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A seguito di un controllo fiscale, è stato accertato che l’intermediario aveva acquistato i beni senza applicazione dell’IVA, avvalendosi di una dichiarazione d’intento falsa e, nella successiva cessione ai clienti, non aveva versato la relativa imposta.
L’Ufficio ha contestato all’impresa l’omessa applicazione dell’IVA sulle cessioni effettuate nei confronti dell’intermediario, ritenendo che avrebbe dovuto sapere che quest’ultimo non era in possesso dello status di esportatore abituale, e al destinatario finale dei beni l’esercizio della detrazione. A seguito della definizione del contenzioso tributario, l’impresa intende esercitare la rivalsa dell’IVA versata in sede di definizione nei confronti del destinatario finale dei beni, ai sensi dell’art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972.
Il dubbio è se tale ultimo soggetto possa detrarre l’imposta addebitata dall’impresa.
Risposta – L’art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972 consente l’esercizio del diritto di rivalsa dell’imposta o della maggiore IVA accertata, a condizione che il fornitore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’Erario in dipendenza dell’importo controverso.
A sua volta, il cliente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa e alle condizioni esistenti al momento di effettuazione dell’originaria operazione. In proposito, è stato chiarito che la norma in esame è dotata di un carattere di “specialità”, per cui – nonostante la modifica dell’art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 ad opera dell’art. 2, comma 1, del D.L. n. 50/2017 – non mutano i termini per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA addebitata in via di rivalsa in seguito ad accertamento divenuto definitivo (circolare n. 1/E/2018, § 1.6).
In merito al diritto alla detrazione dell’imposta addebitata, in via di rivalsa, a seguito di accertamento, dall’impresa al destinatario finale dei beni, la circolare n. 35/E/2013 ha chiarito che l’art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972 “aggancia” l’esercizio del diritto alla detrazione da parte del cessionario/committente alle condizioni esistenti al momento di effettuazione dell’originaria operazione, subordinandolo all’avvenuto pagamento dell’IVA accertata, addebitatagli in via di rivalsa dal cedente/prestatore.
In tal modo, il legislatore ha inteso scongiurare il rischio di un ingiusto arricchimento che il cessionario/committente conseguirebbe se detraesse l’imposta senza provvedere al suo effettivo pagamento.
Lo stesso documento di prassi ha, altresì, chiarito che la norma non prevede particolari oneri a carico del cessionario/committente in ordine al riscontro dell’avvenuto versamento all’Erario dell’imposta oggetto di accertamento. Pertanto, quest’ultimo è tenuto solo all’osservanza degli ordinari doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della fattura (o della nota di variazione in aumento) emessa dal cedente/prestatore (circolare n. 35/E/2013, § 4.1, cit.).
Nel caso in esame, la detrazione dell’imposta originariamente operata dal destinatario finale dei beni è stata disconosciuta e recuperata dall’Erario a seguito dell’azione di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Il riversamento a favore dell’Erario dell’intero ammontare dell’IVA originariamente detratta sulle forniture effettuate dall’intermediario costituisce un elemento idoneo, di per sé, ad escludere che la detrazione dell’imposta oggetto delle fatture di rivalsa emesse dall’impresa, ai sensi dell’art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, dia luogo a una duplicazione della detrazione da parte del destinatario finale dei beni.
Pertanto, in linea con i chiarimenti più volte espressi nei documenti di prassi, quest’ultimo può esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a fronte di fatture emesse dall’impresa ai sensi del citato art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, come da ultimo confermato dalla risposta n. 569/E/2022.
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