenta un problema quotidiano. Tuttavia, è necessario ribadirlo e dimostrare che, attraverso l’ingegno e la tecnica, si può dare una seconda chance a quelle parti di materie prime rimaste inutilizzate o non valorizzate, sia animali che vegetali, come bucce e frattaglie. Io stesso, da macellaio, mi sto battendo per far sì che il concetto di Etik Meat venga riconosciuto come un approccio responsabile, convincendo i consumatori a ridurre lo spreco, e promuovendo tagli meno pregiati rispetto al classico filetto, ma altrettanto gustosi come il muscolo, le ossa, le guancette, il diaframma, e così via. Si può mangiare di più, senza eccedere, sacrificando di meno (circa un terzo). Mentre la stagionalità è determinante oggigiorno, consente di lavorare con ingredienti freschi, riducendo l’impatto ambientale e valorizzando la biodiversità. Dall’altro lato c’è il fattore tempo, estremamente prezioso, e al contempo fugace – lo abbiamo imparato con il Covid-19. La nuova generazione ha voglia di spiccare, ma desidera ritagliarsi degli istanti più o meno lunghi da dedicare alla vita privata”.
Tali osservazioni hanno alimentato lo sviluppo di considerazioni significative che riassumono il fine ultimo dell’iniziativa, tanto che “Il congresso è stato animato dalla genialità degli illuminati partecipanti, e con il loro contributo hanno illuminato coloro che si sono recati ad ascoltarli (il parterre era pienissimo)”.
Un altro aspetto esaminato riguarda la deontologia comportamentale a tavola: “Anche i commensali, dal canto loro, dovrebbero quanto meno riuscire ad abbandonare il cellulare per almeno una mezz’ora, se non per 15 minuti, sarebbe già una conquista! Viene controllato troppe volte a pasto. Il gesto non è solo irrispettoso nei confronti della brigata, ma impedisce di apprezzare l’esperienza nel suo insieme, rendendo il momento a tavola meno prezioso di quello che in realtà dovrebbe essere“.
Tornando al simposio, Fabrizio ci tiene a raccontare l’evoluzione delle Lectio Magistralis e tutte le sfaccettature che hanno reso unica la rassegna: “Su sei ricette, quattro erano 100% green: i giovani chef under 40 hanno saputo distinguersi onorando le proprie origini, dando sfogo alla fiamma ancestrale che vibra nelle loro anime esprimendo caratteristiche peculiari; sono meravigliato poiché non si sono orientati esclusivamente verso preparazioni a base di carne, nonostante tutti ce le abbiano in carta. Mi spinge a confermare che il focus del confronto è stato interpretato correttamente. Ad esempio, in uno dei piatti il cavolfiore è stato adoperato con le sue foglie, per realizzare delle chips particolarmente accattivanti, lo stesso è stato fatto con il carciofo. Uno di loro invece, ha prodotto un brodo – quasi oleoso – adoperando il midollo e la componente grassa. Ho notato un certo sforzo nell’applicare la tecnologia al recupero di avanzi e ritagli, e riproporli in una veste tutta nuova, nobile e griffata: cotture lente, a bassa temperatura, aromi e impiattamento, sono elementi che hanno collaborato al raggiungimento del successo”.
Alla domanda “Se dovesse dare un consiglio ai ragazzi, quale sarebbe?”, il gastronomo errante risponde: “Ponetevi dei paletti fermi, degli obblighi! Eliminate dal menu il superfluo, ciò che non serve! Ottimizzate quanto più potete: esemplare uno degli young chef, il quale ha saputo sfruttare con criterio e a lungo termine una risorsa interna, dopo aver raccolto tantissimi asparagi nell’orto, fra aprile e metà giugno, ha deciso di surgelarli e conservarli”.
E conclude: “Abbiamo bisogno che gli emergenti ci indichino un nuovo percorso per il futuro, ma non accadrà finché i mentori non daranno loro spazio, forza e protezione”.
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