La Commissione Esteri della Camera ha avviato l’esame del documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo

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CAMERA DEI DEPUTATI

 

ROMA – La Commissione Esteri della Camera ha avviato l’esame sul documento triennale (2024-2026) di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo. Deborah Bergamini (FI-PPE), relatrice, in premessa, ha fatto presente che l’atto in esame è previsto dall’art.12 della legge n. 125 del 2014. Questi stabiliscono che il documento “deve indicare la visione strategica, gli obiettivi di azione e i criteri di intervento, la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi, nonché dei diversi settori nel cui ambito dovrà essere attuata la cooperazione allo sviluppo; deve esplicitare altresì gli indirizzi politici e strategici relativi alla partecipazione italiana agli organismi europei e internazionali e alle istituzioni finanziarie multilaterali”. La relatrice ha in primo luogo evidenziato come, nella sua parte programmatica, il documento in esame inquadri l’azione in materia di cooperazione allo sviluppo come parte integrante e qualificante della politica estera italiana: il suo obiettivo principale, infatti, è sradicare la povertà, tutelare i diritti umani e prevenire i conflitti, al fine di contribuire alla promozione della pace, della giustizia e della stabilità, obiettivi centrali della politica estera italiana. Per la Bergamini, data la funzione che l’Italia storicamente svolge, in particolare come ponte tra l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente, l’obiettivo della cooperazione è dunque quello di promuovere collaborazioni paritarie secondo un modello di sviluppo diffuso, sostenibile e basato sulla centralità della persona. La relatrice ha anche sottolineato che, in questa ottica, l’Italia si propone di stimolare la crescita economica e sociale e valorizzare il capitale umano dei Paesi partner, anche per contrastare le cause profonde delle migrazioni. La strategia che l’Italia intende attuare nel triennio 2024-2026 implica pertanto l’avvio di un percorso condiviso e di respiro pluriennale, i cui obiettivi siano coerenti con l’Agenda 2030 e con una visione orientata al futuro. La relatrice ha poi evidenziato come il documento sul Piano Mattei per l’Africa, di cui la cooperazione allo sviluppo rappresenta uno dei pilastri strategici, costituisca la prima concretizzazione di tale approccio, secondo le linee discusse in occasione del Vertice Italia-Africa del 28-29 gennaio 2024. Il Piano Mattei si propone, infatti, di promuovere reciproci benefici nel quadro di un percorso di crescita socioeconomica ed istituzionale dei Paesi di riferimento, investendo, oltre che su temi chiave quali l’approvvigionamento energetico, la sicurezza alimentare e le transizioni verde e digitale, anche sulla formazione dei giovani e sui rapporti culturali, scientifici, tecnologici e accademici con i Paesi africani, senza trascurare l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne. In questo contesto, l’Africa rappresenta la priorità della politica estera italiana e quindi anche della cooperazione allo sviluppo. La relatrice ha anche rilevato la necessità di recuperare il tempo perduto nell’attuazione dell’Agenda 2030. In quest’ottica, il documento sottolinea l’esigenza di valorizzare i partenariati: l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), ancorché imprescindibile, da solo non è sufficiente ed è necessario mobilitare altre risorse, coinvolgendo in maniera innovativa e coordinata attori tradizionali e nuovi, per costruire percorsi di sviluppo efficaci ed efficienti, evitando sprechi e duplicazioni negli interventi. La Bergamini ha osservato come dal documento venga altresì confermato l’impegno del Governo nel percorso pluriennale di avvicinamento graduale agli obiettivi dello 0,7 per cento del Reddito nazionale lordo, fissato dall’Agenda 2030 e in linea con l’art.30 della citata legge n. 125 del 2014. A titolo di comparazione, è stato ricordato che secondo i dati definitivi trasmessi all’OCSE/DAC, relativi all’anno 2023, l’ammontare dell’aiuto pubblico allo sviluppo comunicato dalle amministrazioni pubbliche italiane è stato pari a 5,8 miliardi di euro, pari allo 0,27 per cento del Reddito nazionale lordo. I Paesi che nel 2023 hanno superato la soglia dello 0,7 per cento sono la Norvegia (1,09 per cento), il Lussemburgo (0,99 per cento), la Svezia (0,93 per cento), la