Inflazione Usa sale, doccia fredda per la Fed: possibile rialzo tassi? Balzo rendimenti Treasury

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L’inflazione degli Stati Uniti ha accelerato a sorpresa a gennaio. Un brutto segnale per chi spera in rapidi tagli dei tassi, come il presidente Trump che poco prima della diffusione del report ha ribadito la sua visione accomodante in un post sul social Truth. Il rapporto sui prezzi al consumo più forte delle attese rafforzerà l’orientamento cauto della Fed e potrebbe persino riportare sul tavolo l’ipotesi di un rialzo dei tassi, piuttosto che una riduzione.

Inflazione accelera al 3,0% annuo, Cpi core sale al 3,3%

A gennaio, l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un incremento mensile dello 0,5%, rispetto allo 0,3% atteso dagli analisti e allo 0,4% del mese precedente. Su base annua, l’inflazione ha accelerato inaspettatamente al 3,0% dal 2,9% di dicembre.

Il Cpi core, che traccia l’andamento dei prezzi escludendo le componenti più volatili (alimentari ed energetici), ha evidenziato un aumento congiunturale dello 0,4% (consensus +0,3%, precedente +0,2%), il massimo da marzo 2024, e una variazione tendenziale del 3,3%, a fronte del 3,1% previsto e del 3,2% di fine 2024.

La componente “super-core” dell’inflazione dei servizi ha mostrato un balzo dello 0,76% nel mese di gennaio, il massimo da un anno.

Fed ancora più cauta dopo la risalita dell’inflazione

Il rapporto sui prezzi al consumo fornisce un’ulteriore prova del fatto che i progressi sul fronte dell’inflazione rischiano di invertire la rotta. Questo, insieme ai segnali di solidità del mercato del lavoro, probabilmente manterrà la Fed stabile sulla propria posizione attendista.

Prima di spingersi oltre con l’allentamento monetario, dopo i tagli per 100 bp di fine 2024, i funzionari vogliono osservare una discesa sostenibile dell’inflazione. Inoltre, attendono ulteriore chiarezza sulle mosse politiche del presidente Donald Trump, in particolare sul fronte dei dazi, che stanno già provocando un aumento delle aspettative di inflazione da parte dei consumatori.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Ieri il presidente della banca centrale americana, Jerome Powell, ha ribadito che non c’è fretta di tagliare i tassi e a maggior ragione dovrebbe confermare questa visione oggi, nella seconda parte della sua testimonianza al Congresso statunitense.

La reazione dei mercati e le attese sui tagli dei tassi

In seguito alla pubblicazione dei dati sui prezzi al consumo i future sugli indici statunitensi sono crollati a -1% mentre i rendimenti dei Treasury sono saliti vertiginosamente (circa 9 punti base), con il biennale al 4,37% e il decennale al 4,63%.

Il report più caldo del previsto potrebbe persino restituire credibilità ad un possibile rialzo dei tassi da parte della Fed, come ventilato ieri da Larry Summers. Per il momento, l’accelerazione dell’inflazione potrebbe essere legata semplicemente ad un episodio stagionale, ma il mercato comincia a pensare che una mossa più restrittiva della banca centrale non sia totalmente da escludere nel caso l’inflazione continui a peggiorare.

Le attese implicite nei future sui Fed Funds ora scontano un solo taglio di 25 punti base quest’anno, mentre fino a ieri prezzavano una seconda riduzione con probabilità intorno al 50%. In ogni caso, è altamente improbabile che l’eventuale taglio venga effettuato nella prima metà dell’anno.

Per Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, “nel breve termine non esistono al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Federal Reserve. Crediamo che sia altamente probabile che la Fed possa continuare a monitorare l’andamento delle variabili macroeconomiche (inflazione, Pil e disoccupazione) e decidere nel corso dei prossimi mesi la direzione della politica monetaria. I tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Le nostre attese NON prevedono alcun taglio da parte della Federal Reserve nel 2025.”



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