In un 2025 nato sotto il segno del Fuoco, è interessante ripassare l’altra faccia della medaglia dell’emergenza climatica: la desertificazione contemporanea; un compendio di storia della crisi idrica lo offre Fred Pearce, con un testo scritto nel 2006, riedito nel 2016 e da pochi mesi riproposto in una nuova edizione aggiornata dal Saggiatore nella traduzione di Massimo Gardella.
IL DRAMMA E’ CHE TUTTE le questioni sollevate dal giornalista britannico ossessionato dai fiumi e laghi dopo vent’anni sono tutte ancora lì, insolute e ulteriormente complicate; lo studio d Pearce parte proprio dall’interesse alle vene e agli specchi colorati di celeste sulle mappe: segni grafici che sbiadiscono e scompaiono restituendo una geografia fisica di territori che vanno prosciugandosi. E da questo disallineamento tra il mondo e la sua rappresentazione bidimensionale parte una ricerca che ha in premessa l’analisi e il calcolo dell’acqua virtuale (quella che occorre per la produzione di un bene: per fare un chilo di caffè ce ne vogliono ventimila litri) e viaggia dal Ciad al Colorado, dal delta del Mekong ai fiumi calcarei di Inghilterra.
COMUNE DENOMINATORE a tutte le storie di carenza idrica è l’avidità privata che, sottoforma ora di trivellazioni e pompe, ora di dighe o di dirottamento di letti di fiume, vede governi più forti sottrarre risorse ad altri meno attrezzati, tirando una coperta che è rinnovabile ma dovrebbe servire a coprire tutti. La vecchia storia di Esopo, superior stabat lupus, vede la Cina predatoria nei confronti di Cambogia e Vietnam, Israele che si accaparra le acque del Giordano dove venne battezzato il suo dio e lascia all’asciutto una valle intera.
QUANDO PEARCE ha intrapreso la sua ricognizione del mondo assetato Gaza non aveva ancora il 70% dei suoi edifici ridotti in macerie, ma i palestinesi disponevano già di un quarto d’acqua in meno rispetto ai loro vicini israeliani: meno di settanta litri d’acqua al giorno al persona. E a un contadino come Ahmad Qot, proprietario di tre vacche e due pecore, abitante di Madama nel Governatorato di Nablus, toccava più volte la settimana raggiungere una sorgente pulita in un villaggio vicino passando per un checkpoint dell’esercito israeliano. «A volte sulla via del ritorno rovesciano per terra l’acqua dei contenitori senza dirmi perché», ha raccontato.
NON SORPRENDE (TROPPO) leggere che lungo il fiume Giordano si è innescata la prima guerra moderna per l’acqua quando lo stesso elemento potrebbe essere strumento di pace (Assie Issar scienziato israeliano aveva avviato un progetto per rendere fertile il deserto del Negev predicando la condivisione della acque in nella regione), sono invece meno popolari altre macroscopiche vicende indagate nel libro: ad esempio la storia dell’estinzione del lago d’Aral, nell’Asia Centrale, la più grande catastrofe ambientale del secolo, per la morte di due grandi fiumi che vi sfociavano, le cui acque vennero utilizzate per irrigare piantagioni di cotone nel deserto.
FONDAMENTALI ANCHE i capitoli sulle paludi, preziosi ecosistemi e riserve idriche da gestire assennatamente: la bonifica di quelle della Lousiana fu corresponsabile dell’inondazione di New Orleans nel 2005, all’arrivo di Katrina. In questo atlante discretamente spaventoso delle emergenze fluviali e lacustre dell’orbe terracqueo, Fred Pearce prende in considerazione una serie di approcci per ottenere acqua: la via dell’inseminazione delle nuvole, praticata in Idaho sganciando cristalli di ioduro d’argento dagli aerei, in Cina dove utilizzano allostesso scopo cannoni e in India dove preferiscono i droni. A desalinizzare si prova da sempre, meno intuitivo e gradevole il metodo del riciclo e potabilizzazione delle acque reflue : si tratta di bere liquami puliti in pratica, come accade a Singapore o a Londra.
CI SONO PROCEDIMENTI più poetici, la raccolta di rugiada degli agricoltori di Lanzarote nelle Canarie che circondano i loro campi con cumuli di ghiaia vulcanica che trasforma in condensa l’umidità. Una pratica che apre riflessioni sulla possibilità di sfruttamento dell’acqua presente nell’aria prima che il fuoco, e il quinto elemento che non è l’amore ma la l’idiozia umana, cancelli non solo i fiumi e i laghi dalle mappe di Pearce ma anche intere porzioni di mondo.
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