Maurizio Cocco detenuto in Africa da tre anni, chiesta una cauzione di 300mila euro. L’ingegnere: «Aiutatemi»

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«Aiutatemi a riabbracciare i miei figli». È l’appello lanciato da Maurizio Cocco, l’ingegnere di Fiuggi rinchiuso da quasi tre anni nel carcere di Abidjan, in Costa d’Avorio. La sua odissea giudiziaria ora conosce un nuovo capitolo: l’autorità giudiziaria ivoriana ha chiesto una cauzione di 300 mila euro in cambio della sua liberazione. Una cifra considerevole. È stata lanciata una raccolta fondi, attraverso la piattaforma “gofund.me”, per chi volesse aiutare il ciociaro. Come immagine della petizione due foto di Cocco: una prima dell’arresto, in cui lo si vede sorridente, in salute; l’altra in cui l’ingegnere appare profondamente segnato dagli anni di galere.

È lui stesso a raccontare la sua storia. «Sono l’ingegnere Maurizio Cocco, in Costa D’avorio per lavoro dal 2019. Da ormai 33 mesi, sono ingiustamente detenuto nel carcere di Abidijan». Cocco parla delle accuse che gli erano state mosse a giugno del 2022 – traffico internazionale di droga, associazione a delinquere, riciclaggio – che lui ha sempre respinto professandosi innocente ed estraneo a qualsiasi azione criminosa.

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«Nonostante ciò, e nonostante tutte le prove a mia discolpa – continua – sono stato trattenuto per ben 18 mesi ed alla fine processato per frode fiscale, in quanto gli altri reati decaduti in base alle indagini. La condanna è stata di 24 mesi di reclusione, anche se a differenza di quanto prescritto dalla legge, mai nessun accertamento né sulla mia persona, né sulla società di costruzioni di cui ero l’amministratore, è stato effettuato».

Le nuove accuse

Dopo 26 mesi in carcere, il giorno che si preparava a uscire dalla prigione, la scarcerazione è stata bloccata per una nuova indagine a suo carico sempre per riciclaggio. Reato che gli era stato contestato e per il quale era già stato ascoltato. «Convocato dal giudice – prosegue il racconto della vicenda giudiziaria – per l’ennesima volta, mi vengono mostrate delle foto relative ad alcune proprietà che ritenevano mie, preciso che non sono in possesso di alcun bene in Costa d’Avorio. Chiarita la mia posizione, chiedo almeno la libertà provvisoria. La prima domanda viene respinta, mi viene suggerito di presentare un’altra. Sono convocato nuovamente e mi viene detto che finalmente la mia richiesta è stata accolta, ma a fronte di una cauzione a garanzia di 1,5 milioni di euro (successivamente stabilita a 300mila euro). Resto sbigottito – fa sapere Cocco – perché altre persone sono state liberate dopo pochi mesi, con le stesse accuse iniziali, pagando una cauzione di 100mila euro».

Le condizioni di salute

Nel frattempo le condizioni di salute dell’ingegnere sono peggiorate: «Ho perso quasi 20 kg – dice – ho difficoltà respiratorie, cardiologiche e gastroenterologiche certificate, e le mie forze psichiche sono ormai allo stremo. Costretto a vivere in condizioni igienico sanitarie inesistenti, senza acqua e spesso senza luce elettrica. Senza cibo, che mi arriva dall’esterno grazie ai sacrifici della mia famiglia. Avvolto dalle cimici e dalle zecche. Non capisco il perché di questa ingiustizia sulla mia persona, aiutatemi ad uscire da questa situazione, voglio sia fatta solo chiarezza e che sia fatta giustizia. Il mio unico desiderio è riabbracciare la mia famiglia».

La solidarietà

La risposta dei fiuggini non si è fatta attendere, a cominciare dal primo cittadino, Alioska Baccarini, che è tornato a chiedere la liberazione del suo concittadino e esprimere la vicinanza alla moglie Assunta, ai figli e a tutti i familiari. «Dobbiamo salvare la vita di Maurizio Cocco, coinvolgendo le rappresentanze politiche e ogni mezzo di comunicazione utile al raggiungimento dell’obiettivo. Ciascuno che condivide questa causa umanitaria contribuisca alla sua risoluzione – è l’appello di Baccarini per la colletta on line – Sappiamo infatti che la famiglia ha attivato una piattaforma per adempiere a questo scopo che condividiamo con tutti voi. È un dovere morale della comunità di Fiuggi sostenere la famiglia e mobilitarsi per ottenere giustizia, auspicando che le istituzioni nazionali ed europee rispondano con azioni concrete».

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