Gaza e Libano: compagni nel cammino della Resistenza 

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I recenti eventi a Gaza e nel sud del Libano rappresentano la lotta tra le potenze coloniali e la volontà dei popoli che rifiutano di inginocchiarsi. Tra Netzarim a Gaza e Maroun al-Ras nel sud del Libano, si incarna la stessa lotta: oppressione, assedio e sterminio sistematico da un lato, e una potente insistenza popolare sulla vita e sul ritorno dall’altro. Non si tratta solo di una crisi dovuta al ritorno degli sfollati, ma è il simbolo di un conflitto storico tra il colonialismo e il diritto dell’uomo a essere padrone della propria terra.

Volontà popolare contro macchina da guerra

Immense folle si muovono a Gaza, con i corpi stremati dall’attesa, aggrappati al sogno di tornare al nord, alla terra divenuta macerie dalla macchina da guerra israeliana. La vista dei palestinesi per strada, distesi a terra e che riempiono l’orizzonte con le loro voci, non è solo una tragedia umana, ma un annuncio al mondo intero che l’occupazione, con tutta la sua potenza militare e il sostegno imperialista che porta con sé, è incapace di sradicare questa volontà.

A Maroun al-Ras, l’immagine si è ripetuta, ma con un’aggiunta più sanguinosa: i proiettili dell’occupazione che volano verso corpi indifesi, nel disperato tentativo di intimidire coloro che non hanno altra scelta se non quella di persistere. Queste immagini, piene di contraddizioni, portano un messaggio chiaro: l’occupazione è una macchina cieca gestita dall’istinto di dominio, mentre i popoli sono guidati dall’istinto di sopravvivenza e dal loro diritto di esistere.

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L’occupazione è una macchina di ricatto sistematica

L’argomentazione israeliana che collega l’apertura delle barriere a Gaza al rilascio di un singolo prigioniero israeliano mostra un altro volto dell’oppressione, in cui il diritto al ritorno – un diritto umano fondamentale – si trasforma in uno strumento di contrattazione politica. Ma ciò che queste forze ignorano è che quando le persone si avvicinano all’orlo del collasso, ottengono ulteriore forza e resistenza al dolore.

È necessario fermarsi a un dato che rivela chiaramente la natura della mentalità coloniale che governa l’occupazione israeliana. La Resistenza ha mostrato flessibilità umanitaria quando ha accettato di rilasciare il prigioniero Erbil in risposta alle richieste dell’occupazione, mentre l’occupazione ha affermato che ai palestinesi sfollati sarebbe stato permesso di tornare nel nord di Gaza lunedì mattina. Tuttavia, questo permesso era solo un passo condizionato soggetto ai suoi calcoli politici, trasformando il diritto umano fondamentale al ritorno nella sua terra in uno strumento di ricatto a buon mercato. Questo approccio, che rivela la profondità della decadenza morale nella gestione del conflitto da parte dell’occupazione, esprime solo un disperato tentativo di giustificare la sua esistenza basandosi sulla violazione dei principi più basilari di giustizia e umanità.

Da parte libanese, l’occupazione non è stata meno ricattatoria, poiché da decenni sfrutta le tensioni ai confini e i fragili accordi per creare zone cuscinetto che svuotano il Libano meridionale della sua popolazione, come se fosse un tentativo di instaurare il “vuoto umano” come politica per stabilire un controllo assoluto.

La Resistenza come inevitabilità storica

Se guardiamo con occhi attenti Gaza e Libano, vedremo un filo rosso che li collega: la Resistenza non è un’opzione, ma piuttosto un’inevitabilità imposta dalle condizioni di occupazione. A Gaza, dove la speranza è appena visibile dietro i muri e dove l’innovazione è diventata una necessità quotidiana, il popolo palestinese si trova di fronte a forze che vogliono svuotarlo della sua terra e insistono per tornare tra le macerie della loro casa.

In Libano, dove il Sud è da tempo teatro di una sistematica aggressione israeliana, la scena si ripete con dettagli diversi: resistenza popolare mescolata a unità militare e popolare che dimostra che l’occupazione non colpisce solo singoli individui, ma interi popoli che rifiutano di essere dimenticati.

Gaza e il Libano, un messaggio al mondo

Da Gaza e dal Libano giungono messaggi al mondo intero: il primo dei quali è che l’occupazione, per quanto cerchi di presentarsi come protettrice della “sicurezza”, è in realtà un’entità coloniale che ha solo il linguaggio di oppressione e distruzione. In secondo luogo, il silenzio del mondo, in particolare delle forze del male nella regione che pretendono di proteggere i diritti umani, è una reale partecipazione ai crimini commessi quotidianamente contro i popoli oppressi.

Ma il messaggio più importante è che le persone non possono essere conquistate per sempre. Questi momenti, in cui i palestinesi e i libanesi sembrano aggrappati alla loro terra nonostante tutto, ricordano il fatto che le potenze coloniali, non importa quanto potenti siano, rimangono impotenti di fronte alla volontà dei popoli che rivendicano il diritto di esistere.

L’inevitabilità del futuro

Nel mezzo di questo conflitto, l’occupazione israeliana sembra vivere l’illusione di una stabilità forzata, ignara che un popolo che insiste sulla vita e sul ritorno renderà tutte le sue strategie semplicemente tentativi falliti di prolungare la vita di un’entità temporanea. Gaza e il Libano oggi sono testimoni che la Resistenza non è solo una reazione, ma piuttosto un atto autentico che esprime la dignità umana di fronte all’occupazione.

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Alla fine, le parole dei combattenti della Resistenza e le scene che documentano la volontà del popolo rimarranno una testimonianza vivente che la verità, per quanto lontana possa sembrare, non può essere confiscata per sempre.

di Redazione



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