Witty, la startup romana che allunga la vita alle batterie degli smart – Witty Power

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Cos’è Witty

L’idea alla base di Witty, una idea nata quasi per caso da tre ragazzi che si sono conosciuti alla Sapienza di Roma e che volevano frenare questo enorme e forsennato consumo di batterie al litio, è tanto semplice quanto funzionale: se il cellulare si rovina a restare per tutta la notte attaccato alla corrente ma nessuno di noi ha intenzione di puntare la sveglia verso le tre del mattino per staccarlo, perché non può essere un accessorio a farlo al nostro posto? Witty, appunto.

“La fase di prototipazione, guidata dal nostro Luca, è durata circa 2 anni – ci hanno confidato i founder – all’inizio il primo modello era lungo venti centimetri e largo dieci, zeppo di cavi che uscivano da tutte le parti: rincorrevamo gli amici chiedendo loro di testarlo e comprensibilmente erano piuttosto preoccupati”. I tre ingegneri, forti di un approccio tanto concreto quanto altamente imprenditoriale, hanno sovvertito i normali step di creazione di una startup: nessuna incubazione, nessuna accelerazione, nessun pitch per illustrare la loro idea imprenditoriale. Sono infatti arrivati al primo crowdfunding, su Kickstarter, con i prototipi definitivi in mano (quelliattualmente in vendita, ovvero piccoli – 4,5 cm x , colorati e di design). Da lì ai primi 700 pre-order in tutto il mondo il passo è stato breve: prova che quando non si fa il passo più lungo della gamba al traguardo ci si arriva in tutta disinvoltura.

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Installare Witty è semplicissimo: va collegato direttamente all’alimentatore e si collega a sua volta al cavo USB che poi arriva al cellulare. “Dapprima ci siamo chiesti se fosse il caso costruire un caricabatterie con questa funzione integrata – hanno detto durante la nostra chiacchierata i tre ingegneri – ma poi abbiamo capito che il consumatore preferisce usare i prodotti ufficiali che hanno trovato nella confezione dello smartphone”. Quindi Witty si aggiunge “in coda” al caricabatterie e vi regala per questo circa 3-4 centimetri di cavo in più. Il solo neo di questa invenzione tutta romana (che abbiamo avuto modo di provare per una ventina di giorni) è che occorre ricordarsi di accenderla, tramite la pressione del pulsante sul logo, ogni volta che si collega il cellulare all’alimentatore, perché di default blocca il passaggio alla corrente.

Secondo i loro calcoli, se in media per colpa della batteria che resta in tensione la sua vita si assesta sull’anno e nove mesi, ricordandosi di usare Witty tutte le notti si può arrivare dai 2 ai 4 anni. Mica male. “In genere si perde il 12% di capacità della batteria l’anno”. Anche perché, di norma, quando muore una batteria nessuno l’acquista ma un po’ tutti preferiscono cambiare direttamente lo smartphone, magari perfettamente funzionante. E nel prossimo futuro? “C’è già l’idea di un Witty 2.0 con app che permetterà di giocare con le impostazioni di ricarica, così da poterle cucire sartorialmente addosso alle proprie esigenze e un Witty 3.0, molto più potente, pensato per laptop, monopattini elettrici e biciclette a pedalata assistita”. Ma soprattutto c’è l’intenzione di trovare un investitore che faccia da fondo: “Vorremmo avviare un round di equity”, ci hanno detto sempre i tre founder.

Insomma, giovani e con le idee chiare. Niente può spaventarli, dato che hanno avviato la loro startup in piena pandemia, quando apparentemente la gente si trova meno nella situazione di avere il cellulare sempre carico nelle emergenze, visto che si lavora da casa: “Tutt’altro: non potendo più andare in palestra o fare aperitivi, gli smartphone sono diventati il nostro antistress, la nostra finestra sul mondo. Non esistono ancora studi in proposito ma a spanne siamo sicuri che è aumentato il loro utilizzo e questo incide ancora di più sulla longevità delle loro batterie”. E Witty non teme nemmeno l’opzione di ricarica ottimizzata inserita nelle ultime versioni Android e iOS: “Anzitutto certifica che il problema cui abbiamo dato una soluzione esiste realmente ed è riconosciuto da chi gli smartphone li produce, ma poi conservano ancora diverse criticità: se il software non comprende le nostre abitudini, o non sono regolari, rischiamo di scollegare il cellulare quando non ha ancora raggiunto il 100%”.



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