Caccia ai complici di Antonio Ciurciumel, il 24enne romeno ucciso durante un tentativo di furto tramutato in rapina giovedì sera in un complesso residenziale sulla via Cassia. I fari degli investigatori sono tutti indirizzati sull’auto, con tutta probabilità una Fiat Punto, sulla quale in tre si sono dileguati dopo il fallito colpo abbandonando di fatto Ciurciumel al suo destino. Il 24enne non era riuscito a salire a bordo con gli altri e, mentre stava scavalcando il parapetto di confine con la proprietà vicina, è stato raggiunto alla testa da uno dei proiettili della Glock impugnata da Antonio Micarelli, vigilante di 56 anni, intervenuto sul piazzale dopo avere sentito i rumori nell’appartamento accanto. Dieci in tutto i colpi sparati dall’uomo, quasi tutti in aria. Ciurciumel è precipitato oltre la recinzione, cadendo giù nel dislivello per circa tre metri, sul vialetto del complesso adiacente “L’olivo”. Ieri in quel tratto, qualcuno ha lasciato un mazzo di fiori colorati, rose e margherite, in segno di pietà per la vittima, deceduta poche ore dopo per la grave emorragia cerebrale al San Filippo Neri.
Mentre Micarelli resta in casa «profondamente scioccato e addolorato» per l’accaduto, come spiegano i suoi difensori, Pietro Pomanti e Valerio Orlandi, carabinieri e Procura sono sulle tracce del commando. In mano hanno elementi preziosi, a partire dalle immagini girate dalle telecamere presenti nel comprensorio, in particolare due degli occhi elettronici puntano proprio sull’area in cui Ciurciumel ha scavalcato il parapetto. Direzione di fuga il Grande Raccordo Anulare che è letteralmente a due passi dalla palazzina. Gli inquirenti stanno operando riscontri sulle celle telefoniche agganciate nella zona nell’orario dell’incursione (intorno alle 19), cercando indizi utili anche nel mondo dei ricettatori collegati ai campi rom della Capitale. Il sospetto è che della banda possano fare parte degli albanesi più esperti. «É stato un albanese – racconta Anna, compagna di Ciurciumel e mamma dei loro due bambini di 1 e 2 anni – a citofonarmi quella sera alle 21 nella nostra casa di Valle Martella per dirmi di correre all’ospedale che Antonio era lì. Ma non lo avevo mai visto prima». La mamma di Ciurciumil, Elena, è convinta che il figlio sia stato «trascinato da amicizie balorde». Ma quali? «Non li conosco ma se li avessi davanti direi loro di farsi avanti, di non nascondersi, e di spiegare a chi indaga cosa è successo, perché Antonio è stato ammazzato. Poi leggo continui commenti social pieni d’odio verso mio figlio, a chi scrive dico: voi non avete mai sbagliato? Voi non avete figli? Io devo essere forte ora per ottenere giustizia per Antonio».
«VIAVAI DI MACCHINONI»
Forse quegli stessi amici che i vicini della giovane famiglia che aveva preso in affitto una casa a Valle Martella, a Zagarolo, vedevano andare e venire dall’abitazione a bordo di «macchinoni»: «Era un viavai, ogni tanto c’erano delle feste. Una coppia comunque riservata e gentile che diceva di non avere bisogno di nulla. Lei usciva di rado e si muoveva in taxi». Lo stesso Ciurciumel sui social si mostra soddisfatto al volante o accanto a bolidi, Mercedes e Porsche. Eppure lui un’auto non l’aveva, «girava col monopattino», dice sempre Anna. La patente gli era stata sospesa poco tempo fa per eccesso di velocità e poi restituita.
«Mio figlio era un buono, non aveva bisogno di rubare – sottolinea ancora la mamma – non sapeva fare male a nessuno. Ha sbagliato ma quell’uomo non doveva sparare. Non era in servizio: perché aveva l’arma con sé?». La posizione del vigilante, per ora indagato per omicidio volontario, potrebbe aggravarsi fino all’arresto qualora le perizie confermassero che il ragazzo è stato colpito alle spalle. Anche se difficilmente è ipotizzabile un pericolo di fuga a suo carico che imponga restrizioni.
A breve, intanto, in Procura verrà conferito l’incarico per l’autopsia, oggi saranno comunque nominati i consulenti di parte. Mentre il quartiere, solidale con Micarelli, per ora ha rinviato la fiaccolata a sua difesa «per lasciare lui e la sua famiglia tranquilli». «Ma siamo pronti – affermano – a sostenerlo durante tutto il processo, anche economicamente se e quando sarà chiamato a risarcire il danno». Ovvero la famiglia del giovane romeno deceduto, difesa dall’avvocato Andrea Palmiero.
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