Al piano terra dell’edificio un bistrò e un negozio di prodotti a marchio Mila offrono lounge calde e accoglienti che richiamano la stessa atmosfera conviviale di un rifugio © Oskar DaRiz
Due sentenze, con esito opposto, intervengono a chiarire le condizioni per le quali può essere negata o revocata la concessione di occupazione di suolo pubblico (Osp) per attività commerciali. Tali condizioni sono, in sostanza, la prevalenza di un confliggente interesse pubblico sull’area occupata e un’adeguata motivazione del provvedimento di diniego.
Occupazione di suolo pubblico per attività commerciali: la visione del Consiglio di Stato
Nel primo caso, il Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 87 del 7 gennaio 2025, ha confermato la pronuncia del Tar Lombardia che respingeva il ricorso del gestore di un ristorante contro il provvedimento con il quale il Comune aveva negato allo stesso la concessione di occupazione di suolo pubblico per la porzione di area antistante un condominio, in quanto l’occupazione con sedie e tavoli in quell’area comportava criticità per l’accesso al garage del condominio, incideva sulla vivibilità delle residenze poste al piano terra e rendeva difficoltosa la manovra di eventuali mezzi di soccorso.
L’Amministrazione, secondo il Consiglio di Stato, ha motivato il provvedimento di parziale diniego della concessione di occupazione di suolo pubblico manifestando espressamente, nell’esercizio dei propri poteri spiccatamente discrezionali, che, nella situazione data e a prescindere dalle doglianze dei privati, fosse inopportuno sottrarre la strada al suo uso naturale, ossia alla destinazione della stessa alla fruizione pubblica, concedendola parzialmente ad un uso esclusivo in favore di un privato.
Il preminente interesse pubblico
Nel bilanciamento fra i contrapposti interessi coinvolti nella vicenda – si legge nella sentenza – era di certo prevalente quello a non ostacolare il libero accesso dei mezzi di soccorso, nonché al garage del condominio, anche in considerazione dell’ampia porzione di area pubblica che comunque era stata concessa in occupazione alla società richiedente.
Il Consiglio di Stato, dunque, condivide le statuizioni della sentenza del Tar Lombardia n. 1457 del 2023 secondo cui: “La sottrazione del bene pubblico all’uso collettivo (come una strada) in favore dell’uso privato, mediante il provvedimento di concessione del bene, deve essere giustificata dal perseguimento di un preminente interesse pubblico per l’ente e comunque non deve confliggere con altri interessi meritevoli di tutela. Il provvedimento di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico ha natura discrezionale in quanto l’amministrazione è tenuta a verificare che la concessione avviene nel perseguimento di un preminente pubblico interesse e che non si risolve nella lesione di altri pubblici interessi, al di là della comparazione tra l’interesse pubblico perseguito e quello privato. Ne deriva che è legittimo negare il provvedimento di occupazione di suolo pubblico se il suo rilascio compromette l’interesse pubblico alla vivibilità dei cittadini o alla circolazione stradale”.
Il caso di Roma
Nel secondo caso, il Tar Lazio, Roma, sez. II, con la sentenza n. 56 del 2 gennaio 2025, ha invece accolto (parzialmente) il ricorso di un albergo contro la determinazione dirigenziale con cui il Municipio Roma I ordinava il ripristino dello stato dei luoghi e la rimozione forzosa – in caso di inadempimento – dell’occupazione abusiva di suolo pubblico in relazione alla parte di suolo antistante l’albergo.
Il ricorrente sosteneva che, nell’ambito dei lavori di riqualificazione degli immobili della piazza, erano state rilasciate alla società che gestisce l’albergo permanenti autorizzazioni all’occupazione di suolo pubblico mediante:
- una “pensilina di accesso all’albergo”;
- “attività di intrattenimento per l’albergo sull’area pedonale”;
- la “disposizione di tavoli nel portico di tutto l’emiciclo”.
L’Amministrazione, invece, rilevava l’assenza di autorizzazione comunale per la collocazione, sul suolo pubblico antistante l’esercizio, di pedane in legno montate sui gradini della scala del porticato, di mq 120 e mq 65, con tavoli, sedie, fioriere, ombrelloni, mobile portastoviglie, caloriferi, portamenù, vasi circolari, tappeti, e di una tettoia fissa posta a copertura del porticato, per una superficie complessiva occupata di quasi 480 mq.
Occupazione suolo pubblico per attività commerciali: il titolo idoneo
In effetti, nessun atto del Comune prevedeva l’assenso diretto a qualsivoglia forma di occupazione a fini commerciali delle aree pubbliche antistanti l’albergo. Ne consegue, per il Tar Roma, che l’occupazione del suolo pubblico, avvenuta in mancanza di espressa istanza da parte dell’interessato, risulta sfornita di titolo idoneo, sicché le opere ivi presenti devono essere rimosse.
Tuttavia, continua la sentenza, accogliendo un motivo del ricorso, “Il provvedimento di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico ha natura discrezionale, … Spetta, quindi, all’amministrazione contemperare i diversi interessi pubblici e privati che emergano nel provvedimento di occupazione del suolo pubblico. Ciò comporta che il diniego di concessione dell’uso del suolo pubblico, richiesta per il soddisfacimento di un interesse privato, deve essere congruamente motivato, non essendo sufficiente una motivazione generica. Occorre condurre un’istruttoria caso per caso al fine di vagliare in concreto se sussistano i presupposti per consentire l’occupazione dello spazio pubblico, accertando se l’interesse privato posto a base dell’istanza non leda gli interessi pubblici che indefettibilmente vanno salvaguardati.”
Il fatto che l’adozione del provvedimento di diniego non sia stata preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di occupazione di suolo pubblico (richiesta dall’art. 10-bis della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi), ha impedito all’istante di interloquire con l’amministrazione sul contenuto del provvedimento finale di diniego, né quest’ultima, attesa la natura discrezionale del provvedimento, ha dimostrato in giudizio che il suo contenuto “non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Per tale vizio, il Tar Roma ha annullato il provvedimento di diniego della richiesta di concessione di occupazione di suolo pubblico.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link