Il 20% di nucleare in Italia non è indispensabile, è molto costoso e impraticabile entro il 2050

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di Edo Ronchi

Sento continuamente ripetere – l’11 febbraio da Federico Fubini su La 7 – che non sarebbe possibile far fronte al fabbisogno di energia elettrica in Italia utilizzando solo fonti energetiche rinnovabili, perché la domanda dei consumi elettrici crescerà di molto e perché la fonte solare e quella eolica sono discontinue.

Sarebbe quindi indispensabile almeno un 20% di elettricità prodotta con centrali nucleari. Sull’aumento dei consumi di elettricità al 2050 in Italia – necessari per la decarbonizzazione, per la maggiore penetrazione elettrica nei trasporti, negli usi civili, per i data center e la produzione industriale, le previsioni sono convergenti: si va dai 650 TWh annui previsti dal governo nel 2021 con la Strategia italiana a lungo termine, ai 700 TWh stimati da Terna nel 2023, ai 682 TWh stimati da Italy for climate nel 2024. Si tratta di previsioni, utili nella definizione degli scenari, ma che richiedono una certa cautela, tenendo conto che stiamo parlando di andare oltre il raddoppio dell’energia elettrica richiesta in rete nel 2024 (314 TWh), entro, al massimo, i prossimi 25 anni. La gran parte di questo aumento sarebbe realizzato col solare e l’eolico: 505 TWh nella Strategia a lungo termine, 550 TWh nella previsione di Terna, 503 nella previsione di Italy for climate. Anche nello scenario 20% nucleare si dovrebbe aumentare notevolmente la produzione di elettricità da eolico e fotovoltaico: dai 58 TWh prodotti nel 2024 a 400 TWh, dai 5 TWh in più prodotti nel 2024 ad una media di circa 13,7 TWh annui in più nei prossimi 25 anni (17,7 TWh in più annui nello scenario 100% rinnovabili).

Visto che siamo tutti d’accordo che dovremmo comunque fare un grande salto e produrre una enorme quantità di elettricità col solare e con l’eolico, 400 TWh, non sembra molto razionale affermare che sarebbe impossibile farne 500. I sostenitori del nucleare rispondono che questa impossibilità deriva dalla discontinuità produttiva della fonte solare e di quella eolica: discontinuità giornaliera, settimanale e, soprattutto, stagionale. Questa discontinuità sarebbe risolta dal 20% di produzione di elettricità con centrali nucleari? Oltre al fatto che lo spegnimento delle centrali nucleari richiede procedure e tempi lunghi, se fossero utilizzate solo alcuni mesi all’anno, dati i loro alti costi di costruzione, l’elettricità prodotta in questi mesi avrebbe costi proibitivi. Se, invece, le centrali nucleari fossero mantenute sempre in produzione, si ridurrebbe il ricorso alle rinnovabili, anche quando sono disponibili e molto più convenienti.

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Sono, inoltre, note e disponibili soluzioni alternative migliori per affrontare e superare la discontinuità delle fonti solare ed eolica. Quelle per risolvere le discontinuità quotidiana e settimanale sono già ampiamente in uso: la gestione intelligente delle reti, le batterie e i pompaggi. Le discontinuità stagionali delle fonti solare ed eolica sono in buona parte complementari: l’eolico produce meno d’estate e più in inverno, mentre il fotovoltaico, al contrario, produce più in estate e meno in inverno. Quindi solare ed eolico si possono integrare -come già avviene- riducendo di molto i differenziali stagionali da coprire. Secondo: disponiamo anche di altre fonti rinnovabili -l’idroelettrico, la geotermia e le biomasse- che possono essere utilizzate per compensare i deficit stagionali del solare e dell’eolico. Terzo: anche le integrazioni con le reti elettriche di altri Paesi possono essere utilizzate per riequilibrare i deficit stagionali, con i saldi fra import ed export. Infine sono disponibili accumuli stagionali, realizzati con l’impego di idrogeno verde -prodotto con l’elettrolisi dell’acqua, meglio se fatta quando la produzione di elettricità rinnovabile raggiunge livelli superiori alla domanda- e di suoi derivati più facilmente stoccabili e trasportabili.

L’elettricità, prima trasformata, poi accumulata e quindi resa di nuovo disponibile con gli stoccaggi stagionali, è certamente costosa, ma, visto il basso costo dell’elettricità rinnovabile, specie di quella prodotta dagli impianti solari a terra e dagli impianti eolici onshore, e viste le limitate quantità necessarie, questa soluzione è comunque meno costosa del ricorso al nucleare che costa più del triplo. Le valutazioni sugli alti costi delle centrali nucleari, sono chiaramente espresse anche da società internazionali che orientano gli investimenti: “Stimiamo che il costo totale per una nuova costruzione potrebbe arrivare fino a 15 milioni di euro/MW, ben al di sopra della maggior parte delle altre fonti di energia pulita. Il livello e l’imprevedibilità dei costi delle nuove costruzioni nucleari rappresentano un ostacolo importante alla rinascita (non è chiaro se gli SMR sarebbero più economici per MW)“ (fonte: Report S&P Global, 27 novembre 2024).

I costi di generazione dell’elettricità (LCOE) sono ben noti e pubblicati da fonti istituzionali: in Europa 170 $ MWh dell’elettricità generata da centrali nucleari, 50 $ MWh di quella generata dagli impianti solari e 60 $ MWh dagli impianti eolici onshore (fonte: Agenzia Internazionale dell’Energia – WEO 2024). L’elettricità generata dai nuovi reattori SMR costerebbe di meno? Per ora non abbiamo dati verificabili dei loro costi perché in Occidente non ne è stato realizzato nemmeno uno. Per ora sappiamo che le minori economie di scala di impianti più piccoli dovrebbero comportare costi maggiori. Per ora risulta che un nuovo reattore, in attesa che si affermi e che se ne producano tanti, costa moltissimo.

Per ora è noto che, in un Paese uscito dal nucleare da molti anni che non dispone né di uranio né di impianti di arricchimento e produzione di combustibile nucleare che deve comprare a caro prezzo all’estero, si dovrebbero mettere in conto costi aggiuntivi significativi. Per ora risulta a chiunque sia capace di fare i conti con la realtà che, in un Paese con un territorio ad alto rischio sismico e di dissesto idrogeologico, prevalentemente montuoso e densamente popolato nelle pianure, dove ben due referendum popolari hanno respinto il nucleare, si dovrebbero mettere in conto costi aggiuntivi rilevanti per l’impegno pluriennale di ingenti capitali per i tempi lunghi delle localizzazioni e della costruzione e dell’elevata incertezza dei risultati. Per produrre il 20% di elettricità da fonte nucleare, almeno 100 TWh, servono 40 reattori nucleari SMR da 300 MW, in grado di generare circa 2,5 TWh all’anno: due reattori nucleari per ogni Regione, oppure tre in quelle più grandi e uno in quelle più piccole. In Veneto, tanto per citare un esempio, il Consiglio regionale ha bocciato all’unanimità (assenti i consiglieri di Forza Italia), il 13 dicembre 2024, la proposta di localizzare un reattore SMR a Porto Marghera. Non sarebbe ragionevole supporre che in altre Regioni andrebbe diversamente.

Prendiamone atto: il 20% di nucleare in Italia entro il 2050 è un obiettivo impraticabile. Dopo 13 anni di procedure, non siamo ancora riusciti a decidere dove mettere un deposito, sicuro e necessario, per i rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari chiuse. Prima di parlare di produrne altri non sarebbe il caso di sistemare quelli esistenti?

Articolo originale pubblicato su Huff Post

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