Almasri, la Cpi apre il fascicolo sull’Italia. Segnale del governo: «Confrontiamoci»

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Adesso è ufficiale: la Corte penale internazionale dell’Aia ha aperto un’inchiesta sull’Italia e sul mancato rispetto da parte del nostro Paese di una richiesta di cooperazione per l’arresto e la consegna del generale libico Osama Almasri Najeem, fermato su mandato della stessa Corte per crimini contro l’umanità dalla Digos di Torino all’alba del 19 gennaio, scarcerato il 21 e rimpatriato su un volo di Stato. Il fascicolo è all’esame della Camera preliminare e, adesso, prima di qualunque decisione, come previsto dal regolamento, «l’Italia avrà l’opportunità di presentare osservazioni». Poi la Corte valuterà, mentre al momento chiarisce che il fascicolo non è a carico di nessun esponente del governo e nessun funzionario italiano.

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LA CONTESTAZIONE

La contestazione riguarda il comma 7 dell’articolo 87 dello Statuto di Roma, che è stato istituito dalla stessa Corte. E si tratta, come sarebbe avvenuto nel caso dell’Italia, della mancata adesione a una richiesta di cooperazione della Corte, che è obbligatoria. Una violazione «non prevista dallo statuto» che avrebbe impedito così alla Corte penale internazionale di esercitare le sue funzioni e i suoi poteri. Al termine delle valutazioni preliminari i magistrati possono prenderne atto e decidere di investire del caso l’Assemblea degli Stati parte oppure il Consiglio di sicurezza dell’Onu, su mandato del quale era stata avviata l’indagine sulla situazione in Libia e quindi sul generale Almasri, accusato di avere commesso crimini contro l’umanità a partire almeno dal 2015. È proprio il Consiglio di sicurezza, infatti, ad avere giurisdizione sulla Libia in virtù di una risoluzione del 26 febbraio 2011 che sancisce un obbligo di cooperazione. Dal canto suo il governo chiede alla Corte dell’Aia di avviare delle consultazioni funzionali a una comune riflessione sulle criticità che hanno connotato il caso Almasri per scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe.

LA DENUNCIA

Quanto alla denuncia presentata da un cittadino sudanese, rifugiato in Francia, che è stato detenuto nella prigione di Tripoli e vittima, insieme alla moglie, delle torture del generale, la Corte non commenta. «Sono stati segnalati casi di richieste presentate al procuratore capo della Corte penale internazionale per aprire fascicoli contro individui ai sensi dell’articolo 70» (reati contro l’amministrazione della giustizia ndr). Il riferimento è all’esposto presentato nei confronti della premier Giorgia Meloni e dei ministri della Giustizia e dell’Interno per il caso Almasri. «Su questa questione separata – spiega la Corte -, l’ufficio del procuratore ha indicato che, ai sensi dello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi, qualsiasi individuo o gruppo da qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni al procuratore».

IL CONTESTO

Un bivio delicato per la Corte. Se i giudici dovessero ritenere l’Italia responsabile di mancata collaborazione, il caso non resterebbe confinato all’Aia – che esercita giurisdizione sulla Libia in virtù di una risoluzione dello stesso organo esecutivo dell’Onu – ma finirebbe dritto a New York, dove la Cpi è sempre più sotto il fuoco di Donald Trump. Archiviato il rammarico di rito davanti all’assedio del presidente americano alla giustizia internazionale, dal canto suo l’Europa si prepara a «nuove mosse» per blindare la Corte e i suoi giudici dalle sanzioni finanziarie e sui visti minacciate dalla Casa Bianca. L’arma pronta a essere sfoderata è lo scudo legale, in gergo «statuto di blocco», aggiornato nel 2018 per proteggere le aziende del continente dalle sanzioni contro l’Iran imposte dalla prima amministrazione Trump. La decisione, da maturare nei prossimi giorni, potrebbe spaccare il fronte europeo nel solco di quanto avvenuto la scorsa settimana al momento della firma del testo dell’Onu a sostegno della Cpi. Un documento benedetto da Ursula von der Leyen ma con l’Italia unica tra le big a sfilarsi insieme a Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Ungheria.

LE REAZIONI

Sull’apertura del fascicolo le opposizioni tornano all’attacco. Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e parlamentare Avs, commenta: «L’apertura di un fascicolo da parte della Corte penale internazionale, sulla mancata osservanza da parte dell’Italia di una richiesta di cooperazione per l’arresto e la consegna del torturatore e stupratore Almasri, conferma quanto grave sia stato l’operato del governo, che ha violato lo Statuto di Roma. Più volte il governo Meloni ha cercato di delegittimare la Corte con attacchi violenti e volgari, schierandosi di fatto dalla parte dei carnefici e non delle vittime».

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