il covo era ad Arezzo. Dentro parrucche, scooter e caschi. Ex orafo basista

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Un capannone ad Arezzo città era il covo della banda. Da qui si pianificavano i colpi ai danni di ditte ed esercizi della Toscana che hanno a che fare con i metalli preziosi. Sei i componenti del sodalizio criminale per i quali si ipotizzano i reati di associazione per delinquere finalizzata alla rapina, furto e ricettazione ma sono scattati arresti e denunce, complessivamente, per tredici persone nell’ambito dell’operazione “Gold Strike” condotta sul campo dai carabinieri di Arezzo coordinati dalla Procura della Repubblica aretina, in particolare dalla pm Laura Taddei. Coinvolti aretini, campani e una persona straniera, da tempo nell’Aretino, dipendente della Italiana Horo, ditta orafa di Badia al Pino, teatro di una rapina alla fine dello scorso giugno, a seguito della quale le indagini hanno preso piede.

Ieri, martedì 11 febbraio, all’alba, sono scattate le esecuzioni delle misure cautelari – disposte dalla Gip Giulia Soldini – nei confronti di undici delle tredici persone implicate: 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere, quattro ai domiciliari. Hanno riguardato, oltre ad Arezzo, anche le province di Firenze, Napoli, Salerno e Caserta. Oggi, nell’aula Miraglia del tribunale di Arezzo, sono stati forniti dettagli dell’indagini in una conferenza stampa dalla procuratrice capo di Arezzo Gianfederica Dito assieme al comandante provinciale dei carabinieri colonnello Claudio Rubertà, alla comandante della compagnia carabinieri di Arezzo tenente colonnello Silvia Gobbini e al comandante del Norm (Nucleo Operativo e Radiomobile) di Arezzo tenente Maurizio Pandolfi.

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La rapina alla Italiana Horo

Il colpo che ha fatto scattare l’inchiesta risale alla tarda mattinata del 28 giugno 2024 a Badia al Pino. Uno scooter con targa alterata arriva sul piazzale dell’azienda mentre il titolare Ugo Gronchi assieme un collaboratore, risultato poi essere – secondo le accuse – la talpa della banda nell’azienda, stanno caricando una voluminosa verga d’oro, del peso di 18,7 chili nel bagagliaio di un’auto. In quell’istante dal motorino scendono due banditi con casco calato in testa, aggrediscono l’imprenditore con spray urticante, mentre non fanno alcunché al suo collaboratore. Prendono l’oro e scappano. Una dinamica quantomeno sospetta per i militari inquirenti che sono partiti proprio dal dipendente della ditta per ricostruire l’accaduto. Visione di filmati di telecamere, intercettazioni, pedinamenti: nei mesi successivi le indagini hanno fatto luce sulla presenza di un “sodalizio criminale ben strutturato, responsabile di diverse attività illecite”, spiegano i carabinieri. Sono stati trovati riscontri che hanno consentito di ricostruire le fasi antecedenti e successive alla rapina pluriaggravata di Badia al Pino, di raccogliere elementi significativi su altre rapine in stato avanzato di progettazione e di sventarle, di ricostruire la filiera della ricettazione dei preziosi, scoprendo anche un compro oro di Arezzo coinvolto.

La composizione della banda

Erano due i capi della banda, entrambi campani. Il primo, salernitano di 53 anni, era “l’organizzatore e lo stratega delle rapine, esperto nella pianificazione e gestione operativa dei colpi”. Mentre l’altro, 51enne, originario della provincia di Caserta ma da tempo residente nell’Aretino, impiegato di professione, era “colui che forniva il supporto logistico, metteva a disposizione il proprio capannone per nascondere e modificare i mezzi da utilizzare per le rapine”. La banda vera e propria, che di volta in volta coinvolgeva altre persone specifiche per mettere a segno i colpi, era formata da altre quattro persone. Due napoletani, esecutori materiali delle rapine, un 52enne e un 28enne; un 65enne aretino, già noto alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio, che suggeriva gli obiettivi e ne studiava i punti deboli; un 54enne aretino. Quest’ultimo era il basista, essendo un ex orafo, che forniva le informazioni utili per i colpi da eseguire. Era anche l’anello di congiunzione per la successiva collocazione dei proventi delle rapine, poiché in grado di piazzare sul mercato il metallo di provenienza illecita. “L’organizzazione si distingueva per la meticolosità delle pianificazioni, la spregiudicatezza nelle azioni criminali e l’indifferenza per le conseguenze sulle vittime, anche anziane”, dicono gli inquirenti.

Il capannone, centro nevralgico della pianificazione

La base della pianificazione dei colpi era ad Arezzo. Un capannone nella disponibilità del 51enne casertano trapiantato ad Arezzo. Qui sono state rinvenute le parrucche, i cappelli, gli scaldacollo e gli abiti usati per i colpi. Era il punto di partenza per i crimini e il ritrovo dopo, temporaneo luogo di custodia del bottino. In questa grande rimessa, si trovavano i due scooter, dichiarati falsamente rubati, ma che in realtà erano stati forniti al 51enne da altri membri della banda. Uno era stato usato nel colpo alla Italiana Horo di Badia al Pino. L’altro in un altro colpo, poi sfumato, risalente al 23 settembre 2024, ai danni della gioielleria Grotti di Arezzo. In quella circostanza vennero sequestrati fascette da elettricista, nastro adesivo telato, una mazza e un cacciavite di grosse dimensioni. I carabinieri avevano infatti capito le intenzioni dei malviventi e li stavano seguendo: a seguito del colpo fallito la banda è stata disarticolata. Ma le indagini sono proseguite nei mesi successivi, fino agli arresti di ieri. Giustificati anche dalle accuse su altri potenziali colpi che erano in fase avanzata di pianificazione, sempre ai danni di gioiellerie. Una in Valdichiana, un’altra ad Arezzo e una terza a Firenze. I banditi avevano già effettuato i sopralluoghi nei luoghi obiettivo delle rapine. Non sono state sequestrate, nel corso delle perquisizioni a carico dei membri della banda, armi propriamente dette. Mentre sono state trovate alcune quantità di preziosi, verosimilmente provento di furto: 900 grammi di oro, alcuni grammi in verghe d’argento, venti chili di argento lavorato. A casa di uno dei rapinatori sono stati poi trovati stupefacenti: circa 300 grammi di hashish e 100 grammi di marijuana.



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