Germania (0,82 per cento) e la Danimarca (0.,73 per cento), mentre in valore assoluto le somme maggiori sono state mobilitate dagli Stati Uniti e dalla Germania. La relatrice ha fatto presente come il documento illustri anche la partecipazione alle organizzazioni internazionali, alle banche multilaterali di sviluppo e ad altri organismi internazionali. Particolarmente importante per l’Italia è la partecipazione alla definizione e all’attuazione della politica di sviluppo della UE in tutte le sue forme, lavorando insieme alla Commissione, alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e agli altri partners europei coerentemente con l’approccio Team Europe che caratterizza la strategia Global Gateway, che mira a finanziare progetti sostenibili e di qualità nei settori digitale, energetico e dei trasporti e per rafforzare i sistemi sanitari, di istruzione e di ricerca. Si è inoltre evidenziato che la cooperazione allo sviluppo, coerentemente con le priorità di politica estera dell’Italia, opererà, nel triennio 2024-26, in sette aree che – per legami storici, relazioni bilaterali consolidate, ragioni di stabilità e sicurezza internazionale – rivestono particolare rilevanza per l’Italia: l’Africa, l’Europa orientale, i Balcani, il Medio Oriente, l’Asia, l’America latina e i Small Island Developing States (SIDS). Nel quadro delle aree summenzionate, l’azione dell’Italia si concentrerà su trentotto Paesi prioritari, di cui ventitré in Africa. La lista è stata aggiornata principalmente in conseguenza della priorità attribuita al continente africano, dove si collocano la maggior parte dei Paesi meno avanzati del mondo (LDC). Per quanto riguarda l’Africa, nella lista figurano: Egitto, Libia, Tunisia, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan, Uganda, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Repubblica del Congo, Senegal, Malawi, Mozambico, Tanzania e Zambia; in Europa orientale: Armenia, Moldova e l’Ucraina; Nei Balcani occidentali: Albania; in Medio Oriente: Giordania, Iraq, Libano Palestina e Siria; In Asia: Kirghizistan, Pakistan e Tagikistan; in America latina: Colombia, Cuba ed El Salvador. Si rivolgerà poi un’attenzione prevalente alle crisi umanitarie protratte, quali quelle in Ucraina, Corno d’Africa, Sahel, Sudan, Sud Sudan, Siria, Afghanistan e a Gaza e alla risposta a eventuali crisi emergenti, catastrofi naturali o conflitti. Dalla relatrice è  stato sottolineato come la visione strategica della cooperazione italiana per il triennio 2024-26 sia imperniata sui cinque pilastri dell’Agenda 2030: persone, pianeta, prosperità, pace e partenariato. In questo quadro, nel triennio 2024-2026 l’azione italiana si concentrerà su taluni obiettivi e target di sviluppo sostenibile corrispondenti a settori prioritari e tematiche trasversali in cui l’Italia ha una consolidata e riconosciuta esperienza: istruzione, formazione, lavoro dignitoso; agricoltura e sicurezza alimentare; ambiente e cambiamento climatico, riduzione dei rischi ed energia; salute; acqua e igiene; industria, innovazione, infrastrutture sostenibili; città, insediamenti umani inclusivi e sostenibili; salvaguardia e promozione del patrimonio culturale; demografia, uguaglianza di genere, rafforzamento del ruolo delle donne; buon governo, pace e sicurezza umana; transizione digitale; disuguaglianze, inclusione e disabilità. Un’attenzione specifica sarà dedicata alla tutela della libertà di religione e al sostegno alle minoranze etniche e religiose, anche attraverso l’apposito fondo istituito nel 2019, che promuove interventi di sostegno diretti alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni. Quanto agli strumenti della politica di cooperazione, dalla relatrice è stato rilevato che il documento prevede, anzitutto, il potenziamento del dialogo e della collaborazione con gli attori dell’intero sistema italiano di cooperazione – in primis il settore privato, gli enti territoriali, la società civile e le università – ma anche con gli attori della cooperazione non istituzionale e spontanea, come i missionari, le fondazioni, gli enti benefici e religiosi, i corpi civili di pace, valorizzandone il contributo nella promozione del benessere dei Paesi partner. E’ stato anche precisato come tale approccio, tuttavia, non intenda ridimensionare la tradizionale vocazione multilaterale italiana, che resta uno dei cardini della nostra politica estera. (Inform)

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