Intervista a Olly: “Io vincitore di Sanremo? Mi tocco le palle”

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E’ uno dei più giovani, nemmeno troppo famoso a livello nazionalpopolare, eppure, sulla carta, Olly – all’anagrafe Federico Olivieri – è tra i favoriti alla vittoria finale del Festival di Sanremo 2025. Ha dalla sua un anno fortunato e un brano Balorda Nostalgia che sembra essere in grado di farsi notare all’Ariston. L’abbiamo intervistato per saperne di più sulla sua seconda esperienza sanremese. Un’occasione altresì per un confronto sul dibattuto rapporto tra testi delle canzoni e libertà d’espressione, argomento che non sembra aver gradito troppo.

Hai detto che sei un’altra persona rispetto al Sanremo di due anni fa.

Sì, con gli stessi principi e valori.

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Cos’è cambiato?

È cambiato che sono cresciuto. Non ho più 21 anni, ne ho 23. Mi dirai: sono pochi, non è cambiato niente. Invece credo che alla nostra età, soprattutto in questi tempi, le cose cambino molto velocemente. Restare ancorato a certi miei punti saldi per me è importante, mi aiuta a espandermi su ciò che non è saldo e non voglio che lo sia. Quindi voglio essere malleabile, sicuramente.

Nella tua canzone parli di nostalgia, un tema che ricorre spesso nel tuo repertorio. Come mai? Sei una persona nostalgica?

Eh beh, direi di sì. Le mie canzoni sono quello che sono io, quindi se prevale questo sentimento, probabilmente lo sono. Mi fungono da psicanalisi a volte, anche se vado in terapia. Però quella che mi faccio da solo a volte mi porta a conclusioni che non mi aspettavo di raggiungere.

E alla tua età non è troppo presto per essere nostalgico e per andare in analisi?

Non è presto per andare in analisi. La prima volta ci sono andato a 16 anni e anzi, a qualunque età si può andare, basta avere semplicemente voglia di lavorarci. Quindi invito tutti i ragazzi giovani che ci vogliono andare a farlo, se ne hanno la possibilità. Essere nostalgici, invece, è un’emozione e non va contrastata. Non esiste una questione anagrafica che regga.

Hai detto: “Il mio interesse non è arrivare a tutti”. Perché?

Non è la mia priorità. Ovviamente il mio interesse è arrivare a quanta più gente possibile, perché non voglio che la musica sia esclusiva in nessun modo. Però, nel breve termine, soprattutto quando si parlava di Sanremo, il mio interesse in quella settimana non è arrivare a tutti, ma a chi ha bisogno di ascoltarmi e a dove la canzone ha bisogno di arrivare.

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Se ti dico che sei uno dei favoriti per la vittoria?

Ti ringrazio.

Fai degli scongiuri?

Mi tocco le palle (ride, ndDM).

Leggevo che vieni da una famiglia inquadrata”: mamma magistrato, papà avvocato. Cosa hanno pensato quando hai detto “voglio fare il musicista”?

Felicissimi. Non è stato un “mamma voglio” da un giorno all’altro, è stato un processo che, anzi, mi hanno fatto iniziare loro. Mi hanno sempre dato la possibilità di fare mille cose e, di conseguenza, ho potuto scegliere cosa mi piacesse di più. Nella musica mi ci sono trovato lentamente, ho continuato a studiare. Nonostante possa sembrare una famiglia molto “quadrata”, in realtà in casa mia vigono libertà e rispetto, nel segno della fiducia. Non ci siamo mai traditi e non ci tradiremo mai.

Fai parte di una nuova scuola genovese. Cosa ha Genova da rappresentare da trait d’union ?

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Sai che non ti so rispondere? Dovrei chiederlo a voi, a cosa vi arriva. Noi, probabilmente, essendo una città di sostanza, siamo più bravi in quello rispetto ad altri, istintivamente. Però in tutti i casi è l’allenamento a fare la performance. Scrivere tanto permette di migliorare. Genova è una città che dà poco spazio agli specchietti per le allodole, a tutto ciò che è ornamento, è fatta di riduzioni all’osso delle cose. Raccontiamo quelle, credo.

Si parla tanto di libertà di espressione nella musica. Dov’è che finisce la libertà di espressione di un cantante, se finisce?

Mai, non dovrebbe mai finire. Ci sono alcuni tristi casi in cui si prova a opprimere, ma chi è un cantante libero non scende a questo tipo di compromessi.

E determinati testi giudicati, a torto o ragione, sessisti, misogini, xenofobi? Come si conciliano?

In che senso?

Cioè, nel tuo ragionamento si conciliano, vanno ammessi anche questi tipologia di testi?

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In cosa? Dove?

Nella musica.

Certo. Raccontano, in qualche modo raccontano. Finché escono parole di questo tipo, è impossibile tagliare le orecchie a chi le ascolta o la bocca a chi le dice. Io sostengo che il problema non sia nelle parole che vengono dette ma nel passaggio che fanno dalla bocca all’orecchio di chi le riceve e, soprattutto, nel modo in cui vengono strumentalizzate in quel passaggio. Queste critiche spesso arrivano da persone che non vivono queste canzoni come le vive la mia generazione, che è la principale fruitrice. La gente della mia generazione le ascoltano con molta più leggerezza e danno meno peso a quello che viene detto in certi brani. Non è per forza sintomo di stupidità o superficialità, anzi, è un indicatore di quanto si è più maturi nel capire che, a volte, certe cose funzionano solo per la musicalità o per il personaggio. Sono contro la censura, per riassumere, e non sento la responsabilità di dover insegnare la vita a nessuno con le mie canzoni.

Però, da un lato, si parla del potere della musica, delle parole hanno un peso…

Chi lo dà? Il peso delle parole dipende da chi le dice, diceva Fabri Fibra.

Quindi hanno o almeno possono avere un peso. Continuo dicendo cheda un lato si dice “la musica mi salva”, dall’altro si giustificano determinati testi con “sono solo canzoni”. Dove sta la verità?

In ogni persona è diverso, è molto relativo. Stiamo parlando di una forma d’arte, quindi non posso darti una risposta assoluta.

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Ma tu sei sicuro che tutto quello che sia musica sia veramente arte?

Assolutamente.

A Sanremo hai affittato una casa con degli amici?

Sì. Mi interessa tanto la musica e l’arte, e tutto ciò che oltre voglio viverla in tranquillità e pace, con i miei amici.

Per il duetto hai fatto una scelta forse un po’ anomala.

Avevo voglia di tanta musica dal vivo. C’è già un’orchestra molto brava e preparata, quindi abbiamo scelto Goran Bregović perché ha sempre portato tanta gioia ed energia sul palco. Sposa molto la mia causa: portare la stessa cosa. Inoltre, con dei suoni che in Italia si sentono meno. Il brano che ho scelto lo porto in tour da tanto tempo, che è Il Pescatore di De Andrè, e unire questi due mondi sarà un bellissimo mix. Non vedo l’ora di divertirmi su quel palco.

Qual è la tua canzone manifesto? Quella che ti descrive di più?

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Domanda complicata… Mi devo autocitare, probabilmente “Paranoia”, uno dei primi brani che ho scritto.

Per finire, hai 50 euro e devi scommettere su un vincitore di Sanremo.

Giorgia. Sarei molto contento per lei.



